Una delle cose che stupiscono chi è stato in Russia in passato e ci ritorna adesso è il miglioramento delle infrastrutture stradali. Negli ultimi quindici anni i chilometri di asfalto sono aumentati assieme ad un livello qualitativo del fondo stradale nettamente migliore rispetto a prima. Oggi è davvero possibile andare da Mosca a Vladivostok lungo una strada interamente asfaltata, al massimo intervallata dai tratti di “remont”, le immancabili riparazioni necessarie dopo ogni lungo inverno. L’estate è la stagione dei cantieri che inevitabilmente fanno perdere tempo a chi come noi viaggia da una parte all’altra dell’immensa nazione euroasiatica. Andare fino a Vladivostok in auto fino a pochi anni fa non era possibile a causa della completa inesistenza della strada nella zona a nord-est della Cina. C’era il treno o al limite l’aereo. Questo spiega perché quasi tutti i villaggi di quest’area geografica si siano sviluppati attorno alle stazioni della Transiberiana e non lungo strade che ancora non c’erano.
Passaggio in Siberia
L’area geografica da Tjumen’ ad Ulan-Udė, che nel 2008 percorremmo in due settimane, oggi necessità della metà del tempo e con una normale autonomia di 350-400 km è possibile farla interamente utilizzando metano. La regione sta vivendo la propria brevissima primavera fatta di fioriture con prevalente colore violaceo e di un verde intenso della vegetazione sia nelle zone di steppa che di taiga. Prevalgono coltivazioni a foraggio alternate a zone gialle dedicate alla colza. I russi che vivono qui sono molto diversi da quelli di Mosca o delle grandi città europee. In prevalenza sono discendenti di coloni arrivati qui all’epoca della conquista dell’immenso est, una saga simile a quella più nota dei territori americani del West, ma forse con meno attriti con le popolazioni locali. Più chilometri percorriamo e più calorosa si fa l’accoglienza ovunque arriviamo. Certamente di europei qui ne arrivano davvero pochi e ancora meno in auto o in Vespa. I discendenti dei popoli che erano qui da prima dei russi godono di ampia autonomia da Mosca. Spesso biliguismo, sempre la conservazione di tradizioni e folklore. Il mosaico di etnie che popola la Russia per alcuni è una bomba ad orologeria, per altri è un buon esempio di federalismo asimmetrico, ciò che gli sloveni chiedevano per la Jugoslavia alla fine degli anni ottanta. Il risultato è che il viaggiatore alterna alfabeti, luoghi di culto, architettura tipici di ogni tradizione, così come in parte i menù dei ristoranti.
Bajkal e Buriazia
Il lago più profondo del pianeta e tra i più grandi del mondo appare sempre all’improvviso dopo un centinaio di chilometri di strada da Irkutsk. Già la strada che ci arriva è insolita, dato che presenta importanti salite e discese dopo il lunghissimo tratto pianeggiante che va dagli Urali alla stessa Irkutsk. Vedere questo mare arrivando dall’alto permette una visuale sconfinata, almeno nelle giornate in cui il tempo non flagella le sponde del lago. Nebbia e pioggia non mancano neppure d’estate, mentre d’inverno la superficie è talmente ghiacciata che in passato ci passavano pure i treni. Arrivando al Bajkal ci si sente lontani da casa forse perchè si riconosce quella strana forma che molti erano abituati ad osservare sulle carte geografiche appese nelle pareti delle aule scolastiche. Dopo settimane, anzi mesi, di astinenza dal mare viene naturale identificare il grande specchio d’acqua in un vero e proprio mare. A scuola si studia che dentro al Bajkal c’è circa il 20% dell’acqua dolce presente sul pianeta Terra, una vera arca di salvezza per l’umanità che ha il compito di conservarla. Irkutsk è attraversata dall’Angara, il potente emissario che raccoglie le acque del Bajkal e le porta nell’artico dopo essersi a sua volta gettato nello Enisej. In Buriazia, invece, si incontra il Selenge, principale immissario del lago che addirittura nasce in Mongolia. La terra di Gengis Khan è davvero a due passi e oltre al paesaggio ci viene ricordato dai tanti cavalli allevati, dalla presenza di pagode e dagli occhi a mandorla dei buriati. Questa importante etnia è fortemente legata ai vicini mongoli e la lingua è praticanente la stessa. La capitale Ulan-Udė, famosa per la monumentale Piazza dei Soviet dove si trova la testa di Lenin più grande del mondo, di fatto è la porta settentrionale della Mongolia. In passato da qui passava la “via del tè” che vedeva la città di confine Kjachta vero e proprio luogo di scambio e immagazzinamento dell’importante commercio. Oggi le rotte del commercio passano dalla Ferrovia transmongolica che si divide dalla Transiberiana proprio ad Ulan-Udė.
Le Olimpiadi sono iniziate
L’obiettivo del nostro viaggio era arrivare a Tokyo per l’inizio del Giochi Olimpici, ma le problematiche burocratiche e stradali che hanno caratterizzato la nostra avventura ci hanno costretto ad un cambio di strategia. Dopo la cerimonia inaugurale dello scorso 23 luglio cercheremo di essere in Giappone, anche chiusi in quarantena in un albergo, prima della fine dell’evento sportivo più atteso dell’anno. Non abbiamo alcuna garanzia che ci riusciremo, ma per ora è imperativo proseguire nell’avvicinamento ai porti russi sull’oceano Pacifico. Senza arrivare davanti al Giappone non sarebbe possibile alcun tentativo.
Col metano a 8.000 chilometri dall’Italia
Un’altra importante crescita facilmente verificabile lungo le strade russe è quella delle infrastrutture di rifornimento di carburanti alternativi a benzina e gasolio. Essendo il nostro viaggio finalizzato a dimostrare come un’auto ibrida-metano possa viaggiare ovunque e ben oltre i limiti del continente europeo, ci siamo concentrati sulle stazioni di metano, anche se abbiamo osservato come sia davvero frequente la possibilità di rifornire gpl e come timidamente compaiano, anche in luoghi impensabili, colonnine di ricarica per auto elettriche. La crescita delle stazioni di rifornimento di Gazprom, ma anche di molte piccole realtà private, ha portato la presenza del gas naturale fino a Kemerovo andando verso est e fino a Chabarovsk, Sachalin e la Kamčatka nell’estremo oriente. Mentre gli itinerari lungo i gasdotti che conducono nell’estremo nord hanno stazioni di metano posizionate in modo regolare per permettere soprattutto ai mezzi pesanti di rifornire, la strada Mosca-Vladivostok mantiene un “buco” infrastrutturale di oltre 3.000 chilometri oggi percorribili solo con carburanti tradizionali, o con un mezzo a gpl dotato di grande autonomia.
Cofferati superstar
Continua a brillare la stella del vespista Fabio Cofferati, che come noi sta percorrendo l’itinerario che da Milano conduce a Tokyo, ma a bordo di una Vespa del 1963. L’originalità del mezzo di trasporto ci costringe a numerose soste per agevolarlo a partecipare alle dirette di quasi tutte le più importanti radio nazionali. La nostra scelta di adeguare il nostro viaggio al suo, cambiando di poco le rispettive tempistiche, ci sta permettendo di ampliare il rispettivo pubblico e di beneficiare di maggiore visibilità. Non è ancora chiaro se una volta che saremo arrivati a Chabarovsk le due strade si separeranno oppure se sarà trovato il modo di percorrere assieme anche gli ultimi chilometri prima del difficile tentativo di sbarcare in Giappone. Nei rispettivi piani di “attacco” all’arcipelago nipponico l’auto sarebbe dovuta passare dall’isola russa di Sachalin e la Vespa da Vladivostok. Alla data di oggi i traghetti sono sospesi da entrambi i porti d’imbarco. Gli ultimi giorni di luglio saranno decisivi per entrambi i viaggi.
Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.
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