Giorno 54 – Il bivio che porta nello spazio

8 agosto 2018

Team 1: Birobidzhan-Erofej Pavlovich (km. 1150) – Tot. 17.196

Nella notte è avvenuto un episodio curioso. Premettiamo sempre che Stalin regalò la terra promessa agli ebrei sovietici di fatto destinandoli in una zona paludosa infestata di zanzare lontana dall’Europa. Attorno alle 2.00 della notte Guido si sveglia infastidito da un forte ronzio. Accendendo la luce scopre una scena apocalittica, almeno 50 insetti vivacemente attivi attorno al lampadario nonostante le finestre con le zanzariere chiuse. Dopo la visita di controllo dell’addetto alla reception viene consegnata una camera nuova senza i fastidiosi accessori. Rimane il mistero su come siano arrivate in camera. Il giudizio sull’hotel permane positivo anche per la registrazione del visto fatta senza che l’avessimo richiesta.

Lasciamo Birobidzhan e riprendiamo la marcia verso ovest mantenendo un ritmo sostenuto fino alla penultima città dell’Oblast Autonomo Ebraico, Izvestkovyj, dove ci fermiamo a fare colazione e salutare Vasilij che nel frattempo non ha risolto il suo problema con la poligamia. Poco più avanti, recuperata un’ora di fuso orario rientrando nell’Oblast dell’Amur, incontriamo una serie di tedofori con in mano una torcia simile a quella delle olimpiadi. Si tratta della staffetta della pace Mosca-Vladivostok che la Torino-Pechino del 2008 incontrò dalle parti di Kemerovo. Non comprendiamo se questo evento si ripeta ogni anno, ogni cinque oppure ogni dieci, resta il fatto che è davvero una bella coincidenza rivivere la stessa scena di allora.

Presso la città di Novoburejskij, dove sorge un importante ponte e diga sul fiume che porta lo stesso nome della città, vi è un grande monumento dedicato al completamento della P-297, che ha permesso la circolazione stradale da Mosca a Vladivostok fino a quindici anni fa impossibile. Qui decidiamo di fermarci a fare una foto visto che nel viaggio di andata il piazzale era pieno di camion. Tra le moto parcheggiate ne notiamo una con targa italiana. Sono Alex e Roswitha da Bressanone, impegnati in un quasi giro del mondo per festeggiare la pensione. Sono partiti il primo maggio e vengono dall’Asia centrale dopo aver attraversato Turchia e Iran. Fotografiamo le nostre auto e moto assieme a circa 12.000 chilometri dalla strade italiane.

Poco più avanti avviene, all’economico kafe Tranzit, il pranzo di oggi. La scelta del luogo non è stata casuale. All’andata ci eravamo persi un luogo interessante che sorge molto vicino a dove stiamo mangiando, il nuovo “Cosmodromo Vostochnyj”. Ciolkovskij, città intitolata allo scienziato russo tra i pionieri della cosmonautica, è una zona chiusa ed ospita il nuovo cosmodromo russo che nel lungo periodo dovrebbe sostituire quello storico di Bajkonur per ridurre la dipendenza dalla base ex sovietica oggi in Kazakhstan. In passato, e con un nome diverso, questa era una base missilistica. Naturalmente è impossibile avvicinarsi e ci limitiamo a raggiungere il primo posto di blocco situato a 23 chilometri dalla base. Da segnalare che nessun cartello indica la presenza del luogo che è assolutamente nascosto nella fitta vegetazione della taiga circostante. L’emozione di lasciare per pochi metri la P-297 con la speranza di imbarcarsi per una missione spaziale finisce dopo qualche centinaio di metri davanti a severi cartelli di divieto scritti pure in inglese. Foto di rito con la nostra Hilux a diesel-metano che per il momento non partirà per lo spazio. L’unico modo per vedere da vicino la rampa di lancio è osservare uno dei due lati della nuova banconota da 2.000 rubli.

Ci fermiamo a fare rifornimento di gasolio alla vicina stazione Rosneft dove avviene un cordiale scambio di opinioni sulla nostra auto e sulla vivacità economica che il cosmodromo sta regalando al piccolo paesino. Le dipendenti della stazione di servizio rimangono perplesse per il fatto che Guido non ha la tessera delle loro stazioni di servizio, tra l’altro quelle dove più spesso beviamo il caffè prodotto da una macchina automatica di fabbricazione italiana. Scopriamo solo ora che ogni quattro caffè ci sarebbe in regalo una tazzina. Se lo avessimo saputo appena entrati in Russia a fine giugno oggi avremmo almeno una quindicina di tazzine “Rosneft”!

L’obiettivo di percorrere un massiccio numero di chilometri è appena rallentato dalla pioggia che si alterna a schiarite. Stesso concetto per la radio, quella russa, che funziona solo vicino alle cittadine. Purtroppo quella cinese funziona anche in aperta campagna. Le temperature sono molto più basse del solito e l’arrivo dopo una lunga cavalcata di 1150 chilometri a Erofej Pavlovich avviene senza la presenza del sole. Fortunatamente sappiamo già dove dobbiamo andare e torniamo a dormire al “Fortuna” dove alloggiammo in precedenza. La cena tardiva avviene nell’unico posto aperto notte e giorno, ovvero la mensa del personale della stazione ferroviaria dove con due euro si può fare un pasto completo. Fine serata passeggiando, come tutta la gente del posto, lungo i binari della Ferrovia Transiberiana, osservando come quasi nessun treno passeggeri fermi alla piccola stazione di Erofej Pavlovich.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Nell’Oblast dell’Amur c’è un cosmodromo che prima non c’era. Scusate se è poco…

Team 2

Erenhot – Zamin Uud – treno per Ulanbator

È passata da poco l’alba quando Andrea e Claudia arrivano nella città di Erenhot, dove si fermeranno giusto il tempo per contrattare il miglior prezzo per un passaggio utile a varcare la frontiera e raggiungere la ridente cittadina di Zamin Uud. Il simpatico diciottenne mongolo con il quale viene intavolata una trattativa parla un buon inglese e si definisce un comodo trasferimento in minivan al costo di 60 yuan a testa. A dieci anni di distanza Erenhot si rivela una tipica cittadina di confine, nodo di interscambio di merci prevalentemente dalla Cina verso la Mongolia. Con piacere, a differenza dei cinesi, i mongoli si dimostrano molto più inclini a comunicare con gli stranieri in inglese agevolando non di poco le piccole operazioni della giornata, quali l’acquisto di una sim-card mongola e i biglietti del treno per Ulanbator (24.600 tigrit mongoli pari a circa 8 euro). Sarà la seconda notte consecutiva che i membri del team 2 passeranno viaggiando su un mezzo di trasporto. Il treno, nonostante un aspetto di primo novecento e seppur privo di aria condizionata, ha delle confortevoli e pulite cuccette che renderanno la traversata del deserto del Gobi più agevole rispetto a quella fatta dieci anni da Guido ed Andrea a bordo della mitica Fiat Marea.

Come è cambiato il mondo in 10 anni
– Non è più presente il biliardo nella piazza principale della città che fu tentazione di gioco per Guido ed Andrea durante il precedente viaggio.
– Lo Zamin Uud Hotel ha ricevuto un’importante ristrutturazione e risulta di gran lunga migliore di dieci anni fa; i prezzi per una singola sono passati da 6 a 14 euro a notte.
– Dal finestrino del treno viaggiando in senso inverso rispetto a dieci anni fa abbiamo il piacere di veder scorrere una perfetta strada asfaltata che sostituisce la temibile pista di sabbia che tanto fece penare Guido ed Andrea.

Equipaggio del giorno:

Team 1: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Team 2: Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio

Giorno 53 – Ritorno nella “terra promessa”

7 agosto 2018

Team 1: Ussurijsk-Birobidzhan (km 972) – Tot. 16.046

Partenza all’alba per il primo dei tre difficili giorni che dovrebbero permettere alla Hilux di portarsi presso Chita e poi da lì raggiungere il confine mongolo. Le distanze programmate sono quasi proibitive, ma confidando nell’aiuto reciproco Guido e Bruno tenteranno l’impresa. Prima della partenza un ennesimo saluto alla statua del “forestale” russo con in braccio un cucciolo della tigre dell’Ussuri, che assieme al leopardo popola questa zone. La tigre si ripete in tutte le salse, dai cartelli pubblicitari ai nomi dei ristoranti e perfino in una marca di benzina locale. Pausa colazione al “Fort Cement”, l’albergo-ristorante di Spassk-Dalnyj dove non siamo riusciti a dormire ieri sera causa del tutto esaurito. In effetti due bus sono parcheggiati sul piazzale, anche se l’ora è troppo mattutina per incontrarli a colazione. Il caffè non pessimo preparato dalla ragazza del bar accompagna la splendida vista sul cementificio che emana fumi nelle campagne circostanti. Nulla a confronto del panorama del pranzo, in un ristorantino armeno di Lucegorsk. Da qui si vede una immensa centrale a carbone che intossica tutto il circondario. Tubi di ogni dimensione e decine di tralicci elettrici portano in giro per il Primorskyj Kraj l’energia qui prodotta. Anche se dalle descrizioni appena fatte potrebbe non sembrare, in questa parte di Russia la natura è meravigliosa. Questa è una delle poche zone selvagge con clima temperato. Oltre a favorire la già citata presenza di tigri e leopardi, questo aiuta anche le coltivazioni, molto simili a quelle europee: in particolare modo è massiccia la presenza di grano.

Approfittando del fatto che in questo territorio a cavallo tra la regione di Vladivostok e quella di Chabarovsk si succedono numerose cittadine, possiamo ascoltare la radio senza perdere spesso il segnale. Quando si perdono i canali russi, ecco subentrare quelli cinesi, vista la vicinanza con il confine. L’occasione è giusta per riascoltare la classica musica italiana che impazza sulle radio locali. Oltre ad Al Bano e Romina, Riccardo Fogli e Toto Cutugno, oggi per la prima volta ascoltiamo su Radio Vladivostok un pezzo dei Negramaro.

A metà pomeriggio siamo a Chabarovsk e abbiamo già macinato 750 chilometri. Qui è prevista la sosta al punto di rifornimento privato dell’amico Aleksej, che già nel viaggio di andata ci aveva regalato un pieno di metano. Stavolta oltre al rifornimento, che useremo in Mongolia, Aleksej ci permette di fare un controllino alla salute dell’Hilux e cambiare il filtro del metano, usando così il primo ricambio messo a disposizione da Ecomotive Solutions e da Piccini Paolo Spa.

Lasciato il traffico della grande città si varca il lungo ponte sul fiume Amur che dà inizio anche alla temibile strada P-297. L’Amur è carico di acqua ed ha inondato molte zone non abitate nei pressi del suo corso. La differenza del volume d’acqua rispetto ad alcuni giorni fa è impressionante. Il viaggio prende decisamente la direzione occidentale, regalandoci nelle ore serali il sole in faccia basso sull’orizzonte, cosa che certo non aiuta, se sommata alla stanchezza del viaggio. Proprio in queste condizioni avvengono le ultime due ore di guida prima di Birobidzhan, obiettivo della tappa odierna, che ci ospitò anche due settimane fa. Curioso ritornare nel capoluogo dell’Oblast Autonomo Ebraico nonostante avessimo scommesso che difficilmente nella nostra vita ci saremmo potuti tornare.

Il cambio di albergo è d’obbligo dopo il bagno di umidità che facemmo nel viaggio di andata. Stavolta è il turno del vecchio albergo sovietico “Centralnaja”, tuttora noto col vecchio nome di Vostok (“Est”). Invece non si cambia il ristorante, tornando al caffè Felicità che aveva soddisfatto i nostri palati nella precedente visita. Passeggiata notturna lungo il fiume Biri e poi onoriamo il letto del Centralnaja, visto che domani mattina è prevista l’ennesima sveglia all’alba.

Team2: Pechino – strada verso Erenhot
L’ultima mattina a Pechino viene dedicata alla visita del 789 art district, un ex complesso industriale completamente riconvertito ad un’area dedicata all’arte contemporanea. I capannoni di un tempo sono diventati gallerie d’arte e non ci lasciamo sfuggire l’occasione di far visita alla mostra del connazionale Pistoletto attualmente in corso.
Nel pomeriggio, trasferimento alla stazione degli autobus a sud della città da dove partiamo alla volta di Erenhot. L’autobus a cuccette parte in orario dalla stazione per poi fermarsi dopo pochi chilometri per una non ben definita sosta di 2 ore alla periferia pechinese prima di riprendere il viaggio che sembra – ferma restando la capacità di comprensione reciproca – durerà circa 10 ore, con arrivo in mattinata a destinazione.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Anche oggi nel tragitto del team 1 abbiamo notato numerose auto elettriche circolare per strada dove non ci sono stazioni di ricarica veloce. Spesso alla guida ci sono uomini vestiti allo stesso modo come se fossero con la divisa di un’officina o concessionaria. Sembra che le Nissan Leaf che incontriamo vengano dal Giappone attraverso il porto di Vladivostok e via terra raggiungano località non servite dalla Ferrovia Transiberiana.

Equipaggio del giorno
Team 1: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale
Team 2: Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio

Giorno 52 – Giochi con le frontiere

6 agosto 2018

Team 1: Hunchun-Ussurijsk (tratto in auto Kraskino-Ussurijsk 201 km) – Tot. 15.074

Il tempo di una rapidissima colazione ed una non meglio precisata amica di Mr. Wang preleva Guido dall’albergo per accompagnarlo alla stazione di confine tra Cina e Russia. Per questa missione non viene chiesto alcun compenso, cosa abbastanza strana da queste parti. Guido viene lasciato davanti al cancello che aprirà alle 8 del mattino dell’ora di Pechino, corrispondente alle 10 di Vladivostok. Questo significa che perderà, anche nella migliore delle ipotesi, almeno due ore. Alla fine del percorso di attraversamento le ore perse saranno ben otto… L’attesa è allietata dall’alzabandiera cinese e una serie di canzoni nella lingua locale, tra cui si riconoscono le melodie di “Bella Ciao” e de “L’internazionale”.

Il primo atto è una parziale ripetizione del problema di martedì scorso sull’altro lato del confine: “A piedi non si può entrare”, spiega mimando il soldato cinese di guardia. Infatti la regola prevede che l’unico mezzo con cui si può passare il confine è l’autobus. La prima corriera si presenta puntuale in frontiera, ma è netta anche la risposta alla richiesta di salire a bordo. “Sold out” viene ripetuto riguardo ai primi dodici autobus. Due ore dopo Guido riesce a salire sul tredicesimo, pagando la bellezza di 190 yuan, pari a circa 25 euro, ottenendo in cambio anche l’animazione nel bus e l’assistenza per compilare i moduli di confine. Tutto in cinese, naturalmente. Cina e Russia sono ai primi posti nel mondo nel riuscire a burocratizzare tutto, forse anche per questo la fila dei bus scorre a rilento in una dogana aperta appena otto ore al giorno, senza pausa pranzo, come recitano i cartelli. Mentre noi siamo a cavallo del confine in attesa che i russi alzino la sbarra, dalla stazione di frontiera cinese arrivano turisti, accompagnati da militari, per fare foto sulla linea di confine assieme al cippo che segnala dove finisce la Cina e inizia la Russia. Qualcuno si spinge a salire sulla linea rossa disegnata nell’asfalto che in teoria non dovrebbe essere superata.

Finalmente siamo nella parte russa del confine, dove Guido gioca in casa e non solo perché riesce a capire qualcosa di più rispetto al cinese. Si presenta al cospetto degli stessi doganieri protagonisti dei fatti legati al primo transito da qui, e sorprendentemente tutti manifestano interesse sul come sia andato il nostro viaggio fino a Pechino. C’è cordialità e forse anche un pizzico di dispiacere per aver costretto il nostro viaggio a modificare l’itinerario. Una doganiera di grado maggiore prende Guido in disparte e mostra una cartina con tutti i posti di confine della regione, confermando l’attuale chiusura alle auto anche di quelli fluviali. Viene mostrata, a circa cinquanta metri dalla attuale strada per i bus, la struttura semi-abbandonata che serviva al traffico automobilistico quando era permesso. Viene confermata la probabile riapertura in vista della estate 2019.

Di fatto questo gioco con gli autobus è un business notevole. Considerando i 25 euro a testa da entrambi i lati e il numero di passeggeri giornalieri si capisce chi spinga a mantenere lo status quo di una decina di luoghi come questo. Tutti i turisti cinesi e russi che varcano il confine sono costretti a farlo con questo sistema, arricchendo chi gestisce il traffico dei bus.

Lasciando la dogana notiamo che sono fermi prima della sbarra che separa la Russia dall’area di confine sei fuoristrada con targa cinese che si trovano nella stessa situazione capitata a noi. Vengono dal confine di Zabajkalsk-Manzhouli, l’unico al momento aperto al traffico veicolare. Dopo aver girato attorno a tutta la Manciuria saranno costretti a rifarsi tutto il percorso a rovescio o imbarcare i veicoli a Vladivostok. Pazzesco che non siano stati informati di questo neppure alla loro frontiera di ingresso tra Cina e Russia.

A causa del fuso orario il festoso ricongiungimento tra Guido e Bruno avviene a metà pomeriggio. Il tempo di recuperare il nostro amato veicolo nel caro parcheggio dell’albergo, cambiare denaro e sistemare i bagagli e siamo pronti a partire evitando di investire il migliaio di cinesi che popolano Kraskino in attesa che un nuovo pullman, dopo quello del confine, li porti fino a Vladivostok. Ancora con l’ausilio del diesel-metano percorriamo rapidamente i circa duecento chilometri che ci separano da Ussurijsk, sede odierna di tappa. L’Hotel Nostalgy ci rivede dopo appena dodici giorni e siccome l’ospitalità e la cena furono buone abbiamo pensato di ripetere l’esperienza, utile a rimettere in ordine le idee in vista delle prossime lunghe giornate. Avevamo valutato di raggiungere, circa cento chilometri più avanti, l’interessante Hotel Fort Cement a Spassk-Dalnyj, ma il rischio di non trovare posto ci ha fatto desistere. Il problema principale dei prossimi giorni sarà, oltre che gestire le energie, anche trovare posti per dormire nei rari hotel lungo il percorso. L’unico reale vantaggio di aver percorso questa strada due settimane prima è conoscere gran parte di quello che ci aspetta.

Team 2: Pechino
Dopo aver invocato aria fresca per una settimana circa, una leggera pioggia inaugura la penultima giornata pechinese, quella che da programma doveva essere dedicata alla visita della Grande Muraglia, una delle sette meraviglie del mondo. Dopo qualche momento di esitazione, i componenti del team 2, Andrea e Claudia, decidono ugualmente di affrontare le circa tre ore di spostamenti che li separano dal sito turistico, pur non sapendo se le condizioni meteorologiche consentiranno loro di godere appieno dell’escursione. Fortunatamente, il cielo nuvoloso non impedisce la visione del “gigantesco Drago” che si snoda per oltre sei mila chilometri lungo quello che un tempo era il confine settentrionale dell’impero. La visione è senza dubbio spettacolare, nonostante il sito scelto per l’escursione, quello di Badaling per l’esattezza, sia uno dei luoghi più affollati del pianeta! L’area è meta soprattutto di un turismo locale, ma nonostante le migliaia di persone e qualche inevitabile fila, l’organizzazione degli spostamenti con mezzi pubblici risulta molto economica ed efficiente, con autobus che collegano Pechino e Badaling in partenza a ciclo continuo.

Al rientro in città, Andrea e Claudia incontrano per l’ultima volta Mr Wang, che li supporta nell’acquisto dei biglietti dell’autobus che l’indomani li porterà al confine fra la Cina e la Mongolia, un viaggio di circa dieci ore fino alla cittadina di Erenhot. Da qui, il nostro team 2 proseguirà il giorno successivo verso la capitale Ulanbator.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– A Kraskino il flusso di cinesi ha portato ricchezza. Per un paese di appena tremila abitanti l’apertura del confine ha permesso la nascita di posti per dormire, per mangiare, negozi improbabili di cose russe in vendita per cinesi, taxi, autobus ecc…

Equipaggio del Giorno:

Team 1: Guido Guerrini e Bruno Cinghiale

Team 2: Andrea Gnaldi e Claudia Giorgio

Giorno 51 – Comincia il viaggio di ritorno

Team 1: Pechino-Hunchun

Nella giornata che ricorda il decimo anniversario del nostro ingresso in Cina con la Fiat Marea a gpl nel viaggio che ci portò alle Olimpiadi del 2008, avviene l’impegnativa e poco piacevole sveglia alle 4.45.

Tutto ciò per avere il tempo necessario di raggiungere in taxi la stazione ferroviaria centrale da dove parte l’unico treno giornaliero con destinazione Hunchun. Abbandonare il confortevole letto del Mercure Hotel per andare a fare file lunghissime, pure di domenica, nella affollata stazione di Pechino non è affatto un buon inizio di giornata. Curioso che questo treno che porta essenzialmente ad un posto di confine russo e un altro nordcoreano sia strapieno di gente. Naturalmente non si tratta di gite domenicali fuori porta, ma persone che con ogni probabilità prenderanno altre coincidenze per raggiungere città della lontana Manciuria.

Questa galoppata ferroviaria di circa dieci ore è necessaria per fare in modo che domani mattina Guido riesca a rientrare in Russia, impossessarsi della Hilux e riprendere a macinare chilometri verso quella che è la nuova avvincente destinazione: la Mongolia. Attraversare le verdi valli e i deserti di questo Paese da est ad ovest non è affatto facile vista la condizione delle strade e la mancanza di stazioni di rifornimento se non nella zona della capitale Ulan Bator. La nuova scommessa è riuscire a tagliare la Mongolia da parte a parte appoggiandosi al solo rifornimento di gasolio della capitale. L’uso del metano per aumentare l’autonomia del veicolo ci consentirà di percorrere un distanza impossibile per le normali auto monocarburante senza bisogno di portarsi con noi taniche di scorta.

Dopo circa dieci ore di viaggio Guido è arrivato ad Hunchun ripetendo nelle ultime due ore di viaggio l’interessante osservazione dal finestrino del fiume che divide la Cina e la Corea del Nord.

Se lunedì scorso questo arrivo fu contraddistinto da temperature altissime, stavolta piove e fa addirittura leggermente freddo.

Un economico taxi locale permette il raggiungimento dello stesso hotel dal nome impronunciabile (forse “Sgiu Tsia”) dove assieme a Mr.Wang avvenne il soggiorno nella prima notte cinese. Le scritte in russo, che accompagnano il cinese in questa città di confine, aiutano Guido nel trovare un luogo per mangiare. La temperatura si è molto abbassata rispetto ai giorni precedenti e questo favorisce una piacevole passeggiata per digerire l’ultima cena cinese e allo stesso tempo conciliare il sonno visto che anche domani la sveglia sarà piuttosto mattiniera.

E intanto a Pechino…

Team 2: Pechino

Mentre Guido comincia il suo viaggio verso la Mongolia lungo la strada russa, Andrea e Claudia hanno la possibilità di godersi le meraviglie di Pechino per ancora due giorni prima di iniziare il loro viaggio di ricongiungimento con Guido. I due membri della spedizione Torino-Pechino raggiungeranno la Mongolia con autobus e treni per poi aspettare il capospedizione nei pressi del confine con la Russia.

La giornata pechinese trascorre piacevolmente tra i sentieri del complesso imperiale del Palazzo d’Estate, dove gli imperatori solevano rifugiarsi durante i mesi più caldi per sfuggire all’afa della Città Proibita. Anche Andrea e Claudia, seguendo l’esempio degli illustri abitanti della città imperiale, si dedicano alla scoperta del parco e delle sue bellezze architettoniche e paesaggistiche, senza però riuscire a vincere l’implacabile calura pechinese. Al ritorno, un nuovo incontro con Mr Wang dedicato alla pianificazione degli spostamenti verso la Mongolia. Purtroppo, i treni diretti a Erenhot, l’ultima città cinese sul confine mongolo sono già pieni per i prossimi tre giorni, per cui opteranno per un lungo spostamento in autobus.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– L’espansione della rete ferroviaria di alta velocità seguo lo stesso ritmo di quella stradale. I “treni veloci” cinesi raggiungono ormai qualsiasi angolo della Cina essendo capaci di coprire 1500 km in meno di dieci ore e garantendo comunque un numero elevato di fermate. Rispetto all’esperienza italiana possiamo costatare anche un prezzo del biglietto molto più basso e alla portata della gente.

Equipaggio del giorno:

Team 1: Guido Guerrini

Team 2: Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio, Mr.Wang II

Giorno 50 – La grande decisione sotto l’ombra di Mao

4 agosto 2018, Pechino.

Dopo la consueta ricca colazione al Grand Mercure Hotel, arriva finalmente una mezza giornata da dedicare al turismo. Si comincia con una calda, ma fortunatamente ventosa, passeggiata in Piazza Tian’Anmen, la piazza pubblica più grande del mondo (ben 440.000 mq) racchiusa tra la Porta d’ingresso alla Città Proibita, dove campeggia una gigantografia di Mao Zedong, e il mausoleo a lui dedicato, meta di pellegrinaggio di milioni di cinesi e non, che con code incessanti vi si recano per rendergli omaggio.

Anche noi, armati di buone intenzioni, ci incamminiamo di buon’ora dal nostro albergo per tentare quello che già dieci anni fa non ci era riuscito. Purtroppo, anche questa volta, per una erronea informazione sugli orari di apertura e chiusura, manchiamo di pochi minuti l’agognato obiettivo, e dinnanzi a noi ritroviamo l’invalicabile cancellata metallica e umana, che nonostante le nostre suppliche, ci nega perentoriamente l’accesso al Mausoleo. Non resta che accontentarci di una foto ricordo davanti la Porta Celeste e ripiegare sulla Città Proibita e il vicino Parco Beihai, località molto suggestiva attorno ai laghi Houhai, dove ci concediamo una bella passeggiata fra salici piangenti e acque solcate da imbarcazioni curiose a forma di papere gialle e ricoperte da fiori di loto. Il parco Beihai, fra l’altro, sorge sul sito dove un tempo si ergeva il palazzo di Kublai Khan, il noto imperatore presso la cui corte soggiornò Marco Polo. Proviamo ad immaginarci il giovane mercante veneziano passeggiare nel cortile di questo palazzo.

Dopo un pasto veloce nell’unico punto di ristoro nel parco, a base di ravioli a vapore ripieni di carne e cavolo cinese, ci incamminiamo verso il nostro albergo, non prima di aggiungere alla lista dei mezzi di trasporto adoperati nel corso del viaggio anche una breve traversata del lago su una singolare pagoda a motore.

Alle 16.00 ci attende la riunione nel nostro albergo con Mr Wang. In questa occasione dobbiamo prendere la decisione definitiva relativamente al nostro viaggio e concordare la parte economica che l’agenzia cinese dovrà restituirci per il mancato prosieguo del viaggio. Per quanto riguarda il primo aspetto è deciso che Guido recupererà l’auto in Russia e tornerà verso il centro Asia attraversando da est ad ovest la Mongolia. Andrea e Claudia, più vicini al paese mongolo e senza dover recuperare l’auto, aspetteranno Guido presso il confine tra Russia e Mongolia. In questo modo Guido non percorrerà in solitaria la difficile traversata est-ovest del Paese di Gengis Khan e Andrea e Claudia vivranno comunque una interessante avventura nel dover farsi con i mezzi pubblici un lungo e impegnativo viaggio. La parte economica non regala particolari soddisfazioni visto che la parte più cospicua del pagamento non potrà tornare indietro. Del resto la nostra Hilux ha comunque una immatricolazione cinese nonostante non abbia realmente circolato negli ultimi chilometri prima di Pechino. Con buonsenso troviamo un buon accordo su quella parte di servizi di cui non abbiamo usufruito. Alla fine l’operazione cinese è costata come sempre molto, ma con la parte recuperata possiamo coprire l’aggravio di spese del nuovo viaggio in Mongolia.

Qualche ora di relax nel comodo albergo e poi arriva il momento di vivere l’ultima serata assieme in giro per Pechino. Su sapiente suggerimento di Mr.Wang, sempre molto pronto a risolvere i problemi attorno alle questioni legate al cibo, raggiungiamo non lontano dal nostro albergo il ristorante Hua’s, specializzato nella preparazione dell’Anatra alla Pechinese. All’ingresso del locale c’è una interessante galleria di personaggi importanti che hanno desinato in questo luogo. Nella sezione dedicata ai politici, tra Re, Presidenti o Primi Ministri, non poteva mancare una figura italiana. Tra tutti coloro che potevamo aspettarci di trovare, non ci aspettavamo certo l’onore di poter mangiare nello stesso locale dove si è seduta qualche anno prima Agnese Renzi. Per il resto il cibo era buono e la spesa contenuta, entrambi aspetti positivi per l’ultima cena in compagnia di tutta la delegazione cinese della Torino-Pechino. Il brindisi di buon auspicio è rivolto alla speranza di incontrarci tra circa una settimana ad est di Ulan Bator.

Concludiamo non troppo tardi la serata visto che il treno che porterà Guido di nuovo ad Hunchun partirà dalla stazione di Pechino alle 6.30 della mattina.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– In linea con il resto del mondo i prezzi a Pechino sono decisamente aumentati con la sorpresa di pagare anche l’ingresso in alcuni dei parchi cittadini.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio, Mr.Wang II

Giorno 49 – Pechino ringrazia Torino. La Mongolia dice sì al nostro passaggio.

3 agosto 2018, Pechino.

Colazione di buon’ora per avere tempo ed energie per affrontare la nuova calda giornata che abbiamo davanti. Il primo incontro è già alle 8.00 all’interno del nostro albergo con Mr.Wang con il quale dobbiamo definire i dettagli della strategia odierna. Tra le varie cose emerge che se confermassimo la nostra intenzione di non rientrare in Cina una seconda volta da un altro valico stradale, la cifra che risparmieremmo è di appena mille dollari su circa settemila spesi per pratiche burocratiche per immatricolare l’auto in Cina. Il tutto si giustifica con il fatto che le pratiche sono state comunque portate avanti e i soldi in questione depositati presso gli enti competenti.

Il secondo scoglio da affrontare è la richiesta di visto per la Mongolia, comunque utile per il prosieguo del viaggio. Troviamo massima collaborazione nel personale diplomatico della piccola ambasciata e di fronte al pagamento di circa 80 dollari a testa ci viene promesso che il visto sarà pronto per il pomeriggio.

Il passaporto fermo dai diplomatici mongoli impedisce di far partire una eventuale richiesta di visto russo da parte di Andrea e Claudia. Ci sarà tempo fino a lunedì per valutare la strategia e come e se affrontare l’eventuale richiesta di visto per la Russia.

Nel frattempo Guido acquista il biglietto ferroviario che nella giornata di domenica lo riporterà ad Hunchun, con l’obiettivo di superare di nuovo il confine russo e tornare a recuperare l’auto nel parcheggio di Kraskino lunedì mattina.

Nella tarda mattinata e con due ore di ritardo sull’agenda mattutina, l’equipaggio della Torino-Pechino incontra ufficialmente i rappresentanti del settore turistico della città di Pechino. Assieme a Minna Lian, già protagonista dell’incontro del 2008, siedono al tavolo con noi i signori Wen Wei e Zhenyu Zhang. Raccontiamo lo scopo del nostro viaggio, della bontà del sistema dual fuel con il diesel-metano e tutte le vicende che ci hanno portato fino alla capitale cinese. Consegniamo i doni della città di Torino tra cui la lettera di saluto della Sindaca Chiara Appendino e del Presidente del Consiglio Comunale Fabio Versaci, una medaglia commemorativa del nostro viaggio e la bandiera ufficiale del Comune di Torino. Riceviamo in cambio tre pacchi contenenti un thermos per thè, una chiavetta usb e una batteria di emergenza per dispositivi elettronici. Il tutto avviene nella massima cordialità.

Pausa pranzo molto occidentale visto che per velocizzare i tempi dell’ennesima impegnativa giornata testiamo, senza grandi soddisfazioni, il Mc Donald’s cinese a due passi dal nostro albergo.

Il pomeriggio lo trascorriamo interamente nel quartiere delle ambasciate con prima il ritiro con successo del visto che ci autorizza ad entrare in Mongolia e poi con la programmata visita all’ambasciata italiana. La decisione della Mongolia di permettere il nostro passaggio apre nuove prospettive all’itinerario di ritorno interamente da riorganizzare.

L’incontro con i nostri connazionali nasce grazie al fatto che nelle ultime settimane dalla nostra sede diplomatica di Pechino abbiamo avuto messaggi di sostegno per la nostra avventura. Grazie all’interesse dei funzionari che si occupano dell’ufficio economico e commerciale, tra cui Emanuele De Maigret e Luca Fraticelli, abbiamo l’opportunità di illustrare il progetto Torino-Pechino permettendo anche ai nostri principali sponsor di avere la giusta visibilità, grazie alla brochure che racconta le loro storie. All’incontro partecipa anche Eugenio Poti che si interessa al nostro problema burocratico spiegandoci quali mosse possiamo fare per un eventuale ritorno a Pechino in auto nella prossima settimana. Consegniamo due regali alla nostra ambasciata: il gagliardetto ufficiale della città di Torino e una bottiglia di vino toscano “43°” prodotto dall’azienda agricola Tenute Nardi in collaborazione con le Officine della Canonica e messo a disposizione dagli amici Filippo ed Emanuele Nardi. Ci vantiamo del fatto che probabilmente dai tempi di Marco Polo, nessun regalo italiano sia più arrivato in Cina via terra!

Con la promessa reciproca di tentare di rivedersi presto nella capitale cinese e con le doverose foto di rito, salutiamo tutti coloro che ci hanno ospitato in questo incontro.

Serata passeggiando in un quartiere non lontano dal nostro albergo e nei pressi del Tempio dei Lama. Qui, ancora una volta immersi negli Hutong, scoviamo un piccolo birrificio artigianale. La cena è più europea che cinese, ma in compenso la birra è davvero buona. Passeggiando rientriamo in Hotel consapevoli che domani, finalmente, potremo fare anche un po’ di turismo nell’attesa di ulteriori notizie e relative decisioni sul prosieguo del viaggio.

 

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Il già accennato miglioramento ecologico di Pechino è dovuto sicuramente ad un concorso di fattori. Noi abbiamo notato più cose: la maggior parte degli autobus è alimentato a metano e nelle stazioni di servizio cittadine pare che non si trovi più il gasolio, poiché, almeno a Pechino, il gasolio è stato completamente bandito negli ultimi tre anni. Molto presenti anche i motorini elettrici – silenziosissimi – in tutta la città.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio, Mr.Wang II

 

Giorno 48 – Grandi consultazioni nell’afa di Pechino

2 agosto 2018, Pechino.
Il racconto di oggi inizia da una dinamica scaturita nella notte precedente. Dopo l’arrivo al Grand Mercure Hotel e dopo le prime consultazioni su cosa fare dal giorno successivo, è emerso un problema: non c’era una stanza disponibile per Guido, arrivato a Pechino con un giorno di anticipo rispetto al programma definito in precedenza. Non è possibile correggere la prenotazione e una camera di livello “deluxe” risulta essere troppo costosa. Questo costringe il capospedizione a trasferirsi in un ostello a circa due chilometri dal Mercure Hotel. Per effettuare il viaggio improvvisiamo la chiamata di un taxi lungo la strada. Si ferma un giovane alla guida di un’auto privata che invita il capospedizione a salire a bordo per recarsi all’ostello convenuto. La saggezza dell’esperto viaggiatore porta a definire il prezzo in anticipo e viene concordato un troppo economico 16 yuan cinesi. All’arrivo al luogo desiderato la cifra diventa 110 yuan a causa dell’orario, del quartiere periferico (non vero!) e di altri elementi non chiari. Il povero tassista semiabusivo non ha capito di avere a che fare con un uomo fortemente provato dai due giorni precedenti e pronto anche all’omicidio pur di andare a dormire in tempi brevi. Dopo una breve discussione e una finta telefonata in inglese alla polizia, il tassista cede e si scende a 40 yuan per la corsa. Guido rinuncia ad ulteriori discussioni e si incammina al suo posto letto nella camerata da otto persone refrigerata, anche troppo, da un potente condizionatore. Al mattino nuovo disguido con un altro tassista, stavolta ufficiale: indicare “Grand Mercure Hotel” senza sapere che della stessa catena a Pechino ne esistono più di uno può portare il tassista ad andare in quello sbagliato. Così è, e non vale nessuna delle considerazioni sulla strada troppo lunga che Guido ha cercato di fare al conduttore di taxi in grado di parlare e capire solo il cinese. Per fortuna rimette in ordine la situazione il personale dell’albergo e con un ennesimo taxi che attraversa l’afa mattutina di Pechino tutto torna a posto.
In albergo Claudia e Andrea hanno dormito senza problemi e alle 11.00 comincia il lungo incontro-riunione con Mr. Wang. L’unica decisione effettiva presa è che non tenteremo un secondo ingresso in Cina da un altro confine. Il viaggio proseguirà percorrendo le strade degli altri paesi fino a raggiungere, come da programma, l’Asia centrale. A questo proposito è necessario comprendere quali percorsi burocratici possono permetterci di ottenere un visto per tutto l’equipaggio per la Mongolia ed eventualmente per la Russia relativamente ad Andrea e Claudia.
Con un caldo micidiale e una altrettanto fastidiosa umidità, ci trasferiamo al quartiere delle ambasciate dove raccogliamo le informazioni necessarie per ottenere un visto per il paese di Gengis Khan. Più tardi comincia un lungo balletto stradale, con l’uso di più mezzi pubblici, per trovare il centro visti russo. Arriviamo a destinazione, dopo anche una lunga camminata a piedi, alle 15.33, 180 secondi dopo la chiusura del centro visti. Il cinese addetto alla sicurezza, vagamente somigliante ad Alvaro Vitali, ci nega l’ingresso. Fortunatamente nello stesso momento escono dei russi che invitano il nostro “Pierino” a farci passare. Grazie a questo fortuito piacere siamo in grado di trattenerci a parlare per oltre due ore con due addette del centro, prima una cinese molto disponibile ad aiutarci avendo capito la nostra situazione e poi una russa che ci trasmette una ottima impressione.

La giornata di domani sarà decisiva visto che proveremo a presentare le richieste ufficiali di visto sia per la Mongolia che per la Russia. Il risultato di questo lavoro, soprattutto la definizione dei tempi di rilascio, permetterà di determinare l’itinerario di ritorno della Torino-Pechino e se Andrea e Claudia potranno in qualche modo supportare Guido nel prosieguo della spedizione. Allo stesso tempo le nuove dinamiche in atto potrebbero permettere al viaggio di assumere una ulteriore e interessante dimensione avventurosa, visto che le strade che dovranno essere percorse, sia in Mongolia che in Siberia, sono ricche di paesaggi e storie molto interessanti.

Quando rientriamo in albergo è già tardo pomeriggio. La giornata è trascorsa senza neppure lasciarci il tempo per pranzare. Decidiamo di alleggerire la pressione a cui siamo sottoposti fidandoci dei consigli della guida Lonely Planet, che in passato ci ha risolto positivamente più di una situazione. Ceniamo al Dàli Courtyard, un piacevole hutong, ovvero una casa tradizionale della vecchia Pechino con corte interna. Lo chef propone giornalmente piatti della tradizione della regione dello Yunnan, speziati con la giusta delicatezza. Caratteristica di questo ristorante è l’assenza del menù, visto che il già citato chef “impone” le proprie scelte ai clienti, sottraendo a questi ultimi l’annoso problema di decifrare gli ideogrammi che descrivono le pietanze. Soddisfatti per la degustazione di cibi avvenuta, rientriamo in albergo sottoponendoci ad una ulteriore riunione per definire i dettagli della giornata chiave di domani.

Come è cambiato il mondo in dieci anni

– Pur confermando una vistosa presenza di smog, Pechino in dieci anni ha fatto dei notevoli miglioramenti relativamente all’inquinamento urbano. La strada è ancora lunga, ma i progressi non sono di certo terminati.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio, Mr.Wang II

Giorno 47 – Tutti a Pechino!

1° agosto 2018, Hunchun-Pechino

La notte non è trascorsa molto serena, dato che nella giornata di ieri i nervi si erano caricati eccessivamente. Facciamo una buona colazione in stile cinese nel nostro albergo, accompagnati dal rammarico per la situazione complicata in cui ci siamo venuti a trovare, pur nella totale consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per provare a proseguire in auto. Non ci sentiamo responsabili dell’inghippo di ieri, e molte risposte dovrebbero arrivare dall’agenzia che fino ad un mese fa ci ha rassicurato sul fatto che il valico di confine non avrebbe riservato sorprese. Nutriamo un cauto ottimismo di riuscire almeno a recuperare una parte delle spese sostenute per l’immatricolazione dell’auto, anche se la partita la dovremo giocare a Pechino con i responsabili dell’operazione.

Allo stesso tempo abbiamo trascorso parte della giornata di ieri a raccogliere informazioni su questa anomala politica doganale della Russia, senza trovare informazioni chiare. Cercare di capire come funziona una cosa in Russia è spesso una vera impresa anche per un russo, dato che tutti gli addetti ai lavori ti forniscono risposte ogni volta diverse. Continuiamo a ritenere impossibile che tutte le dogane orientali della Russia, per oltre tremila chilometri, non permettano in questo periodo il transito di auto, mentre autobus e camion passano senza problemi. Nella nottata e nelle prime ore di questa mattinata sono proseguiti i contatti con Andrea e Claudia già arrivati a Pechino, con Emanuele impegnato a Mosca nel cercare di trovare una soluzione al nostro problema e con i principali promotori e sostenitori del nostro viaggio. In ogni caso la spedizione non si è fermata e l’obiettivo minimo del capospedizione Guido e di Mr. Wang è riuscire ad arrivare a Pechino entro la notte per permettere al viaggio di raggiungere la capitale cinese rigorosamente via terra, per poter consegnare i doni del Comune di Torino alla città di Pechino, uno degli scopi principali di questo viaggio.

Alla nostra Toyota Hilux a diesel-metano rimane la grande soddisfazione di aver unito i due oceani oltre che essere andata a livello di longitudine ben oltre la città di Pechino. Tradotto in chilometri, la nostra Hilux è almeno mille lunghezze più ad est della capitale cinese e il viaggio che porterà Guido e Wang a destinazione dovrà seguire una rotta sud-ovest, indietro verso l’Europa. Ci vuole un doppio treno con coincidenza per arrivare a destinazione partendo dalla remota Hunchun, dato che l’unico treno diretto ha finito i posti a disposizione. Dopo le difficoltà affrontate nelle ultime ore il cambio di un treno non possiamo certo considerarlo un problema.

Prima di andare alla stazione è il momento di recarsi anche alla sede locale della Banca Nazionale Cinese per poter cambiare il nostro denaro. Durante gli spostamenti tra albergo, banca, mercato cittadino e stazione notiamo come quasi tutti i taxi di Hunchun abbiano vicino alla targa la scritta CNG. Grazie a Wang che funge da interprete veniamo a sapere che il metano è molto diffuso in questa città e che sono presenti numerose stazioni di rifornimento, di cui neppure i tassisti interpellati conoscono il numero esatto. Curioso che Wang mi traduca la sigla CNG in “China Natural Gas” e non in “Compressed Natural Gas”: un esempio di nazionalismo ecologico. Questa scoperta aumenta ancora di più il rammarico per i fatti di ieri, visto che con la nostra autonomia con il diesel-metano di oltre 1500 chilometri avremmo coperto senza problemi la distanza fino a Pechino con un rifornimento di metano ad Hunchun.

Alle 12.00 siamo nella stazione della città che ci ospita e e prima di salire, alle 12.45, nel treno D22 che ci porterà a Changchun, facciamo in tempo ad esplorare tutta la struttura ferroviaria probabilmente di nuova costruzione e molto pulita. Simpatico il fatto che tutte le poltrone della sale d’aspetto possano massaggiarti collo e schiena. In Cina ci si può avvicinare al binario solo negli ultimi dieci minuti prima dell’arrivo del treno e tutto il sistema di apertura delle porte che conducono ai binari è controllato automaticamente. Guido non è sorpreso del fatto di essere l’unico straniero a bordo e di conseguenza di essere guardato da tutti come un raro esempio di “europeo”, in particolare modo dai bambini.

Nei primi chilometri del nostro viaggio il treno costeggia il fiume che fa da confine con la Corea del Nord, una nuova occasione per incontrare il Paese dove il capospedizione ha passato lo scorso fine settimana. La differenza tra le città cinesi e coreane che si affacciano sul fiume è rappresentata dalla maggiore vivacità e qualità delle case nella sponda in cui ci troviamo. Non notiamo particolari strutture di confine, se non qualche torretta di guardia, a ridosso del fiume che sembrerebbe anche non particolarmente difficile da attraversare. L’altra compagna di viaggio verso Pechino è la moderna autostrada che porta dal confine fino alla capitale. Come tutte le autostrade cinesi è diventata a pagamento. Se comprendiamo bene le parole di Mr.Wang il costo è di circa mezzo euro per ogni dieci chilometri.

Il pranzo in treno è a base delle leccornie acquistate nella mattinata in uno dei grandi mercati di Hunchun assieme all’esperto Wang. Continuando ad osservare il verde paesaggio, prima montano e poi pianeggiante, abbiamo modo di apprezzare come i treni cinesi viaggino a velocità molto elevate, ma allo stesso tempo facciano numerose fermate, cosa non molto comune in Europa. Del resto sotto le rotaie passano stazioni di città che spesso superano il milione di abitanti. Sia le grandi città che i villaggi della enorme campagna sembrano in perfetto ordine, oltre a trasmettere una sensazione di modernità e tranquillità. Il bello del viaggio via terra è poter osservare da vicino molte cose, compresi i cambiamenti rispetto allo stesso viaggio del 2008. Relativamente alle campagne che osservammo dieci anni fa la situazione appare molto migliore. La Cina cresce anno dopo anno, ma la locomotiva città cerca di portarsi dietro ogni vagone, compresa la campagna.

A metà pomeriggio siamo nella grande e trafficata città di Changchun, dove abbiamo poco più di un’ora per cambiare treno. La stazione ferroviaria è simile ad un aeroporto, divisa in terminal. Di fatto per passare dal nostro binario a quello dove si fermerà il treno che va a Pechino impieghiamo tutto il tempo a nostra disposizione. Salendo e scendendo tra le varie piattaforme rinunciamo anche ai bisogni fisiologici. Saliamo sul treno veloce G384, molto più affollato di quello precedente. Già nel tardo pomeriggio le ombre dei palazzi cominciano ad allungarsi e il sole presto tramonta. Il paradosso della Cina è che c’è un solo fuso orario in un grande Paese che si dovrebbe estende almeno su quattro. Questo ha il vantaggio di tenere tutto il Paese in un’unica ora, ma allo stesso tempo costringe le provincie più orientali a vedere il sole sorgere e tramontare molto presto e le remote zone occidentali al problema opposto.

La cena in treno si svolge con gli stessi prodotti e le stesse modalità del pranzo. Alle 23.00 siamo a Pechino e con un taxi, anche questo a metano, copriamo i circa dieci chilometri che ci portano all’Hotel Mercure, il migliore hotel dove possiamo dormire in questo viaggio, scelto per noi dall’amico Maurizio Bragagni, che a distanza di dieci anni non ha fatto mancare il proprio appoggio al progetto Torino-Pechino.

Quando è quasi mezzanotte Guido e Andrea, i due reduci della spedizione del 2008, possono salutarsi presso l’ingresso dell’albergo ad una settimana di distanza dal decimo anniversario dell’inizio delle Olimpiadi del 2008 qui a Pechino e dell’arrivo in città della spedizione di dieci anni fa. Difficile andare a dormire, visto che tutti sentiamo il bisogno di confrontarci su come proseguire l’avventura cinese e come impostare il viaggio di ritorno che sarà probabilmente molto diverso da quello che avevamo in programma.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Con il fatto che le ottime autostrade sono diventate a pagamento, non è un caso che una parte del traffico si sia spostato nelle strade statali.

– Almeno in questa parte di Cina il miglioramento delle zone di campagna appare evidente.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Mr. Wang II

Giorno 46 – Respinti in frontiera!

31 luglio 2018, Kraskino-Hunchun (tratto in auto Kraskino-dogana-Kraskino km 44) – Tot. 14.873

Sveglia alle 7.00 e dopo un rapido passaggio da un supermercato locale per prendere provviste, utili per le sempre probabili lunghe attese doganali, si parte per il posto di confine a circa 25 chilometri da Kraskino. Attorno alle 9.00, dopo aver percorso una pessima strada piena di buche, siamo in frontiera in attesa dell’apertura dei cancelli prevista per le 10. Arrivare presto è utile per acquisire una buona posizione, ed infatti siamo secondi subito dopo un minibus. Importante era anticipare la massiccia presenza di autobus, molti dei quali partenti dal piazzale del nostro alberghetto.

Finalmente arriva l’apertura del pesante cancello che separa il mondo dalla zona di confine e dopo il minibus il soldato di guardia fa passare due autobus lasciandoci fermi a lato del cancello. Dopo alcuni minuti lo stesso soldato si avvicina e ci fa presente che non si può andare in Cina con un’auto privata. Con massima tranquillità spieghiamo che abbiamo il permesso delle autorità cinesi e che sull’altro lato del confine c’è Mr. Wang che ci aspetta con tutti i documenti di immatricolazione dell’auto rilasciati dalla prefettura cinese competente. Il soldato ripete che il problema non sono i cinesi, ma è la dogana russa che non è autorizzata a far passare auto, ma solo camion e autobus.

Non essendo degli sprovveduti nell’organizzazione di questo tipo di viaggio, stentiamo a credere alle parole del militare, visto che pochi mesi fa ci eravamo accertati che da questa dogana potessero passare autoveicoli e appena un mese fa fece lo stesso accertamento, tramite la dogana cinese, anche l’agenzia turistica dove lavora Wang. Per questo scegliemmo senza porci problemi di passare dal confine più meridionale tra Russia e Cina, quello di Kraskino-Port Hunchun.Vengo raggiunto da quattro doganieri, tra cui un superiore che parla inglese, con cui intavoliamo una poca piacevole discussione nella quale viene ribadita l’impossibilità del transito. Nel frattempo Mr. Wang attiva le autorità cinesi, io mi sento con i diplomatici italiani a Pechino, ma l’esito resta negativo. I russi mi consigliano di andare alla dogana presso Ussurijsk, a circa 300 km da qui, dove si dovrebbe passare senza problemi. Anche Wang sarebbe disponibile a raggiungermi dopo qualche ora ad Ussurijsk, ma da una telefonata dei soldati emerge che anche lì sono in vigore le stesse regole. Da un ulteriore approfondimento si chiarisce che la dogana utile più vicina è quella di Zabajkalsk, ad appena 3.100 chilometri da dove siamo, ovvero almeno cinque giorni di viaggio! Il concetto è che in tutta la Siberia orientale le dogane con la Cina sono al momento chiuse al traffico privato, per quanto riguarda questa di Kraskino si ipotizza una riapertura nel 2019.

Giochiamo l’ultima carta possibile, ovvero sottolineare che siamo un veicolo commerciale paragonabile ad un camion. I militi titubano per qualche minuto, fanno telefonate e forse sono ad un passo dal cedere, ma poi il più alto in grado mi comunica che se non ci allontaniamo rischiamo di essere multati. Siamo costretti a retrocedere, sempre attraverso la già citata pessima strada, fino al paesino di Kraskino, dove nel piazzale dell’albergo di ieri sera cerchiamo di pensare ad una strategia. Purtroppo vista l’ora mattutina e la differenza di fuso orario dobbiamo decidere senza la possibilità di confrontarci con gli sponsor e sostenitori del viaggio in Italia. Nel frattempo Wang comunica che non si può andare al confine di Zaibajkalsk perché i documenti dell’auto sono rilasciati da un’altra prefettura. Pertanto, lì ci farebbero passare i russi ma non i cinesi.

A questo punto le strade sono due, o la rinuncia completa ad andare in Cina, oppure cercare di raggiungere senza l’auto Pechino, dove abbiamo già in programma l’incontro con le autorità cittadine con la consegna dei doni portati da Torino, un altro momento con l’Ambasciata d’Italia e il previsto arrivo di Andrea e Claudia che si uniranno al viaggio. Escludiamo a priori di andare nella capitale cinese in aereo, visto che i doni torinesi devono arrivare a destinazione via terra, esattamente come quelli che portò Marco Polo al Gran Khan! Aiutati logisticamente a trovare una soluzione dal personale del nostro vecchio Orion Hotel Complex, decidiamo di dividere l’equipaggio della Torino-Pechino: Bruno il Cinghiale resta a Kraskino con l’auto parcheggiata presso l’albergo di Kraskino, mentre Guido prepara un bagaglio minimo e sale sul primo bus che va verso la frontiera, che raggiunge circa due ore dopo la sofferta decisione di partire senza l’auto. Al controllo doganale c’è comunque stupore tra i doganieri russi che vedono di nuovo “l’italiano” cercare di raggiungere la Cina, anche se con il morale decisamente basso. Il passaggio nella parte russa è lento ma senza difficoltà. Di nuovo a bordo dell’autobus raggiungiamo la parte cinese del confine dove Mr.Wang ha pazientemente aspettato finora. Guido è entrato ufficialmente in Cina e viene preso in consegna dall’efficiente Wang che si è già informato su come fare a raggiungere Pechino via terra. Raggiungiamo la vicina e moderna città di Hunchun, una delle principali città della prefettura autonoma coreana di Yanbian, dove per l’appunto i coreani sono quasi il 35% della popolazione. Siamo esattamente all’incrocio del confine tra Cina, Russia e Corea del Nord e curiosamente in molte attività commerciali agli ideogrammi cinesi si affiancano scritte in cirillico che permettono di capire cosa c’è all’interno del negozio. Qui dormiremo in attesa del treno per Pechino di domani. In realtà i treni saranno due, ma il risultato di raggiungere comunque la capitale cinese via terra sarà rispettato. Con estremo bisogno di pranzare, dato che siamo a metà pomeriggio, Mr.Wang decide che è il momento di andare in un vero ristorante cinese a degustare anatra, riso e verdure. Dopo la forse eccessiva scorpacciata di cibo è ora di riposare e confrontarsi con tutti i contatti della Torino-Pechino per parlare delle scelte da fare nei prossimi giorni, compreso l’itinerario di ritorno che a questo punto rischia di subire pesanti modifiche. La giornata si conclude con un’altra notevole degustazione di cibo accompagnata da birra cinese. Wang consiglia di dedicarsi al cibo e all’alcol per dormire meglio ed essere più rilassati, vista la difficile giornata di domani. In ogni casoб per digerire si rende necessaria una passeggiata in città dove, oltre i palazzi moderni, è possibile ammirare tutta la particolarità della segnaletica orizzontale e verticale cinese.

Nel frattempo Andrea e Claudia sbarcano a Pechino in aereo pronti ad unirsi all’avventura e soprattutto a cogestire i problemi scaturiti dalla sfortunata giornata odierna. L’unica amara consolazione della giornata è che con il pieno di Chabarovsk saremmo davvero arrivati in Cina considerato che abbiamo ancora un residuo di gas naturale nel serbatoio nonostante la strada percorsa dalla dogana per tornare a Kraskino sia stata decisamente più lunga di quella che restava per varcare il confine.

Come è cambiato il mondo in dieci anni:

– il paragone è tra la città di frontiera del 2008 e quella di oggi, che non è la stessa, ma ha una simile vocazione. L’impegno dei cinesi nel settore del commercio è sicuramente in ulteriore espansione. La moneta cinese rispetto a dieci anni fa ha guadagnato un buon 20% sia sul dollaro che sull’Euro. Sorprendenti le tecnologie in frontiera, dove un poliziotto robot ti parla nella tua lingua mentre ti rileva le impronte digitali.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno il Cinghiale, Mister Wang II.

Giorno 45 – Vigilia cinese

30 luglio 2018, (Pyongyang)-Artyom-Kraskino (km. 209) – Tot. 14.829

La sveglia al ventesimo piano dell’Hotel Koryo mi permette di vedere il sorgere del sole in corrispondenza della Torre Juche. L’effetto ottico è notevole anche se penso non sia stato programmato, come molte delle cose turistiche e non che riguardano la capitale nord coreana. Assieme alle mie due guide e naturalmente all’autista raggiungiamo in meno di mezz’ora l’aeroporto di Pyongyang circa sessanta minuti prima della partenza del volo. Trovarsi in una città dove non esiste il traffico privato e dove non partono o arrivano chissà quanti aerei permette di velocizzare tutte quelle attività che in occidente sarebbero più complicate. In ogni caso la burocrazia è sempre in agguato e un non meglio precisato problema allerta un solerte poliziotto della dogana coreana. L’intervento delle mie guide e una telefonata a non so chi risolve il tutto. Mi congedo dai miei nuovi e unici amici nordcoreani e salgo di nuovo sul consueto Ilyushin 62 made in Kazan. Circa mezz’ora oltre l’orario previsto per la partenza, un improbabile annuncio della hostess ci comunica che il ritardo è dovuto al traffico aereo.

Non sono sicuro della veridicità dell’affermazione dato che ho notato tecnici aggirarsi attorno all’aereo con degli enormi manuali d’istruzioni. In ogni caso, con un’ora di ritardo lasciamo Pyongyang e il volo fila liscio fino all’aeroporto di Vladivostok, presso la già citata cittadina di Artyom. Superato il controllo doganale, stavolta accompagnato dall’affettuosità e relativa leccata del cane antidroga russo, mi dirigo al parcheggio dove finalmente recupero la Toyota Hilux qui abbandonata per poco più di 72 ore. Comincia il viaggio di giornata, questa volta solo in due visto che sono accompagnato dal Cinghiale Bruno. L’obiettivo è portarsi a ridosso del confine cinese per poter presentarsi in dogana nelle prime ore del mattina della giornata di domani. Dopo uno spuntino e un pieno di gasolio nella sempre presente stazione di servizio Rosneft, si risale a nord per una parte della strada percorsa nei giorni passati per raggiungere Vladivostok. Da qui si svolta decisamente verso sud per percorrere una strada che si avventura in un paesaggio che tutto ricorda meno che di essere in Russia. Oltre il verde da foresta fluviale, avvistiamo più volte cartelli che ci avvisano di essere in un parco chiamato “terra del leopardo”. Oltre la tigre dell’Ussuri in questa zona si aggira anche il leopardo! Siamo in altura rispetto a tutto ciò che ci circonda e grazie ad una ottima visibilità si scorge anche Vladivostok sull’altro lato del golfo. Paradossalmente, meno di una settimana fa avevamo una visibilità di 30 metri e oggi superiamo abbondantemente i 30 chilometri.

La destinazione della giornata è la piccola cittadina di Kraskino, a 25 chilometri dalla Cina e quasi altrettanto dalla Corea del Nord. Siamo quasi nel punto più a sud della Russia, battuti per un grado di latitudine dalla zona più meridionale del Caucaso. A Kraskino c’è molto poco se non un albergo di medie dimensioni studiato per i cinesi in transito da questo confine strategico, essendo quello più meridionale tra Russia e Cina. I prezzi dell’Orion Complex non sono carissimi, ma l’acqua calda c’è solo per poche ore al giorno. Da qui nella giornata di domani saremo al confine in circa 20 minuti. Entrando in Cina sposteremo le lancette indietro di due ore e quindi coltiviamo la speranza di avere comunque una buona parte della giornata per viaggiare verso Pechino. Nel frattempo i cinesi di passaggio completano il saccheggio della cucina, e noi rischiamo di rimanere a pancia vuota. Ci salva il vecchio e impresentabile cafè Korona, dove il menù prevede solo borsh, una polpetta di carne e del purè. Non ci sono alternative e accettiamo l’offerta. La passeggiata serale tra i ruderi e le poche case decenti di Kraskino riserva una interessante sorpresa. All’interno del parco cittadino ci sono dei monumenti a ricordo del tenente dell’Armata Rossa Michail Kraskin, a cui il villaggio deve il nome, che è morto con qui nel 1936 durante uno scontro di frontiera con i giapponesi che tentavano azioni offensive, la più violenta delle quali, nel 1938 a Chasan, si concluse con centinaia di caduti da entrambe le parti prima che le truppe sovietiche riuscissero a respingere i nipponici. Oltre ciò, nella strada principale è in manutenzione un bel monumento di epoca sovietica, oltre ad un grande murale dedicato a Lenin nel cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre.

Osservando le cinque mucche che bevono da una grande pozzanghera vicino all’Hilux, ci corichiamo in attesa della difficile giornata di domani.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno il Cinghiale