6 luglio 2018, Kungur-Ekaterinburg (316 km) – Tot. 6.406
Dopo un’ottima dormita nelle confortevoli e pulite stanze dell’Hotel Iren, procediamo con la colazione e i saluti alla cordialissima receptionist Olga che ha provveduto anche a registrare il nostro visto nella città di Kungur. I primi chilometri della giornata sono caratterizzati da qualche modesto rovescio d’acqua e dai numerosi camion via via sorpassati lungo la strada che si inerpica per i monti Urali. In realtà la catena montuosa che fa da confine tra Europa e Asia raggiunge quote altimetriche poco significative se non nella parte più a nord della dorsale. Nel nostro caso superiamo molto raramente i 400 metri di altezza. Avvicinandosi a Ekaterinburg, capoluogo dell’oblast’ di Sverdlovsk, incontriamo nel villaggio di Pervoural’sk il punto di confine tra i due continenti teatro del nostro viaggio. Scopriamo con l’occasione che nella zona di Ekaterinburg i cippi che segnano questo non univoco confine sono più di uno. Una volta raccolte le informazioni sulle varie motivazioni che hanno portato in diversi periodi storici a prendere a riferimento zone diverse, decidiamo di riconoscere come confine quello storico di Pervoural’sk. Qui ci sono due cippi posizionati su due strade diverse, ma comunque vicini e sullo stesso declivio della stessa collina. Il primo che incontriamo è piccolo e poco appariscente, mentre il secondo è davvero molto coreografico e si presta ottimamente per una foto simbolo del viaggio. La nostra Toyota Hilux varca ufficialmente il confine e finalmente siamo in Asia, dove resteremo per poco meno di due mesi. Considerando la pre-partenza di Lisbona, di fatto abbiamo attraversato l’intero continente europeo da parte a parte, mentre ora ci accingiamo a fare la stessa cosa con l’Asia. Pochi chilometri dopo aver salutato il vecchio continente, quando siamo davvero alle porte della nostra destinazione di oggi, troviamo un altro presunto punto di confine continentale, stavolta lontano da rilievi. Visitandolo ci rendiamo conto di stare osservando un luogo più da gita fuori città che un vero e proprio limite geografico continentale.
Dopo un rapido pranzo in un caffè entriamo nella città che in tempi sovietici si chiamava Sverdlovsk in onore dell’eroe rivoluzionario Jakov Sverdlov e che dopo il 1991 è tornata all’antico nome, Ekaterinburg, dedicato all’imperatrice Caterina. Curiosamente in quell’occasione solo il nome della città è cambiato, mentre quello della regione circostante è rimasto Sverdlovsk. Alloggiamo al secondo piano di una chruščëvka, uno dei tipici condomini di cinque piani di epoca sovietica. L’appartamento è abbastanza centrale e proprio da qui cominciamo un giro turistico a piedi nella città che ha dato i natali al primo presidente della Russia post sovietica Boris Eltsin nel 1931 e la morte alla ex famiglia imperiale dei Romanov, qui giustiziata nel luglio del 1918, esattamente un secolo fa. La città è pronta per celebrare questo macabro anniversario, visto che nel luogo dell’esecuzione non mancano manifesti dell’arrivo del Patriarca Ortodosso Kirill che onorerà i defunti Romanov, già santificati dalla Chiesa Ortodossa negli anni novanta. Non entriamo nel merito degli eventi storici che portarono alla condanna a morte eseguita nella notte tra il 16 e il 17 luglio di cento anni fa, ma esprimiamo la nostra perplessità sul fatto che questi personaggi vengano adorati come santi: se i cinque figli non hanno avuto colpe sulle dinamiche della gestione dello Stato russo fino al 1917, lo Zar Nicola II e sua moglie Alessandra sono stati degli incapaci regnanti, dei pessimi politici, e i responsabili della strage del 1905 nonché dell’arrivo a corte di soggetti poco raccomandabili come il monaco Rasputin.
Numerose chiese e altre monumenti sono stati realizzati nei luoghi dove avvenne l’esecuzione, anche se vicinissimo ad essere è sopravvissuto anche un monumento sovietico dedicato al Komsomol, l’Unione dei giovani comunisti. Lasciata questa zona scendiamo verso la parte più moderna della città, caratterizzata da un lago formato dal fiume Iset. Come in ogni città russa, anche qui c’è un lungofiume o lungolago popolatissimo dove la gente ama passeggiare. L’altro punto caratteristico del centro è Piazza anno 1905, dominata dal grande palazzo del Soviet cittadino e da una davvero enorme statua di Lenin. Di fronte al padre della rivoluzione c’è la strada pedonale più frequentata della città. Scegliamo di cenare in questo luogo per seguire le due partite dei quarti di finale del mondiale. Due squadre plurititolate come Uruguay e Brasile lasciano il mondiale, mentre Francia e Belgio si incontreranno in semifinale per un inedito derby europeo. Una curiosità che riguarda lo stadio a noi caro di Kazan è il fatto che nelle ultime tre partite lì giocate hanno lasciato il mondiale Germania, Argentina e quest’oggi il Brasile.
Come è cambiato il mondo in 10 anni?
– Dieci anni fa eravamo ad Ekaterinburg per il novantesimo anniversario dell’eccidio dei Romanov e rimanemmo stupiti per i tanti eventi dedicati alla cosa. Dieci anni dopo, nel centenario, gli eventi sono ancora di più, come il prolificare di loro immagini in giro per la città.
– Sul ponte-diga nel fiume Iset esisteva un grande “Ordine di Lenin”, decorazione assegnata alla città per l’enorme mole di lavoro effettuata durante la seconda guerra mondiale per costruire gli armamenti necessari alla vittoria del conflitto. La grande e prestigiosa medaglia era posta in un complesso monumentale dedicato alla bandiera rossa, rimosso nel gennaio 2013. Lo smontaggio dell’opera ha suscitato e suscita tuttora azioni di protesta che ne chiedono il ripristino.
Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale