2 agosto 2018, Pechino.
Il racconto di oggi inizia da una dinamica scaturita nella notte precedente. Dopo l’arrivo al Grand Mercure Hotel e dopo le prime consultazioni su cosa fare dal giorno successivo, è emerso un problema: non c’era una stanza disponibile per Guido, arrivato a Pechino con un giorno di anticipo rispetto al programma definito in precedenza. Non è possibile correggere la prenotazione e una camera di livello “deluxe” risulta essere troppo costosa. Questo costringe il capospedizione a trasferirsi in un ostello a circa due chilometri dal Mercure Hotel. Per effettuare il viaggio improvvisiamo la chiamata di un taxi lungo la strada. Si ferma un giovane alla guida di un’auto privata che invita il capospedizione a salire a bordo per recarsi all’ostello convenuto. La saggezza dell’esperto viaggiatore porta a definire il prezzo in anticipo e viene concordato un troppo economico 16 yuan cinesi. All’arrivo al luogo desiderato la cifra diventa 110 yuan a causa dell’orario, del quartiere periferico (non vero!) e di altri elementi non chiari. Il povero tassista semiabusivo non ha capito di avere a che fare con un uomo fortemente provato dai due giorni precedenti e pronto anche all’omicidio pur di andare a dormire in tempi brevi. Dopo una breve discussione e una finta telefonata in inglese alla polizia, il tassista cede e si scende a 40 yuan per la corsa. Guido rinuncia ad ulteriori discussioni e si incammina al suo posto letto nella camerata da otto persone refrigerata, anche troppo, da un potente condizionatore. Al mattino nuovo disguido con un altro tassista, stavolta ufficiale: indicare “Grand Mercure Hotel” senza sapere che della stessa catena a Pechino ne esistono più di uno può portare il tassista ad andare in quello sbagliato. Così è, e non vale nessuna delle considerazioni sulla strada troppo lunga che Guido ha cercato di fare al conduttore di taxi in grado di parlare e capire solo il cinese. Per fortuna rimette in ordine la situazione il personale dell’albergo e con un ennesimo taxi che attraversa l’afa mattutina di Pechino tutto torna a posto.
In albergo Claudia e Andrea hanno dormito senza problemi e alle 11.00 comincia il lungo incontro-riunione con Mr. Wang. L’unica decisione effettiva presa è che non tenteremo un secondo ingresso in Cina da un altro confine. Il viaggio proseguirà percorrendo le strade degli altri paesi fino a raggiungere,
come da programma, l’Asia centrale. A questo proposito è necessario comprendere quali percorsi burocratici possono permetterci di ottenere un visto per tutto l’equipaggio per la Mongolia ed eventualmente per la Russia relativamente ad Andrea e Claudia.
Con un caldo micidiale e una altrettanto fastidiosa umidità, ci trasferiamo al quartiere delle ambasciate dove raccogliamo le informazioni necessarie per ottenere un visto per il paese di Gengis Khan. Più tardi comincia un lungo balletto stradale, con l’uso di più mezzi pubblici, per trovare il centro visti russo. Arriviamo a destinazione, dopo anche una lunga camminata a piedi, alle 15.33, 180 secondi dopo la chiusura del centro visti. Il cinese addetto alla sicurezza, vagamente somigliante ad Alvaro Vitali, ci nega l’ingresso. Fortunatamente nello stesso momento escono dei russi che invitano il nostro “Pierino” a farci passare. Grazie a questo fortuito piacere siamo in grado di trattenerci a parlare per oltre due ore con due addette del centro, prima una cinese molto disponibile ad aiutarci avendo capito la nostra situazione e poi una russa che ci trasmette una ottima impressione.
La giornata di domani sarà decisiva visto che proveremo a presentare le richieste ufficiali di visto sia per la Mongolia che per la Russia. Il risultato di questo lavoro, soprattutto la definizione dei tempi di rilascio, permetterà di determinare l’itinerario di ritorno della Torino-Pechino e se Andrea e Claudia potranno in qualche modo supportare Guido nel prosieguo della spedizione. Allo stesso tempo le nuove dinamiche in atto potrebbero permettere al viaggio di assumere una ulteriore e interessante dimensione avventurosa, visto che le strade che dovranno essere percorse, sia in Mongolia che in Siberia, sono ricche di paesaggi e storie molto interessanti.
Quando rientriamo in albergo è già tardo pomeriggio. La giornata è trascorsa senza neppure lasciarci il tempo per pranzare. Decidiamo di alleggerire la pressione a cui siamo sottoposti fidandoci dei consigli della guida Lonely Planet, che in passato ci ha risolto positivamente più di una situazione. Ceniamo al Dàli Courtyard, un piacevole hutong, ovvero una casa tradizionale della vecchia Pechino con corte interna. Lo chef propone giornalmente piatti della tradizione della regione dello Yunnan, speziati con la giusta delicatezza. Caratteristica di questo ristorante è l’assenza del menù, visto che il già citato chef “impone” le proprie scelte ai clienti, sottraendo a questi ultimi l’annoso problema di decifrare gli ideogrammi che descrivono le pietanze. Soddisfatti per la degustazione di cibi avvenuta, rientriamo in albergo sottoponendoci ad una ulteriore riunione per definire i dettagli della giornata chiave di domani.
Come è cambiato il mondo in dieci anni
– Pur confermando una vistosa presenza di smog, Pechino in dieci anni ha fatto dei notevoli miglioramenti relativamente all’inquinamento urbano. La strada è ancora lunga, ma i progressi non sono di certo terminati.
Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio, Mr.Wang II