Giorno 28 – Chiuso per… orsi!

13 luglio 2018, Krasnojarsk-Divnogorsk-Krasnojarsk (116 km) – Tot. 9.065

In questo giorno di quasi riposo assoluto la sveglia suona molto tardi, al punto che scegliamo di andare direttamente a fare un pranzo-colazione nella mensa sotto casa. La stolovaja “S’em Slona” (“Mangio un elefante!”) è un curioso paradosso, poiché nonostante tutto funzioni in stile russo, al muro si trovano fotografie e immagini dell’Africa. Davvero originale per noi europei pranzare nel cuore dell’Asia con piatti russi, ma vedendo davanti ai nostri occhi il Kilimangiaro, giraffe, leoni, elefanti e intere tribù africane che salutano chi entra nella mensa.

Il cartello che avvisa della chiusura “per orsi” del parco Stolby

Il programma della giornata prevede di fare una cosa che non riuscimmo a fare nel viaggio di dieci anni fa, ovvero visitare il famoso Parco naturale degli Stolby. L’attrazione di questa oasi naturale, dove si possono fare lunghe passeggiate in una zona davvero simile agli appennini dell’Italia centrale, sono delle grandi colonne di pietra. Si può raggiungere il luogo con il maggiore numero di stolby attraverso un sentiero di circa sette chilometri, il doppio dovendo anche tornare all’auto. L’alternativa è salire con una seggiovia in una montagna appena sopra Krasnojarsk e camminare a piedi per circa quaranta minuti per poter vedere dall’alto le note pietre. Quest’ultimo era il nostro programma per oggi, ma siamo stati fermati da un imprevisto abbastanza incredibili: da ieri il parco è chiuso per la presenza di orsi! Da quello che apprendiamo dai notiziari on line, un numero elevato di plantigradi è ripetutamente penetrato nel percorso turistico, causando un potenziale pericolo per gli escursionisti. Ci rechiamo comunque alla partenza della seggiovia, dove uno dei custodi ci conferma che l’accesso al parco è vietato, ma che possiamo comunque entrarci a nostro rischio e pericolo: se ci trova una guardia ci multa, se ci trova un orso ci mangia! Questa interessante previsione è sufficiente ad avviare le procedure per il piano B, ovvero recarci circa trentacinque chilometri a sud di Krasnojarsk, risalendo il fiume Enisej per ammirare da vicino l’enorme centrale idroelettrica che è tra l’altro raffigurata nelle banconote da 10 rubli. Lungo la strada che conduce a Divnogorsk, fatta di salite e discese, curve e tornanti, cosa rara nella piattezza del paesaggio russo e siberiano, si può sostare in un punto panoramico che domina la vastità dello Enisej. Scendendo da questo speciale osservatorio si incontra il pittoresco villaggio di Ovsjanka, fatto con molte storiche case di legno. In una di questa sorge il memoriale dedicato al poeta sovietico Viktor Astaf’ev, nato proprio ad Ovsjanka. Approfittiamo per una rapida escursione nel villaggio e sulle rive del fiume.

Finalmente, dopo le varie soste raccontate, raggiungiamo la grande diga sullo Enisej. Come ci aspettavamo la zona è sotto sorveglianza e per ragioni di sicurezza non ci permettono di avvicinarci troppo. Complice la nebbiolina che persiste in zona, la qualità dell’osservazione non è delle migliori. Proviamo ad andare a monte della struttura dove riusciamo ad osservare la centrale idroelettrica e da lontano anche la struttura che permette alle navi di spostarsi a valle e a monte di questo colosso alto novanta metri. Il lago formato dalla diga è lungo centinaia di chilometri e tutto attorno sorgono numerosi luoghi balneari con bungalow, case e campeggi. Tornando verso Krasnojarsk incontriamo un furgone con targa tedesca. Ci notiamo a vicenda e ci fermiamo a conversare. Conosciamo la bella famiglia composta da Jonas, tedesco, e Nadya, russa, che assieme alla piccola Marlene, nove mesi, stanno viaggiando dalla Germania alla Mongolia. Ci scambiamo informazioni sui rispettivi viaggi e sul perché li abbiamo intrapresi. È sempre curioso incontrare un altro veicolo europeo a migliaia di chilometri dall’Europa.

Nel tardo pomeriggio siamo di ritorno a Krasnojarsk anche per effettuare quella esplorazione della città che nel giorno precedente è stata solo parziale. Stavolta si comincia da una bella cena a base di shashlik (spiedini di carne) sul lungofiume. Con lo stomaco soddisfatto si passa a Piazza della Pace, che al momento è un cantiere in evoluzione, e si continua il passeggio nelle popolate strade cittadine contornate da vecchie case di legno, edifici neoclassici di epoca sovietica e qualche bizzaria architettonica di recente edificazione. Krasnojarsk nacque come insediamento militare già a metà del ‘600 e fu una importante testa di ponte per la colonizzazione dell’estremo oriente russo. In epoca sovietica era un noto luogo dove erano attivi campi di lavoro e poi successivamente aziende meccaniche e legate alla lavorazione del plutonio. Questo fece di Krasnojarsk una città chiusa, accessibile agli stranieri solo con speciali permessi.

La visita termina piuttosto presto visto che domani e dopodomani ci aspettano giornate decisamente difficili e con distanze chilometriche che ci costringeranno a passare molto tempo dentro la nostra Toyota Hilux, modello del quale abbiamo tra l’altro notato in città un numero particolarmente elevato di esemplari.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– A dieci anni di distanza, sebbene per motivi diversi, non siamo riusciti a visitare gli Stolby

– I numerosi piccoli chioschi di shashlik nel lungofiume si sono trasformati in veri ristoranti

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno Cinghiale

Giorno 27 – Verso le sponde del fiume Enisej

12 luglio 2018, Krasnyj Jar-Krasnojarsk (437 km) – Tot. 8.949 km

La notte ai “Tre Orsi” trascorre abbastanza scomoda, visto che abbiamo dormito in tre su due letti da un solo posto cadauno. Il soggiorno a Krasnyj Jar si conclude al mattino con una nutriente colazione al kafè del piano terra e con la notizia che la seconda finalista del Mondiale di Russia è la Croazia che nella notte ha battuto 2-1 l’Inghilterra. Con ogni probabilità ci gusteremo l’inedita finale Francia-Croazia sulle sponde del Lago Bajkal nei prossimi giorni. Riprendiamo a macinare chilometri come sempre in direzione est nella avtodoròga “Sibir” con qualche rallentamento dovuto ai cantieri di miglioramento della strada. Curioso come nel viaggio del 2008 fummo costretti ad andare piano in questo tratto a causa della strada deformata, nel 2018 rallentiamo per i lavori di miglioramento e forse nel 2028 potremmo percorrerla in sicurezza e velocità. Incontriamo la città di Mariinsk, un tempo attraversata da una strada sterrata e polverosa, oggi solo in parte sostituita da una strada asfaltata. Degno di nota il poderoso cippo chilometrico che indica i 4.000 chilometri da Mosca e il memoriale alla vittoria della Grande Guerra Patriottica. Impressionante leggere migliaia di nomi di gente del posto morta ad oltre 4.000 chilometri durante la Seconda Guerra Mondiale. Ogni città, anche nella lontana Siberia, ha pagato un tributo enorme di vite tra il 1941 e il 1945.

Accompagnati dal consueto ed elevato quantitativo di camion che emettono fumi nocivi grazie ai quali è possibile la loro individuazione a chilometri di distanza, ci fermiamo per il pranzo nel piccolo, ma pulito e buono kafè Udacha (Fortuna) poco oltre la città più grande che abbiamo incontrato oggi, Achinsk. Gli ultimi chilometri di viaggio volano via grazie ad una provvidenziale quattro corsie, già presente nel 2008 e addirittura ampliata. Arriviamo a Krasnoyarsk, insolita città siberiana circondata da colline e paesaggi simili ai nostri appennini, attraversata dal grande fiume Enisej. Come ci era già successo a Novosibirsk, c’è un problema relativo all’appartamento che avevamo chiesto di riservare attraverso un noto portale on line. I gestori dell’agenzia ci offrono una soluzione alternativa leggermente fuori dal centro ed a malincuore, soprattutto per non sottrarre troppo tempo al nostro riposo, decidiamo di accettare. Peccato che nel pur buono appartamento a noi assegnato manchino lenzuola e cuscini… Dopo una doccia ristoratrice e un poco di riposo decidiamo di andare a passeggiare per il centro cittadino alternando una lunga passeggiata all’uso dei mezzi pubblici molto comodi ed economici. Vaghiamo nelle varie zone della città prendendo atto che alcuni dei locali frequentati nel 2008 sono al momento chiusi o hanno cambiato nome. Resiste, invece, lo storico Hotel Sever protagonista dello scorso viaggio. Non mancano le vestigia sovietiche in giro per la città, come del resto la toponomastica e i monumenti tutti risalenti a questo periodo storico. Nonostante non manchi la scelta tra i luoghi per cenare, decidiamo di evitare fast food o locali alla moda per privilegiare un ristorante ucraino, lo Shkvarok. Di questi tempi in cui i rapporti tra Russia e Ucraina non sono ottimi, fa davvero piacere vedere un luogo con costumi, musica e piatti della Repubblica ex sovietica. Finiamo per degustare la sempre ottima cotoletta alla Kievana che ci lascia ampiamente soddisfatti. Rapido rientro nel nostro appartamento in zona stazione dove non tarda a raggiungerci il dio Morfeo che ci aiuta a dormire sereni senza l’ansia di una rapida sveglia il giorno dopo, visto che resteremo qui fermi a recuperare energie. Tra le novità di oggi c’è la notizia che dovrebbe esistere un punto di rifornimento privato di metano a Khabarovsk. Grazie a Sergey Colin di Gazprom Italia riusciamo ad avere il contatto per tentare di effettuare questo possibile ed insperato rifornimento. Se questo dovesse avvenire, la parte di viaggio senza diesel-metano si ridurrebbe di circa 1000 chilometri. Maggiori dettagli su questo fatto nei prossimi giorni.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– Le strade dentro Mariinsk sono finalmente asfaltate e la quattro corsie per Krasnoyarsk inizia molto più ad ovest rispetto al 2008.

– La parte più viva di Krasnoyarsk è migrata dalla zona est di Piazza della Pace, a quella più centrale con la grande statua di Lenin e il parco cittadino.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno il Cinghiale.

Giorno 26 – Ritorno a Krasnyj Jar

11 luglio 2018, Novosibirsk-Krasnyj Jar (370 km) – Tot. 8.512 km

Con la sveglia mattutina apprendiamo che la prima finalista del Campionato del mondo di calcio è la Francia, che nella nostra notte siberiana ha sconfitto il Belgio 1-0. Preso atto della cosa facciamo colazione al Vilka & Loshka, catena di ristorazione che non abbiamo mai visto nella Russia europea e che aveva già soddisfatto i nostri palati a Ekaterinburg, e poi diamo il via al nostro breve tour della terza città più grande della Russia, nonché una delle più giovani. Novosibirsk nasce negli ultimi anni dell’800 come “cantiere” per la costruzione del ponte sul fiume Ob destinato alla Ferrovia Transiberiana. Inizialmente chiamata Novonikolaevskij, prende l’attuale nome in modo definitivo nel 1925. Legata al primo storico nome è la cappella di San Nicola, che tradizionalmente viene considerato come baricentro geografico dell’Impero Russo. In realtà Novosibirsk non regala grandi emozioni architettoniche, storiche e neppure turistiche. Un luogo interessante dal punto di vista monumentale è Piazza Lenin, dove oltre alla statua del noto personaggio si possono ammirare altre composizioni legate al periodo sovietico della città. Ultima tappa del nostro breve giro è, naturalmente, la grande stazione della Ferrovia Transiberiana non lontana dal nostro appartamento, che raggiungiamo testando la interessante metropolitana cittadina. Riconsegnamo le chiavi della casa non senza evidenziare, per la prima volta in questo viaggio, alcune lacune igieniche del luogo dove abbiamo dormito.

Ripartiamo verso oriente percorrendo i primi chilometri della Avtodaroga Sibirsk, dove è molto divertente vedere i cartelli che indicano le distanze da Irkutsk (circa 1800km) e Cita (quasi 3000). A circa 100 chilometri da dove siamo partiti abbiamo l’onore di pranzare in un interessante kafé che vanta, secondo una scritta nel muro, la migliore qualità nella strada che conduce da Kemerovo a Sochi. Ci chiediamo dove abbiano mangiato coloro che scrivono ciò prima e dopo questo locale, dato che secondo il nostro parere la bontà non supera la norma. Arriviamo a Kemerovo dove ci aspetta una missione molto importante. Qui dobbiamo fare assolutamente un buon rifornimento di metano poiché lungo la nostra strada non avremo altre occasioni se non facendo alcune lunghe deviazioni. Nella stazione Gazprom situata a nord della città abbiamo a che fare, per la prima volta, con personale molto scortese. Oltre a ciò riscontriamo una anomalia nella quantità di metano che carichiamo, secondo noi troppo poca. Ci spostiamo nella seconda stazione della città e sorprendentemente la troviamo chiusa con un cartello che indica quattro giorni di chiusura senza specificare i motivi. Questo non ci rende affatto felici, come non può trasmetterci sentimento diverso la vista del centro commerciale “Zimnjaja vishnja” tristemente noto per un brutto episodio di cronaca di alcuni mesi fa e che passò quasi sconosciuto in occidente. In un incendio all’interno della struttura morirono, secondo le fonti ufficiali, 64 persone di cui 41 bambini. In Russia questo episodio ha colpito fortemente l’opinione pubblica portando ad arresti e dimissioni di politici locali ed uomini di affari. Ancora oggi è possibile notare nelle vicinanze del luogo un monumento fatto di fiori e giocattoli nato spontaneamente in ricordo delle vittime.

L’obiettivo di giornata è la piccola cittadina di Krasnyj Jar a circa metà strada tra Novosibirsk e Krasnojarsk. Qui, dieci anni fa, avvenne un episodio piuttosto noto del viaggio di Guido e Andrea che “naufragarono” in questo paesino con la vecchia Marea priva della funzionalità della pompa della benzina, venendo trainati da, ironia della sorte, una Toyota di un apicoltore locale. Celebriamo la cosa con foto commemorative nelle stesso punto dove l’auto si fermò, ma scaramanticamente decidiamo di non spegnere il motore. All’epoca, grazie all’iniziativa di una dipendente del piccolo Hotel “Tre Orsi”, nella nottata arrivò un meccanico che riuscì a riparare il guasto e riportare ottimismo al viaggio del 2008. Oggi molto è cambiato e oltre al “Tre Orsi” e al kafè del piano terra, dove ceniamo, sono sorti altri piccoli punti di ristorazione nel paesino che conta circa seicento anime. Non c’è più la dipendente dell’epoca Tatiana e nessuno conosce il meccanico del quale mostriamo le foto scattate nel luglio di dieci anni prima. Per evitare le attenzioni dell’autista ubriaco Sasha e dello strano soggetto, probabilmente alcolizzato, che dorme sotto il portico del locale e che pensa che siamo spie straniere, decidiamo di incamminarci per una passeggiata esplorativa di Krasnyj Jar al tramonto. Anche questa sera il fuso orario non ci consentirà di vedere in tempo reale la seconda semifinale di Coppa del Mondo tra Inghilterra e Croazia. Al mattino sapremo quale delle due nazioni sfiderà la Francia nella finale del Mondiale di Russia.

Come è cambiato il mondo in 10 anni?

– Come scritto nella pagina di diario, Krasni Yar segue le stesse regole del resto della Russia, ovvero si riempie di piccoli ristoranti per i viaggiatori di passaggio.

– Qui, tra Kemerovo e Krasnyj Jar, dieci anni fa cominciavano i terribili effetti del permafrost, buche e collinette di asfalto pericolosissime per la circolazione stradale. Per ora non ne abbiamo incontrate e questo ci fa pensare ad una efficace manutenzione stradale, ma i chilometri da fare ancora sono tanti.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno Cinghiale

 

Giorno 25 – Il mare in Siberia

10 luglio 2018, Barabinsk-Novosibirsk (km 366) – Totale 8.142

Lasciamo Barabinsk e le sue simpatiche zanzare per tornare a procedere lungo la ex M-51 che conduce verso Novosibirsk. Il paesaggio che ci circonda alterna paesaggi aridi ad altri verdissimi in questa stagione. Scopriamo, leggendo informazioni sulla regione che attraversiamo, che questa zona prende il nome di Steppa di Barabinsk, proprio in onore della città in cui abbiamo dormito senza fare colazione. Il primo pasto della giornata avviene in un piccolo “kafe” sperduto nel nulla, ma per fortuna pulito e a prezzi davvero modici. Le ore passano nella monotonia del paesaggio, ma allietate dalle vecchie canzoni che le radio russe trasmettono quando riusciamo a percepire il loro segnale e in alternativa con le nostre canzoni che ci portiamo dietro dall’Italia.

Dopo aver effettuato anche il pranzo alle porte di Novosibirsk, decidiamo di andare a visitare un importante sobborgo situato a sud della terza più grande città della Russia. Immersa nella taiga e su una delle sponde del fiume Ob sorge Akademgorodok, una cittadella universitaria dove ai tempi dell’Unione Sovietica vivevano, in un relativo benessere, alcuni dei luminari più importanti del Paese. Tuttora oggi questo è il quartiere universitario per eccellenza con sedi di facoltà, interessanti musei e numerosi parchi dove passeggiare. Decidiamo di passare una parte del pomeriggio qui, ricordando un episodio di dieci anni prima che vide i due protagonisti della Torino-Pechino 2008, il reduce Guido e Andrea, perdersi per poi ritrovarsi tra loro dopo oltre due ore di seria difficoltà a causa di una serie di fatti paradossali. Andiamo a fotografare il luogo del curioso fatto e con l’occasione ci gustiamo un gelato passeggiando nei boschi di questa zona dove con nostra parziale piacevole sorpresa i moscerini hanno sostituito tafani e zanzare.

Su consiglio di amici italiani che hanno vissuto e studiato in questo villaggio dello studente, andiamo a vedere la spiaggia presente nel grande lago formato dalla diga sul fiume Ob, che ricordiamo essere il sesto fiume più lungo del mondo e che sfocia nel lontano Mare Artico. Per raggiungere la sponda sabbiosa, luogo davvero molto animato e vero e proprio “mare” locale, mettiamo alla prova le capacità di fuori strada del nostro veicolo in un angusto e ripido sentiero. Impressionante per noi italiani abituati ai nostri classici mari vedere i russi vivere il fiume come un mare d’acqua dolce. Del resto, se escludiamo l’artico a poco più di 2.000 chilometri, il mare più vicino a questa città è il Mar Caspio a circa 3.000 chilometri. Essendo il Caspio un grande lago salato, il vero mare più vicino è il Mar Nero e i chilometri sono addirittura 4.000, mentre sono poco meno di 6.000 per l’Oceano Pacifico. Il record di luogo delle terre emerse più lontano dal mare non appartiene a questo territorio, ma è in Cina nei pressi di Urumqi, città non molto lontana da qui e che dovremmo attraversare tra circa un mese. Dopo aver verificato la mancata salinità dell’acqua dell’Ob torniamo a Novosibirsk attraverso la trafficata strada che conduce verso il centro della città.

Alloggiamo ancora una volta in un “kvartir”, una casa privata che affittiamo per una notte a prezzo modico. Stavolta lascia un po’ tutto a desiderare, tranne l’ottima posizione centrale a due passi dalla stazione della Transiberiana, esattamente come avvenne nel 2008, e il parcheggio dell’auto, al sicuro davanti alla caserma di quartiere della Polizia.

Serata di ampio passeggio nel non bellissimo centro cittadino con una discreta cena in un localino alla moda decisamente più animato dei locali di Barabinsk. Considerato che domani mattina la sveglia suonerà presto e che continueremo il giro turistico di questa città prima di continuare il viaggio verso est, rinunciamo a seguire in diretta la prima semifinale del Campionato Mondiale di Calcio, Francia-Belgio, che a causa del fuso orario comincia alle nostre 1.00 della notte.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La totalità dei bagni delle stazioni di servizio o dei “kafe” lungo le strade che percorriamo erano sempre in casottini nei campi limitrofi. Oggi almeno in un 50% dei luoghi è arrivato il bagno tradizionale con sanitari e acqua corrente.

– Nel 2008 ci ostinavamo a viaggiare usando le musicassette, oggi tutto questo non è più possibile neppure nelle zone più remote della Russia dove chiavette ed mp3 sono arrivate, forse, prima che in Italia.

Giorno 24 – Nel paese delle zanzare

9 luglio 2018, Omsk-Barabinsk (km 350) – Tot. 7776

Più lunga del solito la nostra dormita nell’appartamento privato di Via del Percorso Rosso alla periferia di Omsk. Riconsegnate le chiavi alla padrona di casa e caricato il bagaglio nell’Hilux ci spostiamo nel centro della città per fare qualche ora di sano turismo e la colazione, non prevista nei 1500 rubli (circa 21 euro) dell’affitto della casetta. Omsk ha oltre un milione di abitanti, una periferia industriale fatta con tanto cemento, ma un piccolo centro ordinato e pulito. Il monumento più noto è la Cattedrale dell’Assunzione, ricostruita negli ultimi anni nei luoghi dove sorgeva prima degli anni ‘30. Passeggiando verso il fiume Irtysh si può osservare l’unica parte vecchia della città, fatta di edifici neoclassici prevalentemente di epoca sovietica, ma anche alcuni precedenti alla Rivoluzione. Tra le tante statue presenti c’è quella dello scrittore Dostoevskij, che qui a Omsk trascorse alcuni anni della sua vita, e non proprio i migliori: vi rimase infatti in esilio dal 1850 al 1854, dopo la conversione della condanna a morte che gli era stata inflitta dal tribunale zarista nel 1849 per attività sovversiva.

In un grande centro commerciale periferico decidiamo di comprare olio e liquido refrigerante di scorta per la nostra auto. Nei primi 13.000 chilometri, considerando anche il prologo fino a Lisbona e ritorno in Italia, il livello di tutti i liquidi è rimasto fermo senza subire alcuna modifica. Considerando che siamo in una regione dove distributori, città e meccanici diventano sempre più rari, diventa necessario avere a bordo tutto quello che potrebbe servire. A tal proposito ci sentiamo telefonicamente con Andrea, tecnico di Ecomotive Solutions, che ci dispensa alcuni utili consigli per procedere all’acquisto di tutto il necessario. Intanto i chilometri passano e si aggiunge un’altra ora di fuso orario (siamo a +5 dall’Italia) entrando nell’oblast di Novosibirsk. In occasione della sosta sotto l’imponente cartello dove scattiamo foto ricordo, siamo attaccati da numerose zanzare che qui fanno concorrenza ai tafani giganti di ieri che quasi rimpiangiamo. Colpiti più volte dai fastidiosi insetti, siamo costretti a rifugiarci in auto e ripartire immediatamente. I sorrisi nelle foto che abbiamo scattato sono stati davvero difficili da mantenere durante i numerosi pizzichi.

A circa metà strada tra Omsk e Novosibirsk decidiamo di fermarci in uno dei pochi centri urbani presenti nella nostra cartina stradale. La città di Barabinsk ci appare inizialmente come un arido posto dimenticato da Dio all’altezza di una fermata della Ferrovia Transiberiana. In effetti questa è la periferia, ma addentrandoci nel centro cittadino cambiamo opinione vista la vivacità che incontriamo. Purtroppo l’unico alloggio per dormire alternativo al dormitorio della stazione è il non eccezionale Hotel Provincia, dove però la burbera addetta alla reception, tra numerose lamentele contro la burocrazia, effettua l’importante registrazione del nostro visto. Barabinsk è la classica città del “far east” russo, per molte cose simile all’epopea americana. Centoventicinque anni fa, ci sono cartelli di questo anniversario ovunque, arrivarono qui gli operai che dovevano costruire la ferrovia. Prima i loro alloggi, poi i servizi, infine la stazione e tutte le attività collegate alla ferrovia. In epoca sovietica ecco arrivare anche le fabbriche a rendere sostenibile la vita in questo posto dove l’agricoltura può essere praticata pochi mesi all’anno. Il centro cittadino di epoca sovietica è davvero delizioso, come la pizza che mangiamo in un locale interamente dedicato all’Italia con alle pareti numerose cartoline di pubblicità degli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso. A causa della latitudine e del fuso orario appena cambiato, il sole tramonta attorno alle 23 dell’ora locale, mentre la luce scompare verso la mezzanotte. Con l’oscurità tornano le zanzare che ci accompagnano nella passeggiata che dalla piazza principale ci riporta all’albergo. Dopo aver donato alcuni centilitri del nostro sangue ai poco simpatici insetti possiamo finalmente dormire in attesa della giornata che ci porterà a Novosibirsk, la capitale della Siberia

Come è cambiato il mondo in dieci anni? 

Ci soffermiamo ancora una volta sul notevole miglioramento delle strade in Russia. Tra l’altro constatiamo la diminuzione dei passaggi a livello della Transiberiana. Dieci anni fa perdevamo decine di minuti ogni volta che ne trovavamo uno chiuso.

– Molti dei distributori di carburante, quasi sempre Gazprom e Lukoil, sono dotati di macchinette di caffè di fabbricazione italiana. Questo dieci anni fa non succedeva. Ciò non significa che riusciamo a berci dei caffè buoni.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale

Giorno 23 – La nostra Transiberiana con record di bassi consumi

8 luglio 2018, Tyumen-Omsk (640 km) – Tot. 7.426

Non abbiamo dormito molto a causa della lunga nottata calcistica che ha visto la Russia lasciare il mondiale, ma restiamo stupiti nel vedere ancora al mattino presto tifosi russi girare per la città con i postumi di sbornie colossali. Per tutta la notte, non solo a Tyumen, il popolo russo è sceso in piazza per festeggiare comunque l’ottima esperienza della propria nazionale in questo storico torneo disputato in casa. Se qualcuno pensava che prevalesse la tristezza, dopo l’eliminazione ai rigori da parte della Croazia, si sbagliava di grosso: permane un’atmosfera serena e felice, eccessi a parte. Di uno di questi eccessi siamo testimoni vedendo un nostro vicino di casa cadere a terra di schianto a pochi metri da noi, ignorato da gran parte dei suoi amici.

Lo strano hotel che ci ha ospitato nella notte è pieno di sorprese. Quella di ieri sera era la delocalizzazione in più condomini delle stanze a disposizione dei clienti, che ci ha costretto a salire e scendere per i palazzi a quindici piani della periferia di Tyumen. Quella di oggi è una colazione da ritirare all’ultimo piano di un palazzo e consumare nella nostra stanza al quinto piano di un altro. A parte questi disguidi organizzativi, l’Hotel Aurora è una ottima soluzione sia per il viaggiatore stanziale che per quello mordi e fuggi.

Un ultimo passaggio in auto dal centro della città osservando che l’Hotel Vostok, dove dormimmo nel 2008, è ancora al suo posto ma con prezzi raddoppiati. Per il resto Tyumen non regala molte emozioni al turista se non la consueta architettura sovietica e un curioso giardino dedicato ai gatti siberiani. Proprio di questi felini avremmo bisogno per contenere l’esuberanza degli enormi insetti che entrano dai nostri finestrini ogni volta che l’auto rallenta o si ferma nei numerosi cantieri situati lungo la strada che porta verso Omsk. Questa sorta di tafano gigante opprime chi vive da queste parti per buona parte della stagione calda. In questo periodo dell’anno la Siberia è in fiore, ma anche verdissima e ricca di stagni e acquitrini, ambiente ideale per il proliferare degli insetti. Molti di loro a fine giornata resteranno stampati nel nostro nuovo paraurti.

Consumato un rapido pasto in una delle tante piccole strutture a buon mercato che la strada offre, raggiungiamo la città di Abatskoye dove effettuiamo il rifornimento di gasolio, consapevoli del bassissimo consumo effettuato in questi giorni di ritmi lentissimi e di velocità regolare nel nostro marciare ad est. Incameriamo 70 litri di gasolio e possiamo calcolare che il consumo medio degli ultimi 1333 chilometri è 19 chilometri con un litro. I restanti dieci litri nel serbatoio ci avrebbero consentito di toccare la incredibile cifra di 1500 km con un pieno! Dopo il dato di ieri relativo ai consumi di metano, oggi arriva la conferma che tutto sta andando per il verso giusto anche relativamente ai consumi complessivi dei due carburanti associati. Piede leggero, strada in pianura, ritmi blandi e la nostra concentrazione aiutano la paziente impresa di dimostrare l’economicità di questo sistema.

Dopo una eterna sosta ad un passaggio a livello della Ferrovia Transiberiana, raggiungiamo per un rabbocco di metano la stazione Gazprom di Luzino, vicinissima a Omsk, sede di tappa odierna. Qui la cassiera e l’addetto ai rifornimenti, Aleksey, ci accolgono con grande entusiasmo e diventa naturale fare foto assieme per ricordare la nostra visita in questo importante e strategico punto di rifornimento, l’unico nell’oblast di Omsk, che ci permetterà di raggiungere Novosibirsk usando il gas naturale. Gli ultimi trenta chilometri ci vedono entrare ad Omsk, città di oltre un milione di abitanti situata nella verde conca del fiume Irtysh. Prendiamo possesso di un appartamento in periferia e consumiamo una gustosa cena in una birreria ufficiale della nota birra russa Sibirskaya Korona, uno dei più interessanti prodotti tra gli alcolici leggeri “made in Russia”. Con l’ingresso nell’oblast di Omsk ci portiamo a ben quattro ore di fuso orario di differenza dall’Italia.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Gli alberghi dove dormimmo nel 2008 sia a Tyumen che ad Omsk esistono entrambi e continuano a lavorare e portare lo stesso nome, cosa rara in Russia.

– È esploso il fenomeno degli affittacamere o affitta-appartamenti, anche per una sola notte, in tutta la Russia. Non è un caso che spesso scegliamo questa economica soluzione per i nostri alloggi temporanei.

– Gli enormi insetti che circolano in questo periodo dell’anno in Siberia non sono di certo a rischio estinzione. Nel 2008 vedevamo più libellule, adesso prevalgono i tafani.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale

Giorno 22 – A metà strada tra i due oceani

7 luglio 2018, Ekaterinburg-Tjumen’ (km 380) – Tot 6.786

Dopo la riposante notte nella casetta di via Shartashkaya, ci dedichiamo ad una più che piacevole colazione nei pressi della nostra dimora. Nella stessa piazza c’è un interessante memoriale della guerra in Afghanistan che visitammo anche nel 2008. Di solito i monumenti che ricordano le guerre vedono sempre statue di soldati potenti, sicuri e forti. Il protagonista di questo luogo è invece un soldato seduto e apparentemente triste. Il monumento è stato ampliato con i nomi, i luoghi e gli anni della scomparsa di tutti i soldati russi impegnati nelle varie guerre o missioni di pace dopo il 1991. Si può leggere Jugoslavia, Cecenia, Abcasia, Ossezia, Tagikistan, Nagorno-Karabak e tanti luoghi poco noti all’opinione pubblica occidentale. Recuperato il veicolo parcheggiato in un posto sicuro nel sotterraneo di un palazzo, andiamo a visitare il Centro “Boris Eltsin”, complesso museale e commerciale dedicato al più illustre cittadino di Ekaterinburg. A parte alcune statue e reliquie decisamente pacchiane, è possibile capire attraverso la visita di questo luogo molte dinamiche della vita in Russia negli anni ‘90. Pur prendendo atto della parzialità della mostra tendente a valorizzare la figura di Eltsin, rimaniamo colpiti da alcune delle ricostruzioni presenti sia in forma audiovisiva che con materiali dell’epoca.

Il secondo impegno della mattinata ci vede andare a visitare un altro luogo decisamente insolito ubicato a circa quindici chilometri dalla città. Per strada, uscendo dal centro cittadino, abbiamo modo di ammirare lo strano stadio nel quale si sono giocate numerose partite dei mondiali, la cui particolarità sono le due tribune aggiunte in corrispondenza delle due curve, che non collimano affatto con la forma circolare dell’impianto, risalente addirittura ai tempi di Stalin e del quale è stata preservata la facciata di epoca sovietica. Arriviamo quindi a Gànina Jama, un complesso di monasteri ubicato in una foresta fuori da Ekaterinburg. Qui incrociamo due jeep di due spedizioni russe simili alla nostra e che, partite da Kirov e Joshkar Olà sono dirette a fare il giro del Lago Bajkal nella Siberia centrale. Questo sito spirituale è in realtà il luogo dove furono nascosti per oltre settanta anni i resti della ex famiglia imperiale russa dopo l’esecuzione di cui abbiamo parlato nel diario di ieri. Tutto questo, che appare come una ulteriore glorificazione dell’ultimo zar e di sua moglie, ci dà l’impressione di trovarci in una specie di Disneyland dei Romanov, con statue e immagini in tutte le salse della ex casa regnante. Una cosa che ci colpisce, oltre ai numerosi bus di nostalgici che troviamo sul posto, sono le coppie di sposi che vengono qui a farsi fotografare, visto che non ci sembra proprio questo il luogo più adatto per augurare felicità a novelli sposini.

Dopo questa lunga mattinata di storia e una pausa gastronomica in una non eccezionale “stolovaya” all’uscita della città riprendiamo il viaggio verso est. Oggi abbiamo con noi anche una nuova compagna di viaggio che ci seguirà fino al Pacifico: la Ferrovia Transiberiana. Nel corso del cammino odierno ci incrociamo spesso con lunghissimi treni merci trainati anche da tre o quattro locomotori. A metà pomeriggio usciamo di una quindicina di chilometri dal tracciato principale per raggiungere nel piccolo paese di Sukhoy Log una stazione di metano della quale Fornovo ci ha comunicato l’esistenza. Anche in questo caso il punto di rifornimento è nuovissimo e dotato di attacco russo ed europeo. Assieme a noi si riforniscono ben tre camion di grandi dimensioni, a dimostrazione che in Russia il diesel-metano è molto diffuso nell’autotrasporto. Il rifornimento ci permette di calcolare i consumi dal precedente “pieno” risalente a Kazan. Con sorpresa scopriamo che la nostra autonomia di solo metano ha superato i 1.100 chilometri, un risultato molto positivo e dovuto sia all’andamento lento del nostro cammino e pure alla buona qualità del metano che carichiamo in Russia. L’obiettivo di giornata è la città di Tjumen’, capoluogo dell’omonima oblast’ e luogo molto simbolico del nostro viaggio, visto che questa città è equidistante da Lisbona e Vladivostok, quindi anche dai due oceani che intendiamo unire con questo viaggio: sono circa 7.000 i chilometri tra questa città siberiana e l’Atlantico, altrettanti da qui al Pacifico. Nonostante il fuso orario proibitivo e la sveglia di domani mattina molto presto, a Tjumen’ vediamo l’incontro di calcio valido per i quarti di finale del Mondiale tra Russia e Croazia e che vede i padroni di casa uscire a testa alta da un Mondiale andato ampiamente oltre le loro aspettative.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Il memoriale dei caduti in Afghanistan ad Ekaterinburg si è ingrandito e ha visto, purtroppo, nuovi nomi aggiungersi a quelli vecchi.

– Il complesso di Ganina Jama dieci anni fa era in costruzione, oggi ha raggiunto il completamento diventando un sito storico-spirituale che lascia davvero perplessi.

– Il miglioramento delle strade e delle infrastrutture a servizio come distributori, punti di ristoro e piccoli alberghi è notevole.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale

Giorno 21 – Siamo in Asia!

6 luglio 2018, Kungur-Ekaterinburg (316 km) – Tot. 6.406

Dopo un’ottima dormita nelle confortevoli e pulite stanze dell’Hotel Iren, procediamo con la colazione e i saluti alla cordialissima receptionist Olga che ha provveduto anche a registrare il nostro visto nella città di Kungur. I primi chilometri della giornata sono caratterizzati da qualche modesto rovescio d’acqua e dai numerosi camion via via sorpassati lungo la strada che si inerpica per i monti Urali. In realtà la catena montuosa che fa da confine tra Europa e Asia raggiunge quote altimetriche poco significative se non nella parte più a nord della dorsale. Nel nostro caso superiamo molto raramente i 400 metri di altezza. Avvicinandosi a Ekaterinburg, capoluogo dell’oblast’ di Sverdlovsk, incontriamo nel villaggio di Pervoural’sk il punto di confine tra i due continenti teatro del nostro viaggio. Scopriamo con l’occasione che nella zona di Ekaterinburg i cippi che segnano questo non univoco confine sono più di uno. Una volta raccolte le informazioni sulle varie motivazioni che hanno portato in diversi periodi storici a prendere a riferimento zone diverse, decidiamo di riconoscere come confine quello storico di Pervoural’sk. Qui ci sono due cippi posizionati su due strade diverse, ma comunque vicini e sullo stesso declivio della stessa collina. Il primo che incontriamo è piccolo e poco appariscente, mentre il secondo è davvero molto coreografico e si presta ottimamente per una foto simbolo del viaggio. La nostra Toyota Hilux varca ufficialmente il confine e finalmente siamo in Asia, dove resteremo per poco meno di due mesi. Considerando la pre-partenza di Lisbona, di fatto abbiamo attraversato l’intero continente europeo da parte a parte, mentre ora ci accingiamo a fare la stessa cosa con l’Asia. Pochi chilometri dopo aver salutato il vecchio continente, quando siamo davvero alle porte della nostra destinazione di oggi, troviamo un altro presunto punto di confine continentale, stavolta lontano da rilievi. Visitandolo ci rendiamo conto di stare osservando un luogo più da gita fuori città che un vero e proprio limite geografico continentale.

Dopo un rapido pranzo in un caffè entriamo nella città che in tempi sovietici si chiamava Sverdlovsk in onore dell’eroe rivoluzionario Jakov Sverdlov e che dopo il 1991 è tornata all’antico nome, Ekaterinburg, dedicato all’imperatrice Caterina. Curiosamente in quell’occasione solo il nome della città è cambiato, mentre quello della regione circostante è rimasto Sverdlovsk. Alloggiamo al secondo piano di una chruščëvka, uno dei tipici condomini di cinque piani di epoca sovietica. L’appartamento è abbastanza centrale e proprio da qui cominciamo un giro turistico a piedi nella città che ha dato i natali al primo presidente della Russia post sovietica Boris Eltsin nel 1931 e la morte alla ex famiglia imperiale dei Romanov, qui giustiziata nel luglio del 1918, esattamente un secolo fa. La città è pronta per celebrare questo macabro anniversario, visto che nel luogo dell’esecuzione non mancano manifesti dell’arrivo del Patriarca Ortodosso Kirill che onorerà i defunti Romanov, già santificati dalla Chiesa Ortodossa negli anni novanta. Non entriamo nel merito degli eventi storici che portarono alla condanna a morte eseguita nella notte tra il 16 e il 17 luglio di cento anni fa, ma esprimiamo la nostra perplessità sul fatto che questi personaggi vengano adorati come santi: se i cinque figli non hanno avuto colpe sulle dinamiche della gestione dello Stato russo fino al 1917, lo Zar Nicola II e sua moglie Alessandra sono stati degli incapaci regnanti, dei pessimi politici, e i responsabili della strage del 1905 nonché dell’arrivo a corte di soggetti poco raccomandabili come il monaco Rasputin.

Numerose chiese e altre monumenti sono stati realizzati nei luoghi dove avvenne l’esecuzione, anche se vicinissimo ad essere è sopravvissuto anche un monumento sovietico dedicato al Komsomol, l’Unione dei giovani comunisti. Lasciata questa zona scendiamo verso la parte più moderna della città, caratterizzata da un lago formato dal fiume Iset. Come in ogni città russa, anche qui c’è un lungofiume o lungolago popolatissimo dove la gente ama passeggiare. L’altro punto caratteristico del centro è Piazza anno 1905, dominata dal grande palazzo del Soviet cittadino e da una davvero enorme statua di Lenin. Di fronte al padre della rivoluzione c’è la strada pedonale più frequentata della città. Scegliamo di cenare in questo luogo per seguire le due partite dei quarti di finale del mondiale. Due squadre plurititolate come Uruguay e Brasile lasciano il mondiale, mentre Francia e Belgio si incontreranno in semifinale per un inedito derby europeo. Una curiosità che riguarda lo stadio a noi caro di Kazan è il fatto che nelle ultime tre partite lì giocate hanno lasciato il mondiale Germania, Argentina e quest’oggi il Brasile.

Come è cambiato il mondo in 10 anni?

– Dieci anni fa eravamo ad Ekaterinburg per il novantesimo anniversario dell’eccidio dei Romanov e rimanemmo stupiti per i tanti eventi dedicati alla cosa. Dieci anni dopo, nel centenario, gli eventi sono ancora di più, come il prolificare di loro immagini in giro per la città.

– Sul ponte-diga nel fiume Iset esisteva un grande “Ordine di Lenin”, decorazione assegnata alla città per l’enorme mole di lavoro effettuata durante la seconda guerra mondiale per costruire gli armamenti necessari alla vittoria del conflitto. La grande e prestigiosa medaglia era posta in un complesso monumentale dedicato alla bandiera rossa, rimosso nel gennaio 2013. Lo smontaggio dell’opera ha suscitato e suscita tuttora azioni di protesta che ne chiedono il ripristino.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini,  Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale

Giorno 20 – Verso i monti Urali e il confine con l’Asia

5 luglio 2018, Kazan-Kungur (km. 693) – Tot. 6.090. 

Ci svegliamo di buon’ora sia per anticipare il più possibile la partenza evitando il traffico di Kazan, sia per preparare il nostro organismo al salto di due fusi orari che faremo nelle prossime ore. Una abbondante colazione insieme ad Olga, alla sorella Olesya, al nipote Matvey e al cane Archie ci permette di congedarci con calma dalla famiglia russa di Guido.

Alle 6.30 dell’ora locale siamo in marcia e dopo aver salutato lo storico cippo chilometrico vicino a casa che segna le distanze stradali lungo il Sibirsky Trakt tra Mosca e Pechino, imbocchiamo la via che va verso la Siberia. Attraversiamo la parte più rurale della repubblica del Tatarstan, parte integrante della Federazione Russa, e da subito si comprende come fuori da Kazan la popolazione tatara, e quindi musulmana, sia netta maggioranza. Lo si percepisce bene dal quantitativo di moschee presenti in ogni paesino attraversato. Ad Arsk avviene un curioso incidente, visto che si stacca uno dei tergicristalli anteriori. Ci fermiamo per cercare il pezzo a bordo strada senza accorgerci che era rimasto incastrato nell’alettone posteriore dell’Hilux. Una volta rimesso al suo posto il pezzo, il nostro viaggio prosegue. Abbiamo scelto di non percorrere la strada del 2008, la M-7 che attraverso la Baschiria e la relativa capitale Ufa conduce verso i Monti Urali. Avendo a disposizione un veicolo adatto, decidiamo di percorrere le più avventurose strade dell’oblast di Kirov e della Repubblica di Udmurtia. Non ci aspettavamo, a dire il vero, di trovare chilometri e chilometri in terra battuta, e addirittura un ponte di barche a pagamento per attraversare il fiume Vjatka. Di certo se avessimo avuto una normale utilitaria qualche problemino di transito lo avremmo avuto! Ci impressionano alcuni paesini che attraversiamo in mezzo al nulla, se non qualche casa in legno, piccoli negozi e come unico presidio statale l’ufficio postale. Con il passaggio da Kirov all’Udmurtia migliora anche il fondo stradale e aumenta il numero di chilometri percorribili in un’ora, che in ogni caso non sono mai più di 80-90, visti i posti di blocco della polizia su ogni strada.

Nel Krai di Perm, quarto soggetto federale toccato nella giornata di oggi, addirittura troviamo tratti di autostrada. Nel corso di questa lunga giornata abbiamo anche viaggiato nel tempo, visto che nel giro di pochi chilometri abbiamo fatto un salto avanti di due ore di fuso orario portandoci a +2 su Mosca e +3 sull’Italia. L’obiettivo di giornata è arrivare sui monti Urali, rimanendo nel lato europeo per poter attraversare il confine continentale nella mattinata di domani. Per questo decidiamo di fermarci a Kungur, ridente paese alle falde della catena montuosa e ricco di aspetti interessanti. Il nostro arrivo coincide con una festa in piazza dedicata alle mongolfiere, evento al quale partecipano numerose persone. A Kungur prendiamo possesso di una camera nel centralissimo Hotel Iren, che prende il nome da uno dei due fiumi che attraversano la città e che dispone di camere pulite ed economiche. Nell’apprezzare le cose interessanti di questa cittadina ci scordiamo le due ore di fuso orario che abbiamo guadagnato e rischiamo seriamente di non riuscire a cenare. Fortunatamente troviamo un locale che sforando un po’ sull’orario di chiusura ci permette di non andare verso l’albergo a pancia vuota. Gli ultimi minuti prima del sonno sono dedicati ad una rapida passeggiata nel lungofiume cittadino.

Come è cambiato il mondo in 10 anni?

– Rispetto a dieci anni fa è possibile scegliere tra due itinerari per raggiungere Ekaterinburg da Kazan. Il completamento del ponte di barche sul fiume Vjatka permette di avere una valida alternativa al più lungo itinerario che passa da Ufa.

– Tra Perm e Ekaterimburg è in costruzione una bella autostrada che metterà in comunicazione più facilmente Europa e Asia.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale.

Giorno 19 – La vigilia della grande ripartenza

4 luglio 2018 – Kazan (km 48) – Tot. 5.397

Ultimo giorno con sveglia tranquilla, visto che da domani comincerà l’avventura siberiana che sarà inaugurata dalla prima di una lunga serie di levatacce. Dopo aver svolto varie commissioni Guido e Olga recuperano Emanuele e Marina nel centro della città. Segue un giro turistico della sponda sinistra del fiume Kazanka, la zona moderna dove sorgono tutti i complessi sportivi: la fan zone del mondiale nei pressi della “tazza” gigante chiamata Centro della Famiglia dove la gente del posto si sposa; lo stadio del ghiaccio dove giocano le partite casalinghe i detentori della Coppa Gagarin di hoceky, gli Ak Bars Kazan; la grande piscina dove si svolsero i campionati mondiali di nuoto nel 2015. Conclude il tour lo stadio Kazan Arena dove si disputerà ancora una partita del mondiale di calcio, il quarto di finale Brasile-Belgio.

Dopo una sosta presso la casina di Via dei Cosmonauti ci dedichiamo al pranzo in un fast food molto popolare a Kazan, il mitico Tat-Mak. Il nome richiama la nota catena americana che vende hamburger, ma qui il piatto forte sono delle pizzette tartare in versione aperta o chiusa tipo il nostro calzone. I Tat-Mak in giro per Kazan sono più di dieci e il cibo proposto è molto popolare oltre che essere decisamente economico. La funzione di riempire lo stomaco le pietanze del Tat-Mak la assolvono completamente. A questo punto le strade dell’equipaggio si separano con Guido e Olga impegnati nelle attività tipiche di chi aspetta l’arrivo di un figlio ed Emanuele e Marina in giro a vivere le meraviglie turistiche della città: dapprima nel bellissimo Cremlino, con, tra l’altro, la moschea Kul Sharif, la cattedrale ortodossa dell’Annunciazione, la curiosa torre pendente di Sjujumbike, legata a un’affascinante leggenda, la residenza del Presidente della Repubblica del Tatarstan; quindi nel piacevole e molto curato lungo-Kazanka, per poi risalire verso il centro città incontrando ben due statue di Lenin, una tradizionale come in tutte le città ex-sovietiche, l’altra particolare perché ritrae Vladimir Ul’janov giovanissimo, quando era studente della locale università.

In serata c’è tempo per il rifornimento di metano nella nuova stazione Gazprom appena inaugurata nel quartiere Azino e per un ultimo controllino alla macchina con l’aiuto dell’ormai indispensabile Farid. Di nuovo i dipendenti Gazprom ci accolgono con simpatia vista la particolarità del nostro progetto. Interessante rilevare che anche in questa stazione di metano tatara è possibile rifornire usando l’attacco europeo Ngv-1 e non solo quello russo.

Prima dell’ultima cena tatara ci dedichiamo anche ad una nuova “comparsata” radiofonica in diretta su Radio 2 in cui aggiorniamo sul nostro viaggio gli ascoltatori della storica trasmissione “Caterpillar”, che ci aveva già ospitato alla vigilia della partenza.

La serata si conclude con un’ottima cena a sette in Via dei Cosmonauti. Oltre Guido, Olga, Emanuele, Marina, ci sono la sorella di Olga, Olesia, suo figlio Matvey e il cane “carlino” Archie. La carne cucinata da Olga viene bagnata con un ottimo vino 43° delle Tenute Silvio Nardi. Curioso che il numero 43 rappresenti la latitudine del vigneto di Montepulciano oltre a quella approssimativa di Sansepolcro. Kazan, invece, si trova a circa 55°, come la gran parte della strada che percorreremo nei prossimi giorni.

Come è cambiato il mondo in 10 anni?

Nonostante nel 2008 viaggiassimo con un veicolo a gpl, tenevamo d’occhio le stazioni di metano presenti in Russia: allora a Kazan c’erano 3 stazioni di rifornimento per il gas naturale, oggi 4. In tutto il resto del Tatarstan il numero di stazioni di metano è raddoppiato, e ciò rende questa realtà la zona dove sono presenti più punti di rifornimento in tutta la Russia.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Olga Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale.