Giorno 66 – Arrivo in Kirghizistan

20 agosto 2018, Almaty-Bishkek (264 km – tot. 23.440)

Anche al mattino all’hotel Turkestan manca l’acqua calda. Per la seconda volta in poche ore sarà quella fredda a curare la nostra igiene. Poco importa visto che la giornata rimarrà quasi per intero attorno ai 38° di temperatura. Dopo la colazione facciamo una passeggiata diurna nei pressi dell’albergo. Uno sguardo al mercato agricolo all’interno del bazar verde per poi proseguire fino al Parco Panfilov. Qui c’è un imponente memoriale dedicato a ventotto soldati dell’Armata Rossa di provienienza kazaka e kirghisa che riuscirono a rallentare l’avanzata tedesca nei pressi di Mosca nel 1941. La loro storia è molto popolare in tutti i paesi dell’ex Urss. Sempre in questo parco sorge la bella Cattedrale dell’Ascensione che ha la particolarità di essere tutta in legno, chiodi compresi.

Lasciamo il centro cittadino per effettuare un pieno di metano in una delle stazioni che riforniscono gli autobus della città, che sono tutti a metano o elettrici. Sebbene in questa stazione non ci conoscesero, l’accoglienza è sempre di livello molto elevato e non ci sottraiamo alle ormai consuete foto di gruppo.

Rispetto a dieci anni fa notiamo che la città ha avuto un grande boom urbanistico che ne ha cambiato buona parte dei connotati, soprattutto le zone attorno al centro, che nel 1887 era stato devastato da un terremoto che aveva lasciato in piedi solo la già citata cattedrale in legno.

Giunge l’ora di lasciare la viva e piacevole Almaty percorrendo la trafficatissima tangenziale che ci porta all’inizio della grande strada che conduce nell’ovest del Paese e naturalmente anche a Bishkek, non lontano obiettivo di giornata. È molto in uso l’abitudine di chiedere passaggi lungo le principali strade e in quella che parte verso Bishkek c’è quasi una stazione per l’autostop, visto che ci sono almeno trecento persone intente a chiedere passaggi. Oltre questo ci colpiscono le angurie giganti presenti in centinaia di bancarelle lungo la stessa strada. Tra la frutta e i pedoni diventa davvero complesso uscire dalla città.

Veloce pranzo lungo il tragitto e i circa duecento chilometri che ci separano del confine volano in poco tempo grazie alla strada costruita negli ultimi anni. Korday è la città di confine e la propria economia è tutta dedicata a cambio di valuta, distributori di benzina, tassisti, piccoli market e tutto ciò che potete immaginare a livello di commercio, dai divani alle auto. Le due stazioni doganali sono ai due lati del piccolo fiume Cu e ci sorprende il fatto di non trovare file significative. In effetti le operazioni sul lato kazako sono piuttosto veloci, ma quelle kirghise ci sorprendono ancora di più visto che si limitano al timbro sul passaporto e null’altro. La gentilezza dei doganieri è impressionante e le uniche domande che ci vengono fatte sono relative alla Juventus e Cristiano Ronaldo a causa del nome di Torino che portiamo scritto sull’auto. Chiediamo notizie sull’assicurazione per l’auto e ci viene risposto che non è necessaria. Oltre il confine c’è un posto di blocco della polizia. Anche qui facciamo presente di non avere una assicurazione valida per il Kirghizistan e con un sorriso ci dicono che nessuno ha l’assicurazione in questo paese.

Percorrendo i circa venti chilometri che ci separano dalla capitale troviamo il distributore di metano Gazprom dove domani avremo un incontro con i nostri partners kirghisi.

Notiamo molti richiami all’Unione Euroasiatica, il soggetto economico e forse a breve anche doganale che unisce Kirghizistan, Kazakistan, Russia, Bielorussia e Armenia, una sorta di Unione Sovietica in miniatura. Prendiamo alloggio presso l’Astor Hotel, veramente difficile da trovare senza un navigatore satellitare. Arrivati nella strada dove pensavamo che fosse troviamo al suo posto una medressa. Dalla scuola islamica escono dei barbuti seguaci di Maometto che gentilmente ci aiutano a rintracciare la struttura, ubicata proprio sotto la torre della televisione, una panacea dal punto di vista delle emissioni elettromagnetiche. La Hilux suscita curiosità e non mancano le domande da parte degli altri clienti dell’hotel. Approfittando dei pochi minuti di luce rimasta tentiamo una sortita in centro dove facciamo in tempo a vedere alcune delle attrattive principali dove torneremo domani mattina. Dopo giorni di scarsi pasti ci concediamo una lussuosa cena con vista sulla piazza Ala-Too, l’animato cuore pulsante di Bishkek. L’architettura cittadina rispecchia molto lo stile sovietico con delle personalizzazioni kirghise che non rovibano l’effetto complessivo.
Il rientro in albergo avviene ad ora non tardiva per favorire il meritato riposo.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La principale strada che collegava Almaty a Bishkek era in realtà una strada sovietica che ignorando quelli che sarebbero diventati i futuri confini tra stati sovrani collegava est e ovest del Kazakistan attraversando la capitale kirghisa. Oggi i kazaki hanno costruito una grande strada che evita da nord il problema. Non si trova più traccia nei nuovi atlanti o nei navigatori satellitari della vecchia strada.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 65 – Alle falde del Pamir

19 agosto 2018, Usharal-Almaty (558 km – tot. 23.176)

La luce mattutina entra troppo presto attraverso le tende nella nostra camera, e alle otto ci ritroviamo per una colazione collettiva con i due equipaggi del Mongol Rally che dormono nel nostro stesso albergo. Espletato l’aspetto nutritivo si passa alle foto commemorative dell’incontro che è servito a rendere meno monotono il sabato sera a Usharal. Loro partono verso nord, Bruno e Guido vanno a sud. Usharal nel mondo post sovietico è nota per un terribile episodio di cronaca avvenuto nel 2012. In una postazione militare posta tra Usharal e il confine cinese furono trovati morti 14 militari e un cacciatore. In un primo momento fu difficile comprendere le dinamiche del fatto, ma successivamente emerse una possibile verità, secondo cui un commilitone non in servizio avrebbe compiuto la strage per vendicare episodi di nonnismo e di discriminazione etnica, essendo l’unico russo nella guarnigione kazaka. La versione ufficiale dei fatti è stata cambiata più volte, e il militare è al momento in carcere.

La marcia mattutina non procede spedita a causa delle condizioni non eccellenti delle strade. L’asfalto c’è sempre, ma spesso è in condizioni tali da rischiare di distruggere cerchi e sospensioni. Poco oltre la città di Sarkand, ottimizzando il tempo si provvede a cibarsi e ad effettuare il necessario lavaggio alla sempre più sporca Toyota Hilux.

Superata la grande città di Taldiqorgan comincia una ottima quattro corsie che permette di tenere buone velocità. In lontananza si cominciano a vedere le innevate montagne del Pamir, dove alcune vette superano i cinquemila metri. Proprio dal Pamir scendono i fiumi e i torrenti, in questo periodo colmi di acqua, che portano vitalità alla terra che passa dall’aridità della steppa al verde delle coltivazioni agricole.

La macchina pulita non poteva che essere benedetta da pioggia e grandine poco prima di entrare ad Almaty. Va a vuoto un tentativo di rifornirsi di metano dato che il distributore che ci era stato segnalato in realtà vende gpl. Decidiamo di rinviare l’operazione al giorno successivo consapevoli che il metano si troverà visto l’enorme numero di bus a gas naturale che percorrono le strade cittadine. Nel frattempo con il pieno di Barnaul abbiamo raggiunto l’incredibile cifra di 1476 chilometri, migliorando di molto il precedente record. I fattori che hanno aiutato la prestazione sono, oltre l’ottimo metano russo, la bassa velocità tenuta nella parte kazaka del viaggio e un minor numero di chilogrammi tra bagaglio e passeggeri rispetto al viaggio di andata.

Nella Torino-Pechino 2008 approdammo, proprio in questa settimana, all’hotel Turkestan di Almaty. Tentiamo con successo di rinnovare la tradizione e per pochi tenghe prendiamo anche questa volta una stanza in questo centrale albergo davanti al popolare “mercato verde” dedicato ai prodotti ortofrutticoli. La città ha conservato una grande vivacità nonostante la perdita dello status di capitale e lo svuotamento di tutti i ministeri prontamente recuperati con altre funzioni. Ceniamo in una “stolovaja” di epoca sovietica e passeggiamo lungo la “Nazarbayeva”, una delle vie centrali della città che porta il nome del presidente in carica, quindi non defunto, del Kazakistan. Il primo e unico presidente di questa nazione è in carica dai tempi dell’Unione Sovietica e apparentemente, visti i risultati elettorali in cui pure gli avversari dichiarano di votarlo, sembra che goda di un vasto appoggio popolare.

Il rientro in albergo avviene in taxi e il tutto porta ad una curiosa gag. Anche il tassista è un fan del commissario Cattani e chiede chiarimenti sul fatto che la Sicilia sia un’isola oppure no. Spieghiamo che è un’isola separata dal resto dell’Italia da pochi chilometri. A questo punto il tassista chiede perché non sia mai stato fatto un ponte tra Sicilia ed Italia per poi correggersi e dire che in fondo, visto quello che è successo a Genova, è meglio così. La triste storia del ponte ligure contribuisce ulteriormente a rovinare l’immagine dell’Italia nel mondo, lo conferma anche un tassista qualsiasi kazako. Con questa amara considerazione possiamo andare a letto.

Cosa è cambiato nel mondo in dieci anni?

– Almaty, nonostante non sia più la capitale del Kazakistan, continua ad essere un polo di attrazione economica importantissimo. La città in dieci anni si è notevolmente estesa e la popolazione ha superato i due milioni di abitanti; considerando i sobborghi e i molti irregolari si arriva anche a tre milioni.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale