San Marino-Vaticano, quarti assoluti Guerrini-Barciulli del team Imega International

Auto ecologiche, prestigioso podio per Errevutì (Olivoni-Calchetti) nella categoria Press

Si è conclusa nella mattinata di domenica la nona edizione dell’EcoRally San Marino – Città del Vaticano, seconda tappa del Campionato del Mondo per auto ad energia alternativa organizzato dalla Federazione Automobilistica Internazionale. La gara, nel congiungere i due piccoli Stati, ha attraversato il centro Italia e, a cavallo del riordino di sabato ad Arezzo, ha solcato anche i comuni valtiberini di Badia Tedalda, Pieve Santo Stefano, Caprese Michelangelo e Monterchi.
La gara è stata vinta dal fortissimo Massimo Zanasi, coadiuvato da Giuseppe Scalora, su Fiat Multipla alimentata a metano. Il duo della scuderia Modena Historica, con una importante rimonta finale, ha sopravanzato di appena 4 centesimi di secondo il campione del mondo in carica Massimo Liverani, che con Valeria Strada difendeva i colori della Ecomotori Racing Team a bordo di una 500 Abarth a metano e bioetanolo. Terzo gradino del podio per l’altra 500 Abarth di Ecomotori, stavolta a gpl, della coppia Ventura-Porta. Quarto posto per i biturgensi Guido Guerrini ed Isabelle Barciulli (team Imega) su Alfa Romeo Mito a gpl, davanti all’analogo veicolo dei piemontesi Viganò-Fovana del Team RaceBioConcept. Schiacciante quindi la supremazia degli equipaggi italiani, che hanno lasciato ai margini della zona punti tutti i team stranieri.
Nella due giorni di gare si è svolto anche il 6° EcoRally Press, riservato alle testate giornalistiche: la categoria, che negli anni è diventata particolarmente prestigiosa nel settore delle energie alternative, ha visto la partecipazione delle principale testate nazionali, ed il podio ha riservato una piacevole sorpresa: alle spalle degli equipaggi del portale Ecomotori e de La Repubblica, infatti, si è piazzato il team di Radio Valtiberina (Errevutì), composto da Francesca Olivoni ed Emanuele Calchetti (nella foto durante la premiazione), su Nissan Micra con impianto a gpl Imega: “Per la verità abbiamo dovuto combattere per tutta la gara con una discreta serie di problemi agli strumenti di misurazione”, ha evidenziato il navigatore biturgense, “ma sono cose che in questo sport possono capitare e certo non possiamo lamentarci di un risultato sorprendente e soddisfacente, che colloca una realtà della Valtiberina subito alle spalle di testate che non hanno bisogno di presentazioni”.
Felice anche la pilota dell’inedito equipaggio, che ha ottenuto il miglior risultato in assoluto per un’auto guidata da una donna: “Due giorni fatti di 25 prove di regolarità e quattro speciali a media imposta sono certamente impegnativi, ma il buon risultato ripaga abbondantemente della fatica e ci rende orgogliosi di portare in alto il nome della nostra valle”, ha detto la driver di Pieve Santo Stefano.
Tornando alla graduatoria valida per il mondiale FIA, Guido Guerrini vede segnali incoraggianti nella gara sammarinese: “Siamo finiti fuori dal podio per un niente, al termine di una gara in cui i primi cinque equipaggi si sono affrontati alla pari e ciascuno avrebbe potuto vincere. Segno”, conclude il pilota toscano, “che siamo assolutamente competitivi e in grado di giocarci le primissime posizioni con i più forti equipaggi del circus mondiale”.
Isabelle Barciulli, che già l’anno scorso riuscì ad andare a punti sia come pilota che come pilota, conferma la propria poliedricità e aumenta di 10 lunghezze il proprio bottino iridato: “Merito della scuderia Imega”, spiega la biturgense, “che negli anni ha saputo formare in Valtiberina un significativo numero di piloti e copiloti in grado di competere su alti livelli in entrambe le specializzazioni, permettendo di adeguarsi di volta in volta alle esigenze della squadra”.

In Valtiberina il mondiale Fia Energie Alternative

Per la prima volta al via ben tre equipaggi della provincia di Arezzo.

Le strade della Valtiberina ospiteranno la prima parte della nona edizione dell’Ecorally San Marino-Città del Vaticano, che si svolgerà il prossimo fine settimana. Nella tappa iniziale, che prenderà il via dalla repubblica del Titano la mattina di sabato 10 maggio, si attraverseranno infatti i comuni di Badia Tedalda, Pieve Santo Stefano, Chiusi della Verna, Subbiano, Arezzo e Monterchi, prima di proseguire verso l’Umbria. È prevista un prova speciale sulla salita del Valico dello Spino, mentre in Piazza Grande ad Arezzo ci sarà una sosta di mezz’ora. La prima giornata si concluderà poi ad Attigliano. La tappa domenicale vedrà l’arrivo in Piazza San Pietro in occasione dell’Angelus di Papa Francesco.
La tradizionale gara sammarinese in passato si svolgeva nel mese di ottobre e concludeva il Campionato Mondiale Energie Alternative organizzato della Fia, la Federazione Automobilistica Internazionale. Adesso il “San Marino” è diventato la seconda prova della stagione, preceduto solamente dal Rally di Montecarlo. Al via per il sesto anno consecutivo la Scuderia Imega International, che come al solito presenterà due equipaggi. A bordo dell’Alfa Romeo Mito Gpl vicecampione del mondo (attrezzata con l’innovativo impianto Imega Game) Guido Guerrini ed Isabelle Barciulli, mentre l’altro equipaggio valtiberino vedrà Francesca Olivoni in veste di pilota al fianco di Emanuele Calchetti su Nissan Micra Gpl che al marchio Imega vede affiancarsi Errevutì (Radio Val Tiberina) come media partner.
Dalla Valdichiana arriva il terzo emergente equipaggio della provincia di Arezzo. Supportati da Valdichiana Oggi esordiscono in questa disciplina sportiva i promettenti Michele Lupetti ed Erica Rampini. Il primo è pilota nonché direttore della testata cortonese, la seconda è navigatrice oltre che nota assessore del Comune di Monte San Savino.
“Presentarsi al via del sesto mondiale consecutivo è già di per se una scommessa vinta” esordisce Guido Guerrini nella conferenza stampa, tenutasi presso la sede di Imega International a Sansepolcro. Per il pilota 38enne “l’obiettivo della stagione è ben figurare in un mondiale che appare ancora più difficile del previsto, dato l’aumento del numero e della bravura dei nostri avversari”. Torna a navigare Isabelle Barciulli, che in passato è stata in grado di collezionare punti sia come pilota (prima tra le donne sia nel 2012 che nel 2013) che come copilota (seconda al Rally di Bulgaria 2013). Isabelle si sofferma sul fatto che “ormai anche la Formula Uno, che da quest’anno ha scelto di puntare sul risparmio di carburante e sul recupero di energia, guarda sempre con maggiore attenzione alla nostra categoria, dove da anni si sperimenta questo tipo di tecnologie”.
Vicecampione mondiale copiloti nel 2013 è Francesca Olivoni, che tornerà a cimentarsi con la guida. “Per il nostro team la versatilità tra i due ruoli è fondamentale e permette di arricchire la propria esperienza di gara e di essere in grado di usare le proprie capacità di volta in volta in base alle scelte più utili per la squadra”, afferma la pievana ormai stabilmente trapiantata a Milano.
L’unico che in questi anni ha portato in Valtiberina un titolo mondiale è Emanuele Calchetti, che nel 2012 ottenne il prestigioso titolo di miglior copilota. Gli impegni all’estero lo terranno lontano dalle gare anche in questa stagione, ma tuttavia il 33enne spiega che “al San Marino non si può mancare: è una delle gare più avvincenti, ed è sempre bello correre nelle strade di casa”.
Chiude la conferenza stampa Patrizio Boncompagni, patron di Imega International, che sottolinea che “da quando questo impegno è cominciato nel lontano 2009, tutti gli anni sono arrivati in Valtiberina risultati sorprendenti”, e che allo stesso tempo “Imega ha dimostrato l’affidabilità dei propri impianti e ha contribuito a formare piloti e copiloti molti dei quali hanno primeggiato nei campionati nazionali e mondiali”.

VIDEO: Da Sansepolcro a Volgograd, un’avventura in dual fuel

È online una breve clip che ripercorre il viaggio compiuto dai membri dell’Associazione Torino-Pechino nel dicembre 2013 da Sansepolcro a Volgograd a bordo di un Iveco Daily dual fuel diesel-metano. Nelle immagini la lunga traversata dell’Europa orientale e l’incontro con i volontari dell’Associazione Giovanni XXIII in Russia.

7.507 chilometri, 24 giorni, 13 confini, 3 fusi orari, 2 bombe, una rivoluzione, un capodanno

Perfettamente riuscito l’esperimento di attraversare l’Europa d’inverno con un impianto dual fuel alimentato con metano e gasolio installato sull’Iveco Daily della Piccini Impianti.

Partito (in tre) lo scorso 13 dicembre e rientrato (in due) il giorno prima dell’Epifania, l’equipaggio valtiberino composto da Guido Guerrini, Giacomo Benedetti ed Emanuele Calchetti può finalmente stilare il bilancio della propria avventura, fortemente caratterizzata da eventi sociopolitici e attentati terroristici.
“Diventare testimoni delle bombe di Volgograd e della rivoluzione di Kiev non era nel programma di questo viaggio”, afferma ad inizio conferenza stampa il pievano Giacomo Benedetti, “ma senza dubbio ciò ha caricato di ulteriori forti emozioni questa esperienza che dovrà essere ricordata per i due motivi principali della nostra avventura: gli aiuti alla Comunità Giovanni XIII della città russa e il test drive sul veicolo ecologico messo a disposizione dalla Piccini Impianti”.
Proprio per portare un carico di vestiti invernali raccolti in Valtiberina e per consegnare vettovaglie in occasione delle festività natalizie era nato il progetto di questo viaggio invernale dell’Associazione Torino-Pechino che da anni si occupa si sostenere le realtà sociali incontrate nel corso dei propri viaggi. La meta era Volgograd, dove da anni opera la Comunità Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi. “Grazie alla collaborazione con Piccini Impianti si è potuto allestire il furgone dove abbiamo caricato i materiali consegnati lo scorso 19 dicembre; allo stesso modo abbiamo potuto testare positivamente il risparmio energetico ed economico e il minor impatto ambientale del nuovo impianto dual fuel commercializzato da Landi Renzo e Piccini Impianti, dimostrando l’affidabilità anche a temperature difficili come nell’inverno russo”. Sono queste le parole di Guido Guerrini, che evidenzia la propria “soddisfazione per essere riusciti a rifornire di metano il nostro veicolo anche in luoghi remoti come l’interno dell’Ucraina e la steppa del Kuban in Russia”.
Guerrini e Benedetti, dopo aver trascorso un piacevole capodanno a Odessa, hanno fatto ritorno alla loro case, mentre Emanuele Calchetti si tratterrà in terra russa dove proseguirà “sul campo” la collaborazione con l’associazione che localmente si occupa di assistenza ai senza tetto. “Non ho mai pensato di lasciare la Volgograd nonostante il clima che si è creato all’indomani degli attentati: ogni problema, anche il peggiore, può essere affrontato prendendo maggiori precauzioni e cercando di evitare rischi inutili, come stanno facendo gli oltre un milione di abitanti di questa città”, aveva detto all’indomani dei giorni più difficili Emanuele Calchetti.
Soddisfazione sia in casa Piccini Impianti sia per l’Associazione Torino-Pechino, visto che tutti gli obiettivi prefissati di questo viaggio sono stati raggiunti. Gli aiuti sono arrivati a destinazione, il veicolo e il sistema di alimentazione dual fuel che miscela gasolio e metano ha raggiunto dati di consumo assolutamente soddisfacenti, mentre ancora una volta il “Generale Inverno” è stato sconfitto dai prudenti guidatori dell’Associazione Torino-Pechino, che stabiliscono anche il piccolo record di essersi riusciti a rifornire di metano nonostante nei paesi attraversati esistessero ben tre tipologie diverse di aggancio al rifornimento del più pulito tra i combustibili ecologici.
Un ringraziamento particolare è stato rivolto dall’equipaggio a tutti coloro che hanno messo a disposizione i capi di abbigliamento portati in dono, ed in particolare a Bma di Marcello Brizzi ed “Io vivo in Toscana” di Nicola Cestelli, oltre che a Piccini Impianti e Galardini Gomme per l’allestimento del veicolo.

 

Ritorno da Volgograd – Giorno 7

L’ultimo giorno di viaggio!

Prima degli ultimi mille chilometri che ci riporteranno a casa decidiamo di goderci una rilassante serata in quella grande capitale europea che è Belgrado. La città serba è uno dei posti che meglio conosciamo, e lì abbiamo molti amici. Solo nell’anno appena trascorso, i vari membri dell’associazione Torino-Pechino hanno avuto modo di passare giorni a Belgrado almeno tre volte tra gare del Campionato Mondiale ad Energie Alternative, censimento dei distributori a metano svolto per Ecomotori.net o esclusivamente per vacanze presso i nostri amici. La vitalità artistica, storica, culturale e in particolar modo musicale di questa città di circa due milioni di abitanti la rende centro di numerosi eventi che attirano visitatori. Fortunatamente i tempi delle problematiche con le altre repubbliche ex jugoslave sembrano essersi allontanati, facilitando il ritorno di Belgrado ad un ruolo centrale nello scacchiere balcanico ed internazionale.

Anche la Serbia è un paese ortodosso, di conseguenza il brulicare di persone in giro per il centro cittadino è dovuto anche agli ultimi acquisti di regali di Natale. Il clima è fortemente natalizio e non manca nei pressi di Piazza Repubblica un grande contenitore dove i più giovani mettono regali per i bambini del Kosovo. Dopo una buona birra serba guardando il passeggio cittadino, scendiamo al quartiere di Skadarlija, dove ceneremo in un ristorante tipico. Con questa definizione intendiamo piatti serbi, vini locali, l’immancabile rakjia, il tutto condito dall’inseparabile scia di musicisti che ti seguono eseguendo le tipiche musiche balcaniche. Sembra di essere in un film di Kusturica con le consuete musiche di Goran Bregovic. Proprio alle “Tri Sesire” (Tre Cappelli) ci incontriamo con i nostri amici di Belgrado: Jovanka, Milica e Lenko. Racconti del nostro viaggio e aggiornamenti sul natale in Serbia accompagnano i nostri numerosi brindisi. Nonostante il fatto che domani sarà ancora una lunga giornata, la tensione del viaggio dei giorni precedenti è ormai lontana. Il peggio è passato, conosciamo le strade, le frontiere, i distributori di metano lungo il tragitto di ritorno. La serata si conclude nel classico modo “belgradese”, ovvero in un locale letteralmente inventato dentro un palazzo del centro. Uno di quei luoghi raggiungibili solo se sei con persone del posto, visto che fino al varcare la soglia della porta sembra di essere in un tranquillo condominio! Anche qui ci sono altri amici tra cui una coppia che fino a poco tempo fa viveva in Italia, esattamente a Trento. In perfetto italiano ci raccontano che pure loro hanno lasciato l’Italia, diretti in Canada, e che le condizioni di vita nel Belpaese non sono più in grado di attrarre stranieri… Il fascino di questa città è, come già accennato, dato dalla incredibile vitalità dei suoi abitanti che sanno sempre come e dove fare festa. Concetto ancora più valido se si considera che siamo sotto le vacanze natalizie.

Da notare il curioso episodio che vede Giacomo fermato dalla locale polizia ed identificato poiché camminando ha accarezzato, in modo involontario, un veicolo blindato dei tutori dell’ordine. Ovviamente tutto si conclude senza conseguenze. Il taxi ci riporta in albergo per le poche ore di sonno che restano.

La colazione retrò della nostra vecchia “casa dei lavoratori jugoslavi per l’educazione” ci fa iniziare in modo poco leggero la giornata. Caricate le valige e lasciato il centro di Belgrado ci trasferiamo a Novi Beograd, presso la nuova abitazione di Milica, dove prima dei recenti lavori di restauro Guido aveva avuto il piacere di alloggiare, visto che i rapporti con la famiglia di Milica vedono legami tra Sansepolcro e Belgrado da almeno due generazioni. Spuntino per il pranzo e ultimi saluti ad altri amici e al gatto Tafi, quest’ultimo in procinto di trasferirsi a Novi Sad. La giornata è decisamente calda, e quando lasciamo Belgrado ci sono ben 14 gradi.

Dopo appena cento chilometri, alla dogana tra Serbia e Croazia abbiamo il primo problema del lungo viaggio. Gli zelanti doganieri serbi, per motivi a noi non comprensibili, forse infastiditi dalle centinaia di auto turche di ritorno verso la Germania e che intasano dogana e autostrada, ci spediscono a fare la fila doganale con i tir. Non capiamo la cosa, visto che in tutto i confini precedenti, fuori e dentro l’Unione Europea, abbiamo fatto tutte le operazione con le auto, viaggiando su un veicolo sotto le 3,5 tonnellate. Dopo una lunga e noiosa attesa passiamo il confine senza alcun problema, dato che il Daily è vuoto e non trasporta nulla di controllabile.

I trecento chilometri di autostrada croata scorrono velocemente mentre sfruttiamo le ultime ore di luce e di bel tempo. Tentiamo vagamente il rifornimento di metano nel centro di Zagabria, fallendo a causa dell’orario di chiusura pomeridiano di una delle due stazioni di metano della Croazia. Pochi minuti e si arriva al vicino confine sloveno, ancora presente nonostante la Croazia sia entrata nel luglio scorso nell’Unione Europea. I controlli sono fatti congiuntamente e si perde del tempo solo per la lunga fila “turca”.

Per percorrere l’autostrada slovena, come molti sanno, è necessario procurarsi la vignetta di transito per un periodo minimo di una settimana. A questo punto è giusto raccontare come in Austria, in Ungheria, in Romania, in Serbia e in Croazia, ovvero i paesi dove abbiamo pagato i pedaggi autostradali o le vignette stradali, il nostro veicolo era assimilato alle auto o pagava circa il 25% in più nei singoli pedaggi. In Slovenia un veicolo come il nostro per attraversare i meno di 200 chilometri di strada in circa due ore paga ben 40 euro, contro i 15 di una normale auto. Ne fossimo stati certi prima di arrivare al confine, e se non fosse stato decisamente tardi, probabilmente da Zagabria saremmo scesi a Rijeka e da lì a Trieste, boicottando le autostrade slovene! Grazie al collegamento Rijeka (Fiume)-Zagabria è possibile evitare l’autostrada in Slovenia se dall’Italia si va verso Zagabria e Belgrado, mentre se si deve andare a Budapest basta seguire la strada austriaca e dopo Graz piegare verso est. Da 30 a 60 minuti di viaggio in più, ma con la soddisfazione di sfuggire ad un latrocinio!

Dopo 23 giorni di viaggio incontriamo per la prima volta la pioggia, che ci fa una poco piacevole compagnia anche al rifornimento di metano di Lubiana. Gli ultimi chilometri che ci portano fino al confine italiano sono battuti da un vento fortissimo che rende pericolosa la guida in più occasioni. Si risolve tutto rallentando la velocità. Nonostante siano ormai le 22 non ci rassegniamo ad un panino. La voglia di sapori italici si concretizzerà come sempre nella Trattoria Pola ad Ontagnano di Gonars, dove senza problemi di orario ci servono un ottimo piatto di affettati e delle casarecce tagliatelle al ragù. Da ormai diversi anni questo simpatico paesino in provincia di Udine diventa la nostra stazione di “decompressione” dal ritorno di ogni viaggio. Sempre a Gonars di chiude il cerchio che abbiamo tracciato nella nostra cartina, visto che proprio al bivio della A23 nei pressi di Palmanova l’itinerario stradale di andata si era separato da quello di ritorno.

Le note di Radio Birikina accompagnano le strade venete fino al metano autostradale nei pressi dell’attraversamento del Po. Sarà questo l’ultimo rifornimento del viaggio. La stanchezza è tale che prende la guida del Daily anche Giacomo, nonostante la sua patente sia dispersa nella terra di Odessa. e da quel momento per evitare discussioni con le polizie europee non abbia più guidato.

Alle ore 4, dopo che la parte pievana della nostra squadra è sbarcata in località Selvella e che Guido e il Daily sono arrivati a Sansepolcro, si fermano le ruote dell’affidabile veicolo. Il contachilometri segna quota 7.507, e nei prossimi giorni saremmo in grado di comunicare anche i dati esatti sui consumi, che al momento appaiono più che confortanti.

Un ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile questa avventura, a chi ci ha sostenuto ogni giorno e in particolare modo durante i concitati momenti degli attentati a Volgograd. Per noi tutti è stato un Natale molto diverso dalle nostre abitudini, ma grazie alla vicinanza di molti lettori dei nostri diari ci è sembrato di avere attorno una grande famiglia ben distribuita tra Italia, Russia, Ucraina e tutti i paesi attraversati.

Ritorno da Volgograd – Giorno 6

Primavera a Belgrado

Il penultimo giorno di viaggio regala sole e alte temperature fin dal primo mattino. Al metano di Belgrado stupore per un veicolo alimentato anche a gasolio.

Per la prima volta ci svegliamo in un Paese che ha lo stesso fuso orario dell’Italia. Dalla finestra dell’unico albergo aperto, in questo periodo, a Kladovo vediamo le lunghe chiatte danubiane andare verso le chiuse della diga delle Porte di Ferro. Un salto di 35 metri e potranno proseguire fino ad oltre Belgrado. Dopo una colazione decisamente continentale lasciamo la città e cominciamo anche noi la lunga e lenta risalita del fiume. Non perdiamo mai d’occhio la strada gemella che passa sull’altra sponda, dove sventola un’altra bandiera e vige un altra ora. Chissà che cosa curiosa quando a capodanno dalle case serbe hanno visto i fuochi rumeni saltare con un’ora di anticipo e viceversa dai villaggi della Romania avranno ammirato il capodanno ritardatario dei serbi. Visti i tranquilli controlli tra le due dogane, potevamo vagliare la possibilità di fare due capodanni alternativi.

Risalire il fiume in queste strette gole è davvero impressionante, non sembra possibile che fino a quaranta anni fa, prima che il livello dell’acqua salisse, in questa parte di fiume ci fossero rapide, scogli che affioravano e una duemillenaria strada romana costruita ai tempi di Traiano. Proprio la “Tavola Traiana” è una antica iscrizione che ci piacerebbe ammirare, scampata all’innalzamento delle acque poiché spostata più in alto. Nessun cartello indica dove si trovi e come fare a raggiungerla, di conseguenza siamo costretti ad accontentarci del faccione del capo dei Traci Decebalo scolpito in una roccia della sponda rumena. Proprio Decebalo fu colui che fece dannare i romani durante la conquista della Tracia.

Tra stretti canyon, tornanti e galleria nella roccia la strada e il fiume proseguono il loro percorso. Notiamo la presenza di cartelli per eventuali turisti in bici. Buona l’idea, peccato che rischierebbero la vita ad ogni curva e galleria percorrendo la nostra stessa strada. Presenti lungo le strade dei piccoli paesi che si affacciano nel Danubio anche numerosi affittacamere. Molti di questi paesini si sono spostati più in alto a causa dell’allagamento del precedente nucleo abitato. Tra tutti i luoghi scomparsi dalla carta geografica merita una citazione l’Isola di Ada Kaleh, pezzo di terra fortificato che sorgeva nei pressi di Orsova. Per lunghi anni era stata una enclave ottomana circondata dall’impero austroungarico, un porto franco che la rendeva zona di grande interesse.

Nei pressi del paesino di Golubac lasciamo l’argine del Danubio per spostarci rapidamente su Belgrado attraverso l’autostrada. Piccolo spuntino a base di pljeskavica nel quartiere di Konjarnik all’ombra dei tre grandi palazzoni che costituiscono la moderna porta orientale della città. Resteremo a Belgrado solo una sera e per facilitare la ripartenza del giorno successivo provvediamo a rifornire di metano e di gasolio il nostro Iveco Daily. Di puro stupore la reazione dei dipendenti della stazione di rifornimento di Novi Beograd quando dopo il pieno di metano hanno capito che volevamo mettere anche il gasolio. Hanno cercato di convincerci che non era possibile andare a metano e gasolio! Alla fine gli abbiamo fatto capire che esiste anche questa nuova possibilità ed hanno voluto fare la foto con il nostro furgone.

Finiti i compiti ci dirigiamo presso il piccolo Hotel Dom, già di nostra conoscenza, dove ci apprestiamo a vivere l’ultima giornata di sosta del nostro lungo viaggio! L’ultimo racconto, da Belgrado alla Valtiberina verrà postato al termine della nostra avventura!!!

Ritorno da Volgograd – Giorno 5

A Dracula non piace il metano!
Completato l’attraversamento della Romania senza rifornimenti ecologici.

Dopo un’indispensabile dormita nella tranquilla città di Galati, nell’Est rumeno, ci attiviamo per sbrigare le pratiche burocratiche indispensabili per attraversare regolarmente tale stato. Ci aggiriamo nel quartiere del nostro hotel in cerca di una banca o un cambiavalute, ma incredibilmente troviamo tutto chiuso, perché in Romania sia il primo gennaio che il secondo giorno dell’anno sono festivi. L’amara scoperta ci complica la vita visto che per recuperare dei Lei rumeni dobbiamo chiedere aiuto alla gentilissima “portiera” dell’albergo. Ora che siamo pieni di valuta rumena, l’unica in Europa ad essere plastifica ed antistrappo, paghiamo i sei euro di tassa stradale e ci incamminiamo per la lunga giornata che ci vedrà attraversare da est ad ovest la Romania.
Sotto le ruote del nostro Iveco Daily passano i chilometri e le città di Braila e Slobozia fino all’autostrada che collega la riviera del Mar Nero alla capitale Bucarest. C’è da dire che negli ultimi anni la nazione rumena ha fatto grandi progressi riguardo alla manutenzione delle strade. La piccola tassa stradale, per una volta, l’abbiamo pagata volentieri. L’asfalto è in buone condizioni, l’unica attenzione è rivolta ai carretti trainati da animali che sono onnipresenti e ai cani randagi che attraversano la strada sia in paese che in aperta campagna.
Poco prima di Bucarest terminiamo il metano caricato ad Odessa. Purtroppo non esiste la possibilità di rifornirsi in Romania, unico stato balcanico a non avere distributori di metano (contrariamente al gpl, presente lungo tutte le arterie principali al prezzo di circa 70 centesimi di euro). Non è comprensibile perché nella vicina Bulgaria ci siano centinaia di stazioni di rifornimento, in Serbia una decina, tre in Ungheria, numerose in Moldavia ed Ucraina, mentre qui non esista traccia del metano. A causa di questa mancanza saremo costretti a proseguire fino a Belgrado, circa seicento chilometri, utilizzando solo il gasolio. In ogni caso sarà un test sui consumi interessante visto che cercheremo di procedere con una guida finalizzata al massimo risparmio.
Come al solito, invece che girare intorno alla capitale rumena, decidiamo di attraversarla da parte a parte con due soste. La prima è nei pressi dello Stadio Nazionale dove vive la nostra carissima amica Viorica che, vista l’ora, ci offre un ottimo pranzetto. Viorica è una nostra antica conoscenza e grande amante dell’Italia che ha visitato più volte. Ci tratteniamo oltre un’ora apprezzando ancora una volta la sua grande gentilezza, visto che per l’ennesima volta ci offre la sua ospitalità. Viorica è sempre stata un importante appoggio logistico per la riuscita delle nostre avventure.
La seconda sosta è subito dopo la ripartenza, nei pressi del grande palazzone che oggi ospita il Parlamento rumeno. Il nome originale è “Casa Poporului” e fu costruito nell’epoca comunista come tutto il quartiere circostante; attualmente è la struttura più grande d’Europa, seconda al mondo solo al Pentagono. Mentre facciamo le foto di rito molti operai stanno smontando il palco della festa di capodanno. Non è la prima volta che incontriamo il palazzo che molti legano alla figura di Nicolai Ceausescu, ma in ogni occasione non si può non rimanere stupiti della imponenza del manufatto.
Secondo Wikipedia misura 270 metri per 240, è alto 86 metri e affonda per altri 92 nel sottosuolo della collina che lo ospita.
Sempre con facilità lasciamo Bucarest proseguendo verso Pitesti, con ulteriori cento chilometri di ottima autostrada. A Pitesti, città che ospita la storica fabbrica della casa automobilistica Dacia, oggi di proprietà della Renault, termina l’autostrada per lasciare spazio ad una statale che ci conduce verso Craiova. Nel frattempo scende l’oscurità e come al solito la parte terminale della giornata è maggiormente difficoltosa. Raggiungiamo di nuovo il Danubio, stavolta al limite occidentale della Romania nei pressi di Dobreta Turnu Severin. A monte della grande città rumena sorge la grande diga delle Porte di Ferro, struttura costruita negli anni ’70 dalle autorità jugoslave e rumene laddove il grande fiume fa da confine. A monte della diga il Danubio è cresciuto di 35 metri diventando navigabile fino oltre Belgrado, mentre a valle le grandi turbine producono energia idroelettrica per entrambi gli stati. Proprio tra la città rumena di Dobreta Turnu Severin e quella serba di Kladovo sorgeva il Ponte di Traiano, capolavoro militare costruito dal progettista Apollodoro di Damasco. La struttura servì per invadere la Tracia e ancora oggi sono visibili i pilastri nei pressi delle due sponde.
Tuttora non è chiaro come le tecniche di costruzione dell’epoca abbiano permesso ai romani di compiere questo miracolo architettonico.
L’ultima fatica della giornata è attraversare la dogana rumeno-serba situata sopra la diga che funge anche da ponte sul Danubio. Neppure dieci minuti di controlli da parte delle due polizie e possiamo rimettere le lancette dell’orologio sull’ora italiana. Decidiamo di alloggiare a Kladovo nell’unico albergo aperto in questa stagione poco turistica. Vicino al parcheggio dell’hotel notiamo la spiaggia e gli ombrelloni, segno di come durante la stagione calda Kladovo diventi una località balneare.
Piccola ma ricca di locali, la strategica città serba, che riesce a deliziarci con un menù di carne ad ottimo prezzo e birre montenegrine decisamente gustose.
C’è da registrare che nella giornata di oggi il termometro non è mai sceso sotto lo zero e che non abbiamo incontrato neppure uno schizzo di neve o di ghiaccio. Non sembra neppure inverno!

Ritorno da Volgograd – Giorni 3 e 4

Due giorni lunghi come due anni
Dal capodanno ad Odessa alle lunghe file doganali in Bessarabia

L’ultimo giorno dell’anno è all’insegna del riposo e del sano turismo in una città ben diversa dalle altre che abbiamo incontrato nel resto del viaggio. Odessa fu fondata da Caterina la Grande come porto del sud del suo Impero nei primi anni dell’800, dopodiché la città vive una grande espansione e una crescita architettonica che la fanno una delle più belle città dell’ex Urss. Stile neoclassico, colori pastello, verdi parchi, belvedere sul Mar Nero e il suo monumento più famoso: la Scalinata Potemkin, che fece da cornice  alla storica scena del film di Ejzenstein “La Corazzata Potemkin”, in Italia noto anche per un episodio di fantozziana memoria. La scala collega il centro cittadino al porto della città. Una delle curiosità della sua progettazione è che dall’alto non si percepisce la presenza degli scalini mentre osservandola dal basso spariscono i marciapiedi tra le varie rampe di scale. Inoltre, nonostante alla base la larghezza della scalinata sia quasi il doppio della parte più in alto, chi osserva da lontano ha l’impressione che non si restringa, ma anzi, che rimanga sempre uguale.
Parte del nostro pellegrinaggio in città è dedicato alla scelta di cosa fare nella serata di fine anno, che ricordiamo essere una festa enorme in questi paesi poiché è pure il giorno in cui Ded Moroz, il Babbo Natale russo, porta i suoi regali. Infatti le strade cittadine pullulano di persone che si affrettano a fare le ultime compere. La cosa che più ci colpisce è vedere i carinissimi mercatini di Natale attivi anche e fino al 31 dicembre. Per pranzo testiamo un ristorante con cucina tipica ucraina e cameriere vestite con abiti tipici, mangiamo ottimamente ma per la serata è già al completo. I prezzi per una serata di danze, cibo, bevute illimitate ed immancabile karaoke parte dai 40 euro fino ai circa 60 dei locali più di moda. Trovare posto in questi luoghi è praticamente impossibile. Intanto la città si riempie di gente venuta per il capodanno nelle piazza di fronte al comune, a due passi dalla scalinata e dal porto da dove è previsto lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Molte persone arrivano da città della Russia e dell’Ucraina, ma pure dalle repubbliche centro asiatiche. Numerosi gli occhi a mandorla presenti, a dimostrazione di come Odessa sia una meta molto ambita e decisamente cosmopolita.
Nel pomeriggio, mentre beviamo un caffè, la tv trasmette una replica di Italia-Polonia dei mondiali del ’74. La partita fu vinta dalla Polonia per 2-1 contro l’Italia di Mazzola, Boninsegna e Chinaglia, ma gli avventori del bar tifano le due squadre come se la partita fosse in diretta.

Breve rientro in albergo e decisione acquisita per la serata: cercheremo di mangiare qualcosa in giro e di vivere la festa in piazza armati di vino ucraino e di spumante brut proveniente dalle cantine di Cricova in Moldavia. Dopo il lauto pasto consumato in un ristorante centrale, in un insolito stile biologico, senza menù fisso e che abbiamo sapientemente bagnato con vino georgiano, nel momento dedicato al dolce viene interrotta la programmazione della radio per lasciare il posto alle campane del Cremlino e all’inno russo ascoltato a volume altissimo. A Mosca è mezzanotte, e anche se a Odessa sono ancora le 22 si festeggia anche qui. Il primo pensiero va alla differenza tra la russofona Odessa e ciò che abbiamo visto a Kiev due settimane prima, le due facce di una medaglia che potrebbe rompersi da un momento all’altro. Il concerto pullula di gente, facciamo in tempo a “goderci” la straordinaria Alyosha che conclude le scialbe esibizioni degli idoli dell’ X-Factor locale. A dieci minuti dalla mezzanotte ecco il discorso alla nazione del Presidente Viktor Janukovyc, qui ben accolto mentre a Kiev ci immaginiamo di no. È il Presidente ad accompagnare tutti nel 2014 con tappi che saltano, fuochi d’artificio dal porto e tanti improbabili cappelli di Babbo Natale. Concludono il concerto le “Real O” quartetto di ragazze carine e appariscenti che hanno il merito di scaldare la piazza. Dal palco fino alla scalinata Potemkin è pieno di gente in festa che balla, brinda, canta e ovviamente ci facciamo contaminare dalla festa finendo dentro a molti girotondi. Anche nel resto della città la festa è piacevole, non mancano persone in giro con bottiglie che offrono tutto il bevibile. Sempre presente la polizia che vigila con poca discrezione in tutti gli angoli della città.

Ma durante il nostro peregrinare ci accorgiamo di qualcosa che non va: a Giacomo è scomparso il portafoglio… Minuti di controlli di zaini e tasche, si torna in tutti i luoghi della nostra serata, si chiede nei locali, ma tutto è vano. Come è immaginabile non sono i soldi, pur importanti, il problema, ma soprattutto documenti e carte di credito. Anche Guido nota che dalle proprie tasche mancano circa 500 grivnie, poco meno di 45 euro. Furto o perdita per distrazione? Il dubbio non sarà chiarito e andremo a letto con l’umore decisamente peggiorato.

Poche ore di sonno e scegliamo di andare presso la sede della milizia a sporgere denuncia, o a verificare se qualcuno ritrovando il portafoglio lo abbia consegnato alle forza dell’ordine. Nessuno parla inglese e nonostante le ore di attesa non veniamo a capo di nulla. Decidiamo di lasciare la città dopo un’amara passeggiata nei luoghi della nostra festa, insolitamente deserti di primo mattino. L’amarezza si alterna al ricordo di bei momenti trascorsi con persone appena conosciute e che con buone probabilità non rivedremo più. A questo punto il viaggio può proseguire, ma solo Guido potrà guidare il Daily visto che la patente di Giacomo è ufficialmente dispersa.

Come al solito l’ultimo atto prima di salutare la città dove abbiamo trascorso il capodanno è il rifornimento di metano. Scegliamo il distributore numero due, nei pressi della rotonda da cui partono le strade per Kiev, per la Transinistria e la Moldavia o per la Bessarabia. Fatichiamo più del previsto a convincere i responsabili del distributore che il nostro Daily funziona anche a metano. Per la cronaca i gasisti di Odessa saranno gli unici assieme a quelli di Uzgorod ad avere l’adattatore tra il sistema europeo e quello ex sovietico.

Ci consultiamo a lungo prima di decidere quale strada percorrere per muoverci verso la Romania. Le opzioni sono almeno tre e tutte prevedono di attraversare anche un pezzetto di Moldavia. Non è possibile a sud di Odessa passare direttamente da Ucraina a Romania, un confine bizzarro e l’inospitale delta del Danubio non permettono la cosa. Decidiamo di evitare la Transnistria, possibile fonte di grosse complicazioni burocratiche, come ci insegna l’esperienza del 2011. A questo punto, con poche ore di luce a disposizione, la scelta cade sulla strada che meglio conosciamo e che con circa 300 chilometri ci porterà al confine di Reni, l’ultima città Ucraina. Già poco fuori Odessa, nei pressi del grande lago formato dal fiume Dnestr, la strada sconfina per sette chilometri in Moldavia. Grazie ad un accordo tra i due stati, se non ci si ferma o non si cambia strada, è possibile evitare i controlli doganali. La dimostrazione di non deviazione avviene con la consegna di un bigliettino da parte dell’ultimo poliziotto ucraino. Il primo dopo il confine controllerà dopo quanto tempo il biglietto viene riconsegnato! La Moldavia ha permesso ciò poiché alcuni anni prima l’Ucraina le fece un grande favore, regalandole alcune centinaia di metri di sponda danubiana nei pressi di Giurgiulesti. Grazie a ciò e alla perfetta navigabilità del Danubio, la Moldavia può battere bandiera navale ed avere un indiretto sbocco al mare. La povera regione che attraversiamo è la parte meridionale della storica Bessarabia, con una presenza scarsa di gente slava. Molti abitanti sono di origine turca, rumena o appartenenti al popolo dei gagauzi. Uno dei pochi punti d’interesse delle centinaia di chilometri tra paesini ricchi di miseria e paludi è la presenza di parti dello storico Vallo di Traiano, manufatto che segnava il limes dell’Impero Romano. La presenza di Roma è evidente anche per il fatto che la lingua moldava, molto simile al rumeno, deriva dal latino. Una presenza italiana inaspettata arriva proprio dalla Radio Nazionale Moldava, che nel primo giorno dell’anno ci regala un pomeriggio dedicato ai cantanti italiani negli anni ’50 e ’60. Tra i tanti un posto da leoni nella programmazione da noi ascoltata spetta a Nicola Arigliano, Renato Carosone e Fred Buscaglione.

Intanto arrivano l’oscurità e la fastidiosa nebbia, che rendono gli ultimi chilometri un vero e proprio supplizio, amplificato dalle improvvise e inquietanti apparizioni di autostoppisti e contadini a piedi o in bici, che escono dalla fitta nebbia come presenze spettrali correndo il serio rischio di farsi investire. L’ultima prova della giornata è l’attraversamento di un chilometro di Moldavia che separa l’Ucraina dalla Romania. Stavolta non ci sono accordi che tengano, sono due frontiere e ben quattro insidiosi e fastidiosi controlli.Si comincia dagli ucraini che aprono e smontano ogni angolo del furgone. Si prosegue con i moldavi che scherzando macabramente sulla nostra partenza da Volgograd e ci chiedono se eravamo complici dei terroristi. L’uscita dalla Moldavia, quindi il terzo controllo, è caratterizzata dai doganieri che mettono il nostro Daily su un ponte per poter capire meglio come funziona il sistema di alimentazione gasolio-metano. Di fronte alle nostre spiegazione appaiono increduli e si dicono fortemente interessati. Infine i rumeni, in questo caso custodi dell’Unione Europea, dove perdiamo tempo per il fatto che non si ritrovava il doganiere addetto al nostro controllo.

In tutte queste lunghe attese confabuliamo con Valentin, rumeno che fino a pochi mesi fa lavorava in Italia. Ci spiega come sia ormai impossibile lavorare in Italia e come sia meglio vivere con stipendi più bassi ma in Romania. Valentin tutti i giorni va in Moldavia, fa il pieno di cento litri di gasolio al suo van, e poi li rivende in Romania dopo aver svuotato i serbatoi. Ogni cento litri guadagna circa 30 euro. Fa uno o due viaggi al giorno in base alle richieste, vendendo il gasolio a circa 30 centesimi di euro meno che in Romania. Non è l’unico contrabbandiere della zona, lui si occupa di gasolio, ma il mercato più attivo è quello delle sigarette che fuori dall’Unione Europea costano molto meno.

Ci areniamo a Galati, prima città rumena oltre il confine, e certamente non patrimonio dell’Unesco. Galati, con i suoi quasi trecentomila abitanti è il cuore dell’industria siderurgica rumena e si sviluppa nella sponda sinistra del Danubio. Arriviamo molto tardi, troviamo alloggio nel moderno Hotel Magnus e siamo costretti a ripiegare su uno spuntino nel vicino McDonald’s visto che la sera del primo gennaio quasi tutto è chiuso. Un’orda di mansueti cani randagi ci riaccompagna in albergo.

 

 

Ritorno da Volgograd – Giorno 2

Con il corpo a Odessa, con la testa a Volgograd
Le notizie in arrivo dalla ex Stalingrado condizionano il nostro viaggio di ritorno.

Sveglia di buon ora nella cittadina di Berdjans’k, visto che prima di partire verso Odessa dobbiamo fare aggiornamenti al sito internet e commissioni bancarie nella brulicante piazza del paese. Mentre facciamo colazione nell’austero albergo che porta il nome del paese dove ci troviamo, apprendiamo la nuova terribile notizia appena arrivata da Volgograd: la tv annuncia un nuovo attentato. Subito entriamo in contatto con Emanuele che ci conferma la notizia, il considerevole numero di morti e feriti e l’inquietante fatto che stavolta il luogo dove il kamikaze si è fatto saltare è un mercato periferico molto vicino alla casa della Associazione Giovanni XXIII. Per l’esattezza è il mercato Kachinskij, dove si ferma il tram che solitamente ci portava nel centro cittadino ed a pochi metri dalla palestra dell’Istituto Tecnico che abbiamo frequentato per giocare a pallavolo nei giorni scorsi. È davvero fastidioso pensare che entrambi i luoghi degli attentati siano zone della città dove siamo più volte passati, dove ci siamo spesso fermati, dove abbiamo trascorso piccole parti delle nostre giornate. Esattamente come quelle persone che entravano alla stazione ferroviaria nella mattinata di domenica o che andavano al lavoro con il filobus di lunedì. Magari mentre eravamo in questi luoghi, vicino a noi poteva esserci colei o colui che prendevano riferimenti e misure per l’azione che avrebbero fatto nei giorni successivi. Solo a pensare questa cosa vengono i brividi.
Emanuele ci racconta l’umore dei suoi coinquilini e degli altri amici che vivono in città, come del resto ci conferma la sua ferma intenzione di non mettere in dubbio il prosieguo della sua presenza in città. Anche Guido e Giacomo, ormai dalla lontana Ucraina, condividono l’opinione di Emanuele anche se scherzando si dicono pronti a tornare indietro per un eventuale recupero.

In queste ore molti amici ci chiedono perché sia stata scelta proprio Volgograd per questi criminali gesti eclatanti e cosa ci sia dietro. La risposta è probabilmente che i mandanti di queste azioni terroristiche sono organizzazioni che lottano da anni per la costituzione di stati islamici nel Caucaso russo. Noti sono i nomi di Cecenia e Daghestan e azioni forti come la strage del teatro Dubrovka a Mosca nel 2002 (circa 150 morti) o della scuola di Beslan nel 2004 (quasi 400 decessi di cui molti bambini). Circa due mesi fa, sempre a Volgograd una kamikaze fece saltare un bus di ritorno dall’università con diversi morti e feriti. La conseguenza di quel gesto fu un aumento delle misure di sicurezza nella città sul Volga. Noi stessi abbiamo osservato come nelle stazioni dei tram o dei bus ci siano manifesti e video con vignette e cartoni animati che spiegano i comportamenti da prendere se nel veicolo si nota qualcosa di strano. Evidentemente il rafforzamento delle misure di sicurezza non è stato sufficiente. Volgograd con il suo milione di abitanti è la città più grande con popolazione russa nei pressi dell’aerea caucasica. Altre città come la prossima sede olimpica di Soci sono maggiormente presidiate e geograficamente più difficili da raggiungere, poiché protette da montagne alte migliaia di metri. Volgograd, invece, è un isola in mezzo alla steppa con nessuna altra città nei pressi. Una volta che con un facile viaggio il terrorista la raggiunge, ha tutto il tempo di architettare l’attentato dopo, magari, giorni di appostamenti. Molte sono le persone di origine caucasica che vivono in questa città, questo rispetto ad altri luoghi permette al terrorista di mimetizzarsi molto meglio che a Mosca o a San Pietroburgo. Immaginate cosa succederà da adesso in poi nelle città russe dove, in qualsiasi mezzo pubblico, chiunque porti la barba o abbia una carnagione più scura o capelli non chiari, sarà oggetto di attenzioni da parte della polizia e di perplessità della gente. Due dei tre attentatori sono donne, vedove di militanti islamici uccisi negli anni passati dalle forze di polizia russe. La situazione in Caucaso è da anni molto delicata, a livello di mix etnico convivono più o meno facilmente ortodossi, cristiani, musulmani e addirittura buddisti. Oltre alle repubbliche ex sovietiche di Georgia, Armenia ed Azerbaigian esistono stati non riconosciuti dall’Onu come Abcasia, Ossezia meridionale e Nagorno-Karabak. A questi vanno aggiunte le repubbliche autonome facenti parte della Federazione Russa come Cecenia, Daghestan, Cabardino-Balcaria, Inguscezia, Ossezia settentrionale, Caracai-Circassia, Adigezia. In alcune di queste ultime, movimenti armati mettono in dubbio la sovranità russa sui loro territori. Se da alcuni anni nelle città la situazione è apparentemente normalizzata, nelle montagne prosegue una guerriglia di fatto mai interrotta dall’inizio degli anni ’90, che continua a costare vittime civili e militari. Le Olimpiadi invernali di Soci rischiano di diventare una vetrina per i terroristi che con le azioni a Volgograd hanno dimostrato di riuscire ad alzare notevolmente il tiro. In tutto questo chi ci rimette è la popolazione civile, sia russa che delle altre etnie, che vede peggiorare la propria sicurezza e allo stesso tempo crescere la discriminazione razziale nei confronti di chi emigra o scappa dalle regioni calde del Caucaso.

Per la cronaca la giornata di viaggio è proseguita lenta e tranquilla, fra esercitazioni nell’arte di evitare le buche delle micidiali strade ucraine, che in questa zona sono completamente prive di neve, prove di orientamento nelle grandi città prive di tangenziali (in particolare modo Melitopol’ e Mykolaev) e rifornimenti di metano alla partenza di Berdyans’k e a Mykolaev. Gli ultimi cento chilometri si sono svolti come sempre in notturna, mentre l’ultima fatica della giornata è stata attraversare mezza Odessa per raggiungere l’albergo Octobrjaskaja dove soggiorneremo due notti. Cena in centro in un locale retrò in stile ex sovietico e passeggiata per i mercatini di natale della bella città portuale. Fa un effetto curioso vedere le persone comprare i regali e costatare come ci siano ancora numerosi clienti per i negozi che vendono ancora gli alberi di Natale in un Paese dove la nascità di Gesù sarà festeggiata il 7 gennaio e nel quale è proprio Capodanno il momento dello scambio dei doni. Nella giornata di domani, che vedrà il nostro diario di viaggio accorparsi a quello del primo gennaio, ci riposeremo visitando Odessa e i suoi monumenti principali cercando anche un luogo per trascorrere un Capodanno all’insegna della sobrietà dato lo stato d’animo che ci accompagna.

I primi dati dei rifornimenti di metano e gasolio durante il viaggio di ritorno sono confortanti, nonostante alcuni problemi di traffico avuti nella giornata di ieri. Nei circa 1200 chilometri tra Volgograd e la città ucraina di Mykolaev abbiamo consumato circa 67 litri di gasolio e appena 50 di metano. La spesa ai prezzi locali per percorrere questa distanza è stata di circa 70 euro: con i prezzi italiani, invece, sarebbero stati circa 160 euro. Il risparmio rispetto al consumo di un veicolo solo diesel è di circa il 25% in meno, ma sottolineiamo ancora una volta che questo è un dato minimo visto che siamo rimasti a lungo bloccati nel traffico cittadino di alcuni centri urbani. Fino a Rostov na Donu, prima di rimanere quasi fermi per tre ore in una coda apocalittica, i dati indicavano un consumo di 23 litri di gasolio e 19 kg di metano su una distanza di 500 chilometri!

Ritorno da Volgograd – Giorno 1

Lasciamo Volgograd nel giorno più infame. Appena lasciata la città veniamo a sapere della strage della stazione.

Questa triste pagina di diario tiene solo marginalmente conto del grave fatto accaduto alla stazione ferroviaria della città dove abbiamo vissuto undici giorni. Nelle prossime ore pubblicheremo un resoconto solo su questo argomento cercando di esaminare il perché di questi episodi di violenza, che uccidendo innocenti non possono essere utili a nessuna causa.

Assieme alla nostra partenza arriva la parte più fastidiosa delle insidie del Generale Inverno, il ghiaccio. Da alcuni giorni le temperature erano scese, ma la spruzzatina di neve della giornata di ieri ha trasformato l’asfalto e i marciapiedi in superfici decisamente scivolose. Di primo mattino assistiamo a numerose scivolate di pedoni mentre attraversano al strada o aspettano il tram.
Tutto questo serve da monito ad una guida attenta, visto che le prime due ore di viaggio saranno accompagnate dall’oscurità, grazie all’abolizione dell’ora solare di cui abbiamo già parlato nel viaggio di andata.
L’ultimo atto in quel di Volgograd sono i rifornimenti di gasolio e metano a prezzi incredibilmente convenienti. Un litro di gasolio costa circa 0,65 euro, un metro cubo di metano appena 0,20! Per completezza di informazione: la benzina è attorno agli 0,67 euro e il gpl ben 0,33. Tra l’altro non mancano i distributori: nella zona di Volgograd ci sono tre stazioni di metano delle quali la più comoda è sulla tangenziale nei pressi del bivio per Rostov, la nostra direzione.

Comincia quello che sarà il nostro lungo viaggio di ritorno, che ci vedrà riattraversare tutta l’Ucraina, questa volta seguendo la costa del Mar Nero. Negli occhi e nelle orecchie ancora restano i saluti di Marco, Ruslan, Andrej, Jura, gli amici della casa che ci ha visto ospiti per undici giorni. L’ultimo saluto è quello di Dik, che ci regala l’immancabile leccata, massimo gesto di affetto nel mondo canino.

Emanuele scatta l’ultima foto del nostro Daily che parte dall’innevato parcheggio davanti a casa, e noi lo salutiamo dal finestrino nonostante la temperatura sconsigli il gesto. Ora, invece, non ci passa minimamente per la testa di muovere i finestrini: il rischio che il gelo blocchi il meccanismo di apertura è alto, come del resto sarebbe potuto succedere alle serrature del veicolo, sulle quali abbiamo spruzzato quotidianamente spray antigelo.

I primi 350 chilometri, lungo la M-21,  sono gli unici che coincidono on il viaggio di andata, con la differenza che stavolta li facciamo di giorno ammirando il panorama della steppa innevata che circonda la regione di Volgograd. È spettacolare riuscire a vedere il Don completamente gelato nei pressi del grande ponte di Kalač-na-Donu, che grazie al ghiaccio sulla strada percorriamo a meno di 30 km orari.
Proprio in questo momento, superato il Don, cominciano ad arrivare le notizie dell’attentato alla stazione di Volgograd. I primi sms arrivano dall’Italia, poi la radio russa annuncia il fatto, infine la conferma da Emanuele. L’argomento diventa il triste protagonista della nostra giornata e seguiamo in radio tutte le informazioni sulla cosa. Molti amici ci contattano per sapere se siamo coinvolti, ma almeno Giacomo e Guido sono ad oltre 150 chilometri dalla città. Emanuele invece era nei pressi della stazione, ma non è stato coinvolto se non nel vedere il terribile spettacolo poco dopo l’accaduto.

Alla fine della mattinata passiamo sulla M-4, la veloce strada che collega Mosca con il porto di Rostov-na-Donu, alla foce dell’omonimo fiume, dove effettuiamo il secondo rifornimento di metano. Lasciati Rostov e il suo fumoso traffico, che ci blocca per oltre due ore, facciamo passare sotto le nostre ruote gli ultimi chilometri di Russia presentandoci alla frontiera di Taganrog-Novoazovsk. Il confine è situato lungo la strada più diretta verso la Crimea ed Odessa, ma essendo decisamente lontani dall’estate non temiamo particolare file. Invece sbagliamo: dopo l’attentato alla stazione di Volgograd le misure di controllo a tutti i veicoli in uscita dalla Russia sono molto più attente e ci costringono ad oltre due ore tra fila e ispezioni minuziose al nostro veicolo.

Contrariamente al viaggio di andata, stavolta il confine ci permette di guadagnare due ore di fuso orario che in parte si compensano con il tempo perso in dogana. Siamo in Ucraina ed è buio pesto. La  prima considerazione è l’aumento della temperatura visto che tocchiamo i 4 gradi, che sono il record positivo del viaggio. La seconda è il peggioramento del manto stradale e la scomparsa della cartellonistica nei pressi della città di Melitopol. Il risultato è il perdersi dapprima nella città e successivamente nelle campagne circostanti. Alla fine recuperiamo la strada giusta dopo aver dissipato un’altra oretta. Arriviamo a Berdjans’k, città di sosta anche nella Roma-Volgograd 2011, dopo oltre 14 ore di viaggio e circa 750 chilometri di strada. Berdjans’k è una meta del turismo estivo e nonostante siamo fuori stagione ci permette di trovare un alloggio confortevole e un ristorante per un’ottima cenetta a base di vareniki e carne alla Stroganoff bagnati con vino georgiano della regione di Khaketi.
Esausti ci rifugiamo nelle stanze dell’Hotel Berdjans’k da dove domani tenteremo di raggiungere Odessa in un’unica giornata di viaggio.