Giorno 116 – Sapori d’Italia

9 ottobre 2018, Spittal am der Drau-Affi (345 km – tot. 34.293)

La sveglia in montagna è una cosa insolita per le dinamiche del nostro viaggio, ed è piacevole vedere le alte vette attorno alla valle della Drava. Tra l’altro questo fiume è protagonista di un triste episodio avvenuto nelle ultime fasi della Seconda Guerra Mondiale. Nella vicina Carnia, che abbiamo attraversato poco meno di quattro mesi fa, dopo la caduta del fronte sovietico successivo alla Battaglia di Stalingrado, i cosacchi alleati dei tedeschi furono evacuati qui con il sogno di una nuova patria. In meno di due anni il fronte arrivò in Italia e i cosacchi ebbero paura di arrendersi ai partigiani italiani che arrivavano da sud o ai soldati jugoslavi e sovietici che avanzavano da est. Si trasferirono a Spittal e si consegnarono agli inglesi con la speranza di non essere poi passati ai sovietici. Londra era già in accordo con Mosca e al momento in cui i cosacchi compresero il proprio destino, molti decisero di suicidarsi nella Drava. I numeri non sono chiari, c’è che racconta di centinaia di morti e chi di oltre ventimila. Nel cimitero cosacco di Lienz riposano almeno settecento di coloro che morirono in questa occasione. Altro particolare poco noto è che la Drava nasce in territorio italiano ed è il fiume più lungo tra quelli che scorrono o transitano in Italia. Con i suoi 749 chilometri si getta sul Danubio dopo aver toccato Italia, Austria, Slovenia, Croazia ed Ungheria. Quindi la sorgente della Drava, nel comune di Dobbiaco, è oltre lo spartiacque alpino. Questo singolare aspetto riguarda solo una piccolissima parte del territorio italiano e accomuna la parte finale della Valpusteria alle zone di Tarvisio e Livigno.

Proprio in questo contesto geografico attraversiamo il confine tra Austria e Italia che dopo 115 giorni ci riporta in Patria. Foto di rito nei pressi della struttura confinaria in disuso e rilancio social, come da tradizione, dell’evento. Ancora pochi chilometri e raggiungiamo il paese di Brunico dove c’è la sede di Bts Biogas, uno dei principali compagni di viaggio della nostra avventura. Assieme a Riccardo, presente anche alla partenza di Torino, visitiamo l’impianto di trasformazione di San Lorenzo, ad un paio di chilometri da Brunico. L’impianto in questione è ubicato in un bel contesto naturale e produce energia grazie al conferimento di letame da parte dei numerosi piccoli produttori presenti nella vallata. Quindi in questa caso non c’è un grosso allevamento proprietario dell’impianto, ma tutto è affidato al consorzio degli allevatori e agricoltori locali. La cultura ambientale presente in questa terra è sicuramente favorevole per incentivare questo tipo di attività.

Lasciamo Brunico regalandoci un ottimo pranzetto lungo la strada che scende a Bressanone. Si torna a mangiare italiano, seppure con accento altoatesino. Speck, formaggi e vino Lagrein ci fanno riscoprire il piacere eno-gastronomico di questo territorio. Proseguiamo la discesa nella valle dell’Adige e raggiungiamo Affi, dove si trova la sede operativa sempre di BTS Biogas. Qui incontriamo molte delle persone che ci hanno seguito in questi lunghi mesi di viaggio e sia Bruno che Guido non si sottraggono alle numerose foto a ricordo di questa visita. Realizziamo, con l’aiuto dell’agenzia pubblicitaria Prograf di Verona, partner di BTS, anche dei videclip che raccontano alcuni aspetti del nostro viaggio.

Considerato che anche domani saremo impegnati in zona per la fiera OIL&NONOIL, decidiamo di restare a riposare qui, alloggiando nell’albergo di fiducia di Bts a metà strada tra Affi e il vicino Lago di Garda. A cena riscopriamo il significato, quasi dimenticato, della parola pizza. La tentazione di mangiarne una seconda è davvero grande, ma poi prevale lo spirito di conservazione in vista delle due ultime giornate di viaggio prima del ritorno in Toscana. Passiamo al riposo solo quando abbiamo completato la prima parte di riorganizzazione delle foto che mostreremo giovedì sera all’incontro con la cittadinanza di Sansepolcro.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale e tutti gli amici di BTS Biogas

Giorno 115 – A un passo dall’Italia

8 ottobre 2018, Cracovia-Spittal am der Drau (832 km. – tot. 33.948)

La sosta a Cracovia, ospiti dell’amico Lukasz, è stato un piacevole fuori programma. Per recuperare il tempo ottimamente speso in Polonia si è reso necessario anticipare la sveglia alle ore 6.00. Il nostro giudizio sull’ospitalità del padrone di casa supera le cinque stelle, vista anche l’ottima colazione che ci fa iniziare bene la giornata. Lasciamo Cracovia prima dell’esplosione del traffico cittadino. Per rispettare la storia della Cecoslovacchia, nel viaggio di ritorno attraversiamo la Slovacchia, visto che all’andata visitammo la Repubblica Ceca. Per avvicinarsi al confine percorriamo le strade montane che si inerpicano sugli affascinanti Monti Tatra, una delle parti più elevate dei Carpazi . Esattamente come quasi quattro mesi fa decidiamo di non pagare la vignetta stradale e di compiere il viaggio usando solo strade statali. La scelta si rileva interessante per capire meglio le strade del Paese, ma decisamente più lenta del previsto. Un veloce spuntino nella capitale Bratislava per poi superare il Danubio e raggiungere il confine ungherese. La nazione magiara diventa il venticinquesimo stato sovrano toccato dalla Torino-Pechino 2018. Pochi chilometri, ma ricchi di significato. Infatti ci fermiamo poco prima del confine austriaco lungo la strada che collega Sopron a St. Mararethen am Burgeland. Qui sorge un memoriale a ricordo di alcuni fatti avvenuti nel corso del 1989. Naturalmente anche da qui passava la cortina di ferro che divideva l’Europa occidentale da quella orientale. Nell’ottica delle riforme in atto in Ungheria a fine anni ‘80, la classe politica magiara decise di alleggerire la sorveglianza ed i dispositivi di sicurezza lungo il confine occidentale. Nel giugno dell’89 i due ministri degli esteri, l’ungherese Horn e l’austriaco Mock, tagliarono assieme una parte della recinzione che separava le due nazioni. Circa due mesi dopo, il 19 agosto, fu organizzato un pic-nic a cavallo della linea di confine. Fu permesso per tre ore di muoversi liberamente da entrambe le parti. Oltre ai cittadini austriaci ed ungheresi, si presentarono a sorpresa, qualche centinaio di turisti tedesco orientali che erano in vacanza sul lago Balaton. I soldati ungheresi non presero provvedimenti e cominciò la prima fuga di massa verso la Germania Ovest. Questo contribui ai fatti che portarono nel successivo novembre alla caduta del Muro di Berlino. Oggi una serie di monumenti ricordano quel curioso pic-nic. Anche la vecchia cortina è stata ricostruita fedelmente per un breve tratto di pochi metri. Davvero bella la lunga pista ciclabile costruita al posto della strada militare che serviva per pattugliare la frontiera. Una scritta in più lingue afferma che quel giorno, qui, è nata l’Europa. A meno di venti metri, nella vecchia postazione di confine, sono tornati i doganieri austriaci che fanno controlli ad alcune delle auto che dovrebbero circolare liberamente all’interno dell’area Schengen. Il ripristino dei parziali controlli sul confine stona molto con il significato di questo luogo.

Riprendiamo il cammino in terra austriaca dove questa volta decidiamo di investire i nove euro per la vignetta autostradale. La scelta è obbligata visto che non possiamo permetterci di rallentare ulteriormente il nostro viaggio. Domani abbiamo appuntamento con Bts e visiteremo la storica sede di Brunico oltre che un impianto di trasformazione di letame in energia. Questo interessante programma ci costringerà a varcare il confine italiano nei pressi di Prato alla Drava, nell’alta Val Pusteria, rompendo la storica tradizione del passaggio dalla cittadina friulana di Gonars. Falliamo il rifornimento al metano di Villach a causa di un guasto all’erogatore della stazione di rifornimento. Poco male, visto che il metano caricato a Cracovia sta regalando grosse soddisfazioni in tema di consumi e ci permetterà di raggiungere l’Italia senza problemi. Ancora cinquanta chilometri e troviamo alloggio in una Gasthof situata in una frazione di Spittal am der Drau. Nonostante il fatto che siamo gli unici clienti e nonostante il lunedì la cucina del ristorante sia chiusa, la signora che gestisce l’attività fa uno strappo alla regola e ci somministra dell’ottimo Wiener Snitzel con patate e l’immancabile birra. In questa atmosfera andiamo a dormire più presto del solito.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 114 – Una domenica polacca

7 ottobre 2018, Ludza-Cracovia (km 447 – tot. 33.116)

Se ci fossero dubbi relativamente a dove siamo e che giorno della settimana sia oggi, bastano pochi chilometri di strada per chiarire la cosa. La domenica in Polonia è giorno di messa. In ogni città che attraversiamo, piccola o grande, tutte le auto si accentrano nei parcheggi e nelle strade vicino alle chiese. Questo favorisce la facile circolazione del nostro Toyota Hilux che si trova bruscamente a rallentare solo nei pressi delle chiese. Anche gli infiniti cantieri della S8 che collega Varsavia ai confini orientali sono insolitamente privi di traffico. Queste deviazioni stradali ci opprimono da ormai diversi anni e l’ingrandimento della pur ottima strada sembra non terminare mai. Approfittiamo dello scarso traffico di Varsavia per una passeggiata nel centro della città. Parcheggiamo l’auto nei pressi del celebre Palazzo della Cultura, un grande edificio in stile sovietico-staliniano che ricorda i palazzoni di Mosca chiamati “sette sorelle”. Questa ottava sorella è al centro di un dibattito tra coloro che la vorrebbero abbattere e quelli che sostengono che ormai faccia parte dello skyline di Varsavia. Nel frattempo tutto attorno sorgono come funghi altri grattacieli con stili architettonici decisamente più moderni. Riprendiamo il cammino verso la Polonia meridionale tradendo la consueta strada che porta verso Katowice e Czestochova. Decidiamo di raggiungere Cracovia dove ci aspettano gli amici Lukas e Artur, pluripartecipanti a numerosi ecorally in giro per l’Europa. La strada è comunque buona e permette di viaggiare con una certa andatura. Nei pressi della bella città, capoluogo del voivodato di Piccola Polonia, riforniamo anche di gasolio a prezzi molto convenienti. Alle 17 in punto siamo alla stazione di metano situata alla periferia ovest della città dove ci incontriamo con Lukas e Artur. Fotografie di rito durante il rifornimento di gas naturale. Se andassimo diretti fino a Torino, oppure in Toscana, con questi ultimi due pieni avremmo un’autonomia sufficiente a raggiungere le destinazioni finali. Ci trasferiamo a casa di Lukas e finalmente ho l’onore di conoscere la storia della famiglia Nytko e del Nytko Racing Team, con il quale abbiamo gareggiato più volte in numerosi eventi sportivi ecologici. La famiglia Nytko vive a cavallo tra Polonia e Canada e nei primi anni del XX secolo aprì una delle prime officine automobilistiche della Polonia. A seguire anche una stazione di rifornimento. La vita di tre generazioni di Nytko è stata dedicata anche all’automobilismo sportivo, vantando numerosi successi in gare nazionali e mondiali. Tra i clienti dell’officina negli anni ‘60, c’era anche un tale Karol Wojtila, all’epoca Cardinale di Cracovia. Alcune ricevute dei lavori di riparazione fatte al futuro Pontefice sono conservate gelosamente dalla famiglia Nytko. Dopo aver cenato con un’ottima grigliata di carne cucinata in giardino, ci spostiamo nel centro cittadino per una piacevole passeggiata con un clima ancora di fine estate. Non mancano, nonostante l’ottobre inoltrato, schiere di turisti che affollano la bellissima Piazza del Mercato. Oltre al curato centro cittadino, Patrimonio Unesco, visitiamo parte della cintura verde che circonda il centro storico della città. Veniamo invitati a restare a Cracovia per la notte. Accettiamo, ma questo comporterà una levataccia domani mattina visto che i chilometri da percorrere per raggiungere il confine italiano dal quale abbiamo scelto di rientrare in Patria sono ancora davvero molti. L’equipaggio della Torino-Pechino ha l’onore di pernottare nella bella e confortevole casa Nytko e si riserva di scrivere un’ottima recensione su Trip Advisor.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Lukas Nytko, Artur Najder

Giorno 113 – Sosta forzata in Lituania

6 ottobre, Daugavpils-Lomza (488 km., tot. 32.669)

L’eccezionale colazione del Biplan, nella rinnovata sala a disposizione degli ospiti, sembra far cominciare bene la giornata dell’equipaggio della Torino-Pechino. Anche il meteo promette sole e temperature sopra i quindici gradi, cosa che mancava da diversi giorni e quindi abbiamo un’ottima luce per fare le foto all’auto assieme alla collezione di cannoni presenti nel parcheggio dell’albergo. Oggi in Lettonia ci sono le elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale. Un quadro molto frammentato vede il partito filorusso Armonia guidare i sondaggi elettorali. La sensazione è rafforzata dalle file davanti ai seggi elettorali di Daugavplils, che essendo abitata in prevalenza da russi vedrà sicuramente conferire ad Armonia una elevata percentuale. Con questo scenario lasciamo la città dopo aver fotografato l’enorme soldato che, guardando verso ovest, difende la città dai nemici germanici. Ad accompagnarci, ironia della sorte, anche la musica di Radio Alisa Plus che trasmette solo in lingua russa. Meno di trenta chilometri e si passa in Lituania dove il paesaggio continua ad essere caratterizzato dai molti laghetti attorno alla strada. Deviamo verso Vilnius dove dobbiamo obbligatoriamente sostare per il rifornimento di metano. Raggiunto uno dei tre luoghi dove si può fare rifornimento di gas naturale in Lituania, ci accorgiamo di qualcosa di anomalo alla gomma posteriore sinistra, la stessa riparata dopo la foratura in Mongolia circa 12.000 chilometri fa. Concluso il rifornimento proviamo a riportare la pressione della ruota al livello di esercizio e questo ci conferma che c’è una perdita di aria consistente. Su suggerimento del gasista raggiungiamo un gommista aperto di sabato pomeriggio che possa risolvere il problema. Purtroppo ci sarà da aspettare molto visto che non siamo gli unici clienti. Alla fine passiamo il tempo passeggiando in città e dopo circa quattro ore siamo in grado di riprendere il viaggio nella massima sicurezza e con 25 euro di meno. La riparazione fatta dopo la Mongolia è stata rimossa e sostituita con una nuova e, forse, più efficace. Il traffico del sabato pomeriggio della capitale lituana ci accompagna lentamente verso l’uscita occidentale della città ed una volta evitato il bivio per la Bielorussia siamo lanciati in direzione Varsavia, che sarebbe stato l’obiettivo di giornata. Al confine la polizia lituana decide di approfondire la conoscenza con la nostra Toyota Hilux e così veniamo fermati per circa dieci minuti. Crediamo che i tutori dell’ordine abbiano avuto più curiosità di vedere da vicino il veicolo che l’intenzione di un vero e proprio controllo. Pochi minuti dopo avviene l’ingresso in Polonia; tornati dopo tre mesi e mezzo al fuso orario italiano, calano le tenebre. Viaggiare nei boschi polacchi risulta difficile e qualsiasi velleità di raggiungere almeno Varsavia viene soffocata dal realismo. Sosta per la notte a Ludza, importante crocevia tra le strade che conducono dall’Europa verso i Baltici o la Bielorussia. L’economico motel Zaicisze e il vicino ristorante sull’altro lato della strada allietano le ultime ore prima del meritato riposo. Per il secondo giorno consecutivo ceniamo in un locale dove avevamo pranzato durante il viaggio di andata.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 112 – Attraversando quell’Europa che parla russo

5 ottobre 2018, Narva-Daugavpils (km. 559 – tot. 32.181)

Qualche decina di minuti in più a rotolarsi nel letto visto che non c’è più la preoccupazione del visto o delle assicurazioni in scadenza. Il risveglio nell’Unione Europea ha qualcosa di positivo oltre alla davvero buona colazione dell’Hotel Inger. La prima missione della mattina è andare lungo le sponde del fiume Narva che dà il nome alla città e la divide dalla parte orientale chiamata Ivangorod e facente parte della Russia. Sono poco più di cento i metri che distanziano le due parti del fiume e nei pressi del ponte stradale che abbiamo attraversato ieri sera sorgono due castelli contrapposti dove sventolano le due bandiere nazionali. L’Estonia, in base al Trattato di Tartu stipulato nel 1920, rivendica anche il possesso di Ivangorod. La Russia non riconosce queste rivendicazioni e allo stesso tempo sottolinea come oltre l’80% degli abitanti di Narva siano di etnia russa e discriminati dalle normative estoni. Una grande parte di russi residenti in Estonia non ha diritto ad avere il passaporto estone. Di conseguenza una parte di questi ha il passaporto russo e gli altri sono apolidi. L’Estonia non riconosce la propria cittadinanza ai russi arrivati in questa terra dopo il 1940, anno che gli estoni ritengono l’inizio dell’occupazione sovietica della propria nazione. Ad oggi questo problema non è stato risolto e sul tema della tutela dei russi-apolidi sono intervenute anche le istituzioni europee. Questi cittadini votano solo alle elezioni amministrative e sono esclusi dalla vita politica nazionale. Oltre alla frontiera internazionale che abbiamo attraversato nelle ultime ore, ne esiste una pedonale riservata a coloro che si spostano frequentemente tra Narva ed Ivangorod. Molte famiglie furono divise da quello che fino al 1991 era un confine interno all’Unione Sovietica, paragonabile a quello tra due regioni italiane. Oggi non solo il fiume divide due nazioni, ma anche l’Unione Europea da quella Euroasiatica. Un muro burocratico di immense proporzioni.
Nonostante le normative europee prevedano il roaming telefonico tra tutti gli stati membri, non riusciamo ad acquistare una scheda estone che funzioni anche nel resto d’Europa. Alla fine riusciamo a risolvere il problema con un aiuto dall’Italia e la riattivazione della sim card che usavamo fino a quattro mesi fa. Ultimo atto in quel di Narva è la visita alla colonnina di metano completamente automatica e a self service. Peccato che il prezzo sia quattro volte superiore a quello del metano russo. Sotto una pioggia continua ripartiamo verso l’Italia con un pausa pranzo a Tartu, celebre per il trattato di cui abbiamo scritto poche righe prima. Le strade, nonostante siano viscide per la pioggia, sono ottime. Nel primo pomeriggio, dopo aver costeggiato a lungo il lago dei Ciudi che fa da confine con la Russia ed è il quinto per grandezza in Europa, raggiungiamo un altra stranezza geografica, ovvero la cittadina di Valga (in estone) – Valka (in lettone). Questo paese è diviso dalla linea di confine. Fortunatamente i buoni rapporti tra Lettonia ed Estonia, oltre all’abolizione delle dogane europee e alla moneta unica, rendono oggi meno problematica la vita in questo luogo tranne che per il problema linguistico delle due comunità. Paradossalmente l’unica lingua di mediazione per tutti comprensibile è il russo, ovvero quella di coloro che sono considerati gli occupanti di questo territorio per settanta anni. Lasciate le stranezze di Valga-Valka, riprendiamo il cammino tra foreste di betulle e laghi. La qualità dell’asfalto è peggiore di quello estone, ma il bello arriva dopo una quarantina di chilometri, quando il fondo stradale diventa in terra battuta. Questo tipo di pavimentazione in presenza di pioggia diventa davvero pessimo. La nostra Toyota Hilux cambia colore e il rosso della terra copre completamente l’argento della carrozzeria. Fortunatamente questo piccolo inferno si conclude dopo circa cinquanta chilometri. La strada non asfaltata si chiamava P-38, esattamente come la pistola che molti vorrebbero usare contro il ministero dei trasporti lettoni in queste circostanze. L’ultimo centinaio di chilometri ci porta a Daugapils, capoluogo della Letgallia, che come abbiamo raccontato nel viaggio di andata è un’altra zona dei Paesi Baltici dove la popolazione è russofona. La conferma di quale idioma sia parlato arriva sia nel prendere una camera nell’alberghetto centrale chiamato Biplan e pure nell’ordinare cibo al ristorante Gubernators, dove ceniamo per la quarta o quinta volta durante i nostri viaggi. I russi di Lettonia godono di pieni diritti politici ed eleggono regolarmente un discreto numero di parlamentari, ma sono impegnati fortemente nel rivendicare l’uso del russo come lingua ufficiale almeno nelle regioni a maggioranza di popolazione russa.
In questo clima si inseriscono i contingenti Nato qui inviati per dissuadere la Russia a fare pressione militare verso questi territori. In sincerità non avvertiamo alcun pericolo di questo genere, almeno muovendoci e parlando con chi vive in questa terra.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 111 – Ultime ore di Russia tra Gas Forum e Hermitage

4 ottobre 2018, San Pietroburgo-Narva (210 km – tot. 31.622)

Dopo aver salutato Sergej e Ksjusha e aver recuperato l’auto nel parcheggio vicino casa, l’equipaggio della Torino-Pechino si appresta a vivere una nuova giornata all’International Gas Forum di San Pietroburgo. Tra gli eventi di oggi c’è l’arrivo di una carovana di mezzi pesanti partiti dalla Cina un mese fa. Camion e autobus, tutti alimentati a metano, hanno percorso la “Via della Seta” tra Cina, Kazakistan e Russia. Una bella impresa che ci fa sembrare la nostra una impresa ancora più grande. Il presentatore ricorda i ben 10.000 chilometri percorsi e le tre frontiere internazionali attraversate. La Torino-Pechino è ferma a 23 confini ed appena 31.000 chilometri! In ogni caso applaudiamo sportivamente i colleghi che si sono fatti una bella passeggiata nel continente euroasiatico. La mattinata prosegue cercando di sfruttare l’occasione per presentare il nostro viaggio a tutti i contatti che hanno avuto modo di ascoltare il nostro racconto nella giornata di ieri. A sorpresa incrociamo l’Amministratore delegato di Gazprom, nonché viceministro per l’energia, Aleksej Miller. Impressionante lo stuolo di giornalisti e altri personaggi che lo seguono passo dopo passo nel salutare tutti gli addetti degli stand Gazprom. Meno noto di Miller, ma comunque grande amico della Torino-Pechino, è il responsabile di Gazprom Kirghizistan Ruslanbek Kadyraliev, già conosciuto durante la permanenza a Bishkek. Anche con lui avvengono proficui colloqui nella speranza di future e successive collaborazioni. Anche oggi il ricco pranzo è offerto dalla più grande società mondiale del mondo del gas.

Nel pomeriggio c’è il tempo per una passeggiata in centro città arricchita dall’occasione di fotografare il nostro Toyota Hilux a diesel-metano nei pressi del Museo dell’Hermitage, a molti noto come Palazzo d’Inverno. Per la serata di oggi siamo invitati ad un evento al Consolato italiano, ma purtroppo dobbiamo declinare perché non abbiamo margini di tempo sufficienti per poi raggiungere il confine in sicurezza prima della mezzanotte, orario di scadenza del nostro visto russo, che come noto ha reso complesso il programma della spedizione nell’ultimo mese.

Lasciato il terribile traffico di San Pietroburgo, imbocchiamo la strada che ci porterà verso l’Estonia. I primi chilometri di tangenziale sono a pagamento (200 rubli). La cartellonistica indica sia il confine estone che quello finlandese. Infatti poco dopo la bella autostrada si divide in due tronchi. Quello settentrionale attraversa il Golfo di Finlandia con un avveniristico ponte per poi permettere al viaggiatore di raggiungere lo stato scandinavo o la parte nord di San Pietroburgo evitando il centro. Con il passare delle ore arriva anche la notte. Con il calare delle tenebre ci riforniamo di metano nella vecchia stazione Kriogas di Kingisepp, l’ultima prima del confine. La stazione non è in ottime condizioni, ma i primi interventi di restauro e ammodernamento danno buoni risultati. Anche in questo caso è Fornovo che si è occupata dei miglioramenti. Kingisepp ospita anche l’ultimo pasto in terra russa e, contrariamente a ciò che ci si può immaginare, non è un classico plov in una “stolovaja” ma un cheeseburger in un fast food, visto che abbiamo fretta di raggiungere il confine.

Attorno alle 21 siamo alla dogana di Ivangorod-Narva, città un tempo unica e oggi divisa (approfondiremo la questione nel diario di domani). Per attraversare il fiume che fa da confine impieghiamo appena un’ora. Sarebbe stato molto meno se sul lato russo non fosse emerso un problema inedito. Il documento di importazione doganale dell’auto, emesso dalle autorità kazake una volta entrati dall’Uzbekistan, non convince l’addetto al controllo che per la prima volta si trova di fronte un documento simile. Spieghiamo con tranquillità che se esiste un’unione doganale tra Russia e Kazakistan, è del tutto normale che non venga riemesso un documento russo dalla successiva dogana tra Kazakistan e Russia attraversata lo scorso primo settembre. Il doganiere non è severo o desideroso di “rompere le scatole”, semplicemente si trova davanti ad una nuova procedura per lui inedita. Alla fine un consulto telefonico e la comprensione delle nuove regole doganali risolvono la situazione. A Narva Guido era stato con gli amici Andrea e Simone nel 2004 in occasione del primo viaggio in Russia in auto. Constatato che l’alberghetto di quattordici anni prima è in stato di abbandono, non resta che trovarsi una nuova sistemazione dove godersi il meritato riposo nella prima notte nell’Unione Europea dopo tre mesi e mezzo di lontananza.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 110 – Ospiti di Gazprom al Saint Petersburg International Gas Forum

3 ottobre 2018, San Pietroburgo e dintorni (km. 83, tot 31.412)

Sono sempre troppo poche le ore di sonno, ed infatti risulta sempre più difficile poter raccontare di aver dormito bene e a lungo. La veloce preparazione e conseguente colazione conduce al primo impegno mattutino, ovvero il rifornimento di metano alla stazione Gazprom di Tosno, poco a sud di San Pietroburgo. Qui siamo arrivati grazie alle segnalazioni di Fornovo che si è occupata di installare il compressore della struttura. Insolitamente, almeno rispetto ad altre stazioni fin qui visitate, abbiamo a che fare con una normale area di servizio dotata anche di benzina, gasolio e gpl. Il metano si trova a pochi metri dagli altri carburanti, e le quattro colonnine hanno sia l’attacco europeo che quello russo. Da qui ripartiamo per raggiungere, dopo un’ora di intenso traffico, l’Expoforum, struttura fieristica nei pressi dell’aeroporto di Pulkovo. Qui si svolge, dal 2 al 5 ottobre, il Sain Petersburg International Gas Forum, evento organizzato annualmente da Gazprom. Siamo ospiti, in qualità di relatori, grazie all’invito di Sergej Colin di Gazprom Italia. Abbiamo l’onore di raccontare il nostro viaggio durante il convegno sui sistemi di sicurezza di auto e stazioni di rifornimento di metano. La maggior parte dei relatori sono russi o italiani. Decidiamo eroicamente di intervenire in lingua russa. Probabilmente lo sforzo prodotto dal capo-spedizione Guido Guerrini non sarà stato perfetto, ma ha generato apprezzamento e attestati di simpatia da più parti. Da segnalare la presenza della Presidente di NGV Italy, Maria Rosa Baroni, che ha testimoniato di essere stata presente alla cerimonia di partenza a Torino lo scorso giugno. Alla fine dell’iniziativa c’è stata qualche ulteriore attenzione da parte dei media russi al viaggio della Torino-Pechino. Felici di aver superato questa difficile prova ci gustiamo il pranzo a disposizione dei relatori dei convegni, offerto in una sala gigantesca. La giornata prosegue all’interno della fiera con la visita di tutti i padiglioni presenti. Non sono molte le realtà italiane che espongono, tra queste visitiamo casualmente uno stand di una azienda emiliana dove scambiamo qualche parola. L’unico italiano presente è un ragazzo che ha già incrociato i propri destini con i viaggiatori della Torino-Pechino. Federico Soragni, che oggi lavora in questo settore, fece un’esperienza di volontariato alcuni anni fa tra Volgograd, Elista e Astrachan, e in quell’occasione ebbe modo di conoscere il nostro Emanuele.

Nel tardo pomeriggio lasciamo la fiera diretti nel centro di San Pietroburgo, sfidando il traffico cittadino che ci permette di fare venti chilometri in circa novanta minuti. Alle 19 abbiamo appuntamento con Marco e altri italiani che vivono nella ex Leningrado. Assieme a loro anche dei russi che studiano la lingua italiana. Marco vive qui da molti anni con la propria famiglia. Oltre che insegnare la lingua italiana si occupa di turismo e visti per la Russia. Ottimo conoscitore della burocrazia russa ed italiana, non esita, nei gruppi facebook che gestisce, a dispensare consigli quando richiesti. Si cena tutti assieme al ristorante italiano “Paninaro”, gestito dal bravo chef Walter Bisoffi. Anche in questa occasione la Torino-Pechino improvvisa una semi-conferenza stampa raccontando le proprie esperienze di viaggio. Fioccano le domande sia sull’avventura che sui recenti sviluppi della vita personale di Guido. La serata scorre via in modo piacevole e la pizza assaggiata risulta essere eccellente. Ultimo atto assieme ai nuovi amici è una foto commemorativa con la Toyota Hilux a diesel-metano. Ancora una quindicina di chilometri ed eccoci raggiungere la casa di Sergej e Ksjusha, parenti della moglie di Guido, Olga, dove la Torino-Pechino si appoggerà nell’ultima notte in terra russa del viaggio.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Marco Ragozzi.

Giorni 106-109 – Metano, patrie e famiglia

29-30 settembre – 1-2 ottobre 2018 Kazan-Mosca-San Pietroburgo (km. 1472, tot. 31.329)

29 e 30 settembre 2018

Il sabato e la domenica successive all’arrivo di Alisa in Via dei Cosmonauti sono il momento di pace che precede il lungo e come al solito complicato viaggio verso l’Italia della Toyota Hilux della Torino-Pechino. Il programma prevede il lunedì il trasferimento a Mosca e il giorno successivo adempimenti burocratici al Consolato italiano e trasferimento a San Pietroburgo. Nella ex Leningrado la Hilux e il capospedizione Guido Guerrini saranno ospiti dell’International Gas Forum. Il giorno 4, ultimo giorno di validità del visto, la spedizione uscirà dalla Russia per entrare nelle Repubbliche Baltiche. Il week-end trascorre più veloce del previsto tra i preparativi della ripartenza e gli assestamenti dovuti al nuovo membro della famiglia. Guido dopo aver aspettato a lungo l’arrivo della figlia è costretto a salutarla per rivederla tra cinque settimane, ovvero quando inizierà il periodo del nuovo visto russo. Il rifornimento di metano alla nuova stazione Gazprom di Kazan, dove scopriamo la presenza dell’attacco europeo oltre a quello russo, precede di pochi minuti il momento di addormentarsi.

1° ottobre 2018

La sveglia delle 6 mattutine lascia la bocca davvero amara. Colazione, valige in auto, saluti a moglie e figlia per poi partire verso Mosca cercando di evitare il traffico della capitale tartara. Poco oltre l’attraversamento del Volga la Torino-Pechino “tocca” il chilometro 30.000 del lungo viaggio. Si festeggia con una colazione abbondante appena entrati nella Repubblica di Ciuvascia, ennesima entità federale della Russia. Il percorso che collega Kazan e Mosca è ormai molto conosciuto e in senso contrario fu percorso dalla Toyota Hilux lo scorso giugno. Il Mondiale di Calcio 2018 ha contribuito ad un miglioramento della viabilità e permette di viaggiare molto più sereni, visto che le temibili buche del passato sono scomparse. Le voragini impedivano di superare i limiti di velocità, cosa oggi più probabile rispetto al passato. Episodio curioso nei pressi di Nizhnij Novgorod, quando nel parcheggio del kafè dove pranziamo troviamo uno spazio riservato ai “visitatori cosmici” accompagnato da un simbolo con un disco volante… Accompagnati da un bel sole e con una temperatura tornata attorno ai quindici gradi, Bruno e Guido arrivano poco prima del tramonto a Vladimir dove riforniscono di metano nella nuova stazione Gazprom inaugurata circa un mese fa, che quindi non era attiva durante il viaggio di andata. La stazione ci è stata segnalata da Fornovo, che ha installato il compressore, ed è molto all’avanguardia, considerato che oltre al metano ha una colonnina elettrica in grado di caricare a 22 kW. Circa tre ore di buio accompagnano il viaggio fino al quartiere di Otradnoe a nord di Mosca, dove è in programma una curiosa cena tra alcuni protagonisti della Torino-Pechino. Guido e Bruno incontrano il padrone di casa Emanuele e rivedono, dopo averlo salutato in quel di Vilnius oltre tre mesi fa, anche Augusto. Se Emanuele da molto tempo vive a Mosca, Augusto è appena arrivato per seguire un master universitario. Si cena, si brinda all’incontro e alla paternità di Guido per poi concentrarci e metterci a lavorare in vista dell’evento di San Pietroburgo di dopodomani. Non possiamo sfigurare con Gazprom, visto che essere invitati a questa fiera era un sogno fin dall’inizio del viaggio, ma la stanchezza della lunga giornata ci costringe ad addormentarci in poco tempo.

2 ottobre 2018

Qualche ora di riposo in più del consueto e, per Guido, fuga al Consolato italiano per adempimenti burocratici conseguenti alla nascita della figlia. Come da copione, dopo quasi un’ora di lunga fila, emerge la mancanza di un qualcosa che costringerà ad un ennesimo ritorno a Mosca nel corso del mese di novembre. La burocrazia italiana è complessa, quella russa è terribile. Se le due si sommano insieme si possono raggiungere perversioni non pensabili. La mezza giornata persa dietro ai documenti costringe la Toyota Hilux a lasciare Mosca attorno all’ora di pranzo. Volante girato verso nord nel tentativo di arrivare a San Pietroburgo ad un’ora non troppo tarda. Ad agevolare il cammino c’è la nuova autostrada M11, che in parte prende il posto della vecchia M10 che avevamo percorso nei viaggi precedenti. La M11 ricorda molto l’Italia sia per i cartelli verdi che la contraddistinguono che per il salatissimo pedaggio nei primi ottanta chilometri. Senza alcuna giustificazione plausibile, la prima parte di strada costa esattamente come tutto il restante. Circa 1200 rubli (15 euro) per i cinquecento chilometri già costruiti, suddivisi in 650 rubli per la prima parte e 550 per la seconda. Esattamente come le autostrade belghe, tutto il tratto in questione è dotato di un ottimo e funzionante impianto di illuminazione. Al completamento finale mancano ancora circa centocinquanta chilometri, in parte attorno a Tver’ e l’ultima parte, comunque già a doppia corsia, che conduce a San Pietroburgo. La strada passa attraverso il Rialto del Valdaj, che oltre ad essere un parco nazionale è anche il luogo dove nasce il fiume Volga. Curioso che un fiume di oltre 3.500 chilometri, dal Valdaj al Mar Caspio, abbia la propria sorgente ad appena 228 metri di altitudine. La catena collinare che supera in alcuni punti i trecento metri dà origine anche al Dnepr, che sfocia sul Mar Nero, e alla Dvina, che si tuffa nel Mar Nero. Pochi metri di altitudine che riescono a dividere tre bacini idrografici. Usando con attenzione i rifornimenti di metano e gasolio fatti nella giornata di ieri riusciamo ad arrivare nella città di Tosno, a circa cinquanta chilometri dalla sede fieristica che domani ci ospiterà. Sempre qui domani mattina visiteremo una nuova stazione di rifornimento dove si trova anche, e non solo, il metano. Un’ottima cenetta all’interno dell’hotel che porta lo stesso nome della città precede gli ultimi preparativi per la conferenza di domani.

Equipaggio di questi giorni: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Emanuele Calchetti, Augusto Dalla Ragione

Giorni 102-105 – Dalla fine dell’esilio kazako al primo viaggio in auto di Alisa

25-26-27-28 settembre 2018, Uralsk e dintorni – Kazan e dintorni (km 702, tot. 29.857)

Giorno 102 – 25 settembre 2018

La giornata successiva alla lieto evento comincia il più tardi possibile a causa delle difficoltà ad abbandonare il letto dell’appartamento 47. I postumi della serata di festa si fanno sentire e con fatica Guido e Bruno raggiungono il ristorante di Sergej dove consumano il pranzo e dove vengono arruolati dall’amico kazako per un trasloco che impegnerà l’equipaggio della Torino-Pechino l’intero pomeriggio. Il lavoro fisico aiuta a superare i problemi di inizio giornata. Nel frattempo da Kazan arrivano notizie confortanti sulla salute della partoriente e della nuova arrivata. Si decide di proseguire l’esilio kazako per continuare a guadagnare giorni di visto russo da spendere nei primi giorni di ottobre. La stanchezza consiglia di cenare prima che tramonti il sole per permettere di andare a letto non molto tempo dopo e cercare di recuperare le energie.

Giorno 103 – 26 settembre 2018

Ritornate le forze, continua anche il lavoro a fianco di colui che sta ospitando a pranzo e cena nel proprio ristorante l’equipaggio italiano. Tra un infisso e una lastra di vetro portata da una parte all’altra della città, c’è la comunicazione che il soggiorno di Olga e della bambina in ospedale terminerà venerdì, probabilmente immediatamente dopo l’ora di pranzo. A questo punto i giorni recuperati sul visto sono quattro se il confine verrà passato prima della mezzanotte o addirittura cinque se il transito avverrà dopo. Da bravi incoscienti prediligiamo la seconda opzione. Nell’ultima parte del pomeriggio torniamo alcuni minuti in Asia facendo il giro dei due ponti sull’Ural, approfittando della bella giornata per scattare qualche foto. Interessante serata con un vecchio compagno di scuola di Sergej emigrato in Israele negli anni ’90. L’occasione è utile per parlare di politica internazionale e della fine dell’Unione Sovietica, verso la quale rimane una grande nostalgia da parte di molti commensali di entrambe le etnie principali in Kazakistan. La conversazione si addentra nei dettagli della vita nel grande paese a cavallo tra Europa e Asia. Chiedo con garbo le opinioni dei presenti sul presidente kazako Nursultan Nazarbajev, che ha il primato di essere stato l’ultimo Segretario del Partito Comunista Kazako ai tempi dell’Urss e il primo ed unico Presidente del Kazakistan indipendente e quindi in sella da oltre trenta anni. Mi viene risposto che è molto meglio non avere una democrazia compiuta che rischiare un guerra civile come in Ucraina.

Giorno 104 – 27 settembre 2018

Ormai deciso che in tarda serata la Torino-Pechino tornerà in Russia, la giornata diventa utile per riposare e poi preparare nel modo migliore il nuovo trasferimento a Kazan. Non mancano anche oggi i momenti dedicati al trasporto di vetrate assieme a Sergej. Il resto del pomeriggio serve per lavare l’auto in vista di un importante ospite che salirà a bordo nella giornata di domani, per fare compere a prezzi convenienti al mercato agricolo di Uralsk e rifornirsi di gasolio kazako, uno dei più economici al mondo. Dopo l’ultima cena con gli amici del ristorante ASS e con la promessa di un ritorno nella città divisa tra i due continenti appena la figlia avrà la possibilità di viaggiare in auto, la Toyota Hilux si incammina a velocità moderata verso il confine con la Russia, che si trova a meno di sessanta chilometri da Uralsk. L’uscita dopo le ore 24 ci permette di chiudere l’esperienza kazaka con un guadagno netto di cinque giorni sul visto russo. Il vecchio programma prevedeva di lasciare Kazan il 26 settembre, la Russia il 28 e dopo aver vagato per le repubbliche baltiche rientrare a San Pietroburgo per l’evento Gazprom dedicato al metano il solo giorno del 3 ottobre. Adesso invece possiamo goderci la nuova arrivata alcuni giorni, lasciare Kazan il primo ottobre e raggiungere direttamente San Pietroburgo, dopo una sosta a Mosca al Consolato italiano, senza ulteriori strani passaggi di confine. Sempre nella giornata di oggi arriva la conferma che avremo l’onore di essere presenti e relatori all’evento dedicato al metano che si terrà nella ex Leningrado nella prima settimana di ottobre. Siamo attesi la mattina del giorno 3 per la tavola rotonda dedicata alla sicurezza nel mondo del gas naturale.

Giorno 105 – 28 settembre 2018

Alla mezzanotte dell’ora di Uralsk entriamo nella stazione doganale kazaka. Le pratiche di questa dogana interna all’Unione Euroasiatica durano appena quindici minuti. Per pura curiosità e cautela chiediamo a tre doganieri diversi che ora sia poco oltre il ponticello che divide il Kazakistan dalla Russia. Tutte e tre le volte il personale della stazioni di confine ci fa presente che i russi sono indietro di un’ora. Queste affermazioni minano le nostre certezze visto che eravamo sicuri che nell’oblast’ di Orenburg ci fosse lo stesso fuso orario del Kazakistan occidentale. Nel dubbio, per non perdere un giorno di visto, decidiamo di trascorrere circa quarantacinque minuti nella “terra di nessuno” per poi presentarci alla dogana russa dove apprendiamo che i kazaki si sbagliavano. Nella regione di Orenburg vige la stessa ora di Uralsk e noi abbiamo buttato via un’ora inutilmente. Per fortuna i controlli russi non sono particolarmente opprimenti e attraversiamo il confine con oltre cento chili tra patate, cipolle, cocomeri comprati nel mercato della città kazaka da commercianti indicati dall’entusiasmo di Sergej. Nella lunga notte di guida attraversiamo due fusi orari e superiamo un centinaio di uzbeki in viaggio con auto stracariche di ogni bene possibile. Arriviamo all’ospedale di Kazan di prima mattina dopo circa undici ore spese tra guida e dogana. Il programma della giornata prevede adempimenti burocratici per la registrazione anagrafica di Alisa. Purtroppo la levataccia notturna e quindi la presenza di Guido non è sufficiente a risolvere un problema legato alla traduzione del passaporto che deve essere rifatta e autenticata in fretta e furia. Questo costringe il capo-spedizione della Torino-Pechino a non andare a dormire come precedentemente sperato e dedicarsi all’ennesimo problema burocratico che potrebbe far tardare il passaporto italiano, ma anche quello russo, alla neonata. L’evento più interessante della giornata è programmato per le tre del pomeriggio: alla clinica “RKB” è prevista la dimissione di Olga e Alisa. In Russia il momento dell’uscita dall’ospedale e di fatto dell’inizio di vita del neonato è considerato molto importante. Non mancano fotografi e cameraman pronti a rivendere ai genitori i frutti del proprio lavoro. Per Guido il momento è ancora più importante visto che dopo diversi giorni di esilio forzato lontano dalla famiglia finalmente vedrà la nuova arrivata Alisa. La direzione dell’ospedale permette alla Toyota Hilux di arrivare fino alla porta del padiglione dove nascono i bambini e, scherzando, chiede visibilità per l’ospedale pubblico nei nostri racconti di viaggio. L’incontro avviene con il consueto cerimoniale fastoso della tradizione russa. Oltre all’emozione e mancanza di parole nell’incontrare il frutto in carne ed ossa dei tanti viaggi in giro per l’Eurasia, per Alisa arriva il momento del primo viaggio in automobile, ma non in un’auto qualsiasi! La più giovane viaggiatrice sul Toyota Hilux della Torino-Pechino è finalmente a bordo e i circa dieci chilometri che la separano dalla casa di Via dei Cosmonauti sono carichi di attenzione. Anche l’arrivo al nuovo domicilio è una festa e la lunga giornata si conclude con un banchetto familiare allietato da buon vino italiano delle Tenute Nardi. La serata di Alisa, invece, finisce con l’emozione del primo bagnetto. Peccato che la giovanissima neoviaggiatrice potrà far parte della squadra solo fino a lunedì mattina, quando la Torino-Pechino riprenderà la via occidentale che la porterà prima a Mosca e poi a San Pietroburgo per prendere parte al Ros-Gaz-Expo 2018, uno dei più grandi eventi al mondo dedicati al metano.

Equipaggio di questi giorni: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Sergej Abakumov, Olga Guerrini, Alisa Guerrini

Giorno 101 – Il giorno più lungo, il giorno più bello, arriva Alisa!

24 settembre 2018, Uralsk (24 km, tot. 29.155)

di Guido Guerrini

La vodka di Sergej condiziona il mio sonno che non mi permette di trascorrere una notte tranquilla. Nella mattinata di Uralsk, corrispondente alle prime ore del mattino a Kazan, arriva la telefonata che potrebbe cambiare i programmi di viaggio, ma anche di una vita intera. Il ricovero di Olga in ospedale è dovuto ai sintomi del parto. Sembra che il centounesimo giorno di viaggio sia quello buono. Come accennato nei diari precedenti, il sistema sanitario russo ha regole molto diverse da quello italiano o da quelli dei telefilm americani. Una volta che il paziente entra in ospedale non c’è il medico che esce e ti aggiorna. Questo significa che avrò notizie solo a parto avvenuto e direttamente dalla partoriente attraverso i normali sistemi di comunicazione. Ripartire per tornare a Kazan sarebbe inutile e di conseguenza stabilisco che diventerò padre in una città del Kazakistan dove non avrei mai pensato di essere nella mia vita, soprattutto in un momento come questo. Le ore precedenti al ricovero avevano evidenziato alcune problematiche che non possono trasmettere la tranquillità che le cose fileranno nel modo più sereno. Con questo clima inizio la mia giornata più lunga in quel di Uralsk. Oltre al silenzioso Bruno, l’unico punto di appoggio è il ristorante di Sergej dove a bordo di un taxi mi trasferisco all’ora del pranzo. Proprio il titolare e la cuoca Tanja sono gli unici amici. Li chiamo amici anche se li ho conosciuti 24 ore prima. Solo loro in questa città di trecentomila abitanti potranno essere un punto di riferimento visto che la sera precedente avevamo parlato a lungo proprio di questa eventualità. Non arrivando comunicazioni dalla Russia la mia preoccupazione aumenta. I due kazaki si impegnano nel confortarmi, arrivando a propormi un salto nella non lontana moschea o se preferisco nella chiesa ortodossa. Pur rispettando tutti i culti non me la sento di ricorrere a questo sistema e scelgo un luogo laico dove concentrare le mie speranze. Non lontano dalla trattoria di Sergej c’è l’enorme memoriale delle vittime della seconda guerra mondiale, una delle poche cose sovietiche rimaste ad Uralsk. Il memoriale è anche un balcone sul fiume Ural e quindi sulla vicinissima Asia. Qui trascorro del tempo provando a recuperare serenità. Saluto Tanja e Sergej promettendo notizie appena ne avrò. Rientrato nell’appartamento 47 della casa 17 della quarta microregione, ubicato nella parte orientale della città, entro nella stanza meno nobile dei 40 metri quadri che mi ospitano e squilla il telefono. È Olga che chiama e questo mi fa ben sperare. Ascolto le parole “3300 grammi per 51 centimetri” pronunciate in lingua russa e sento le urla di disperazione, uguali in tutto il mondo, di chi fino a pochi minuti prima si godeva il caldo della pancia della madre. Sono le ore 16 in Kazakistan (le 14 a Kazan e le 13 in Italia), e quaranta minuti prima ero diventato padre di una bambina che avrà un doppio passaporto e che potrà viaggiare in tutto il mondo quasi senza visti, al contrario di sua madre e suo padre che anche per concepirla hanno dovuto avere un visto nel passaporto. Le complicazioni pre e post parto costringono Olga a riposare e nella frenesia della comunicazione non mi conferma il nome che è stato scelto per la piccola, dato che ne avevamo concordati tre e lo avrebbe scelto lei al momento in cui avrebbe visto la bambina. Non conosco ancora il nome di mia figlia, ma so che posso festeggiare la nascita di colei che tre ore dopo sarà chiamata Alisa, come la protagonista di un noto telefilm sovietico, “Ospiti dal futuro”, che piace molto sia a sua madre che a suo padre. Il primo giorno di Alisa abbiamo deciso di godercelo in privato e la notizia circola solo tra i nostri stretti familiari con alcune piccole eccezioni, come Sergej, Tanja e gli altri del ristorante. Proprio con loro decido di passare la serata e corro in un supermercato a cercare dei vini e spumanti italiani riuscendo al terzo tentativo a trovare anche qualcosa di toscano. Mentre Olga si gode il riposo e la nostra bambina, per me è arrivato il momento di festeggiare come il copione prevede per ogni nuovo padre. Tutti gli amici che la sera prima erano al compleanno di Sergej si ritrovano una seconda volta per onorare Alisa e, terminati il vino e lo spumante, torna in campo la vodka kazaka, per fortuna accompagnata da qualche chilo di ottimo plov. Al tavolo si aggiungono altre persone nuove e tra le donne presenti conto almeno tre Olga, forse un avvertimento subliminale. A turno ognuno propone un brindisi che non sempre comprendo, visto che alcuni sono pronunciati in kazako. Sono comunque certo che le parole ascoltate siano tutte ben auguranti. Alcuni dei presenti hanno anche comprato un piccolo regalo per la figlia. Sono felice che questa serata lontano da Kazan e dall’Italia si sia rivelata foriera di cose belle e non triste come potevo immaginare al momento in cui sono stato costretto ad allontanarmi dalla Russia a causa dei noti problemi che la burocrazia ci ha regalato.
Come era ampiamente prevedibile, per la seconda sera consecutiva il Toyota Hilux rimarrà nel parcheggio del ristorante e il ritorno nella casa di Uralsk, alle 2 della notte, avviene di nuovo con un sicuro taxi.