Giorno 63 – Discesa a valle

17 agosto 2018, Karakol-Semej (884 km – tot. 22.043)

La temperatura mattutina quando andiamo ad usare i servizi igenici nel campo dietro casa è attorno ai sei gradi. Per fortuna l’acqua è calda e assieme alla piacevole colazione ci permette di iniziare con la marcia giusta la giornata. Se vogliamo uscire dalla Russia entro sera è necessario trascorrere molte ore per strada. La P-256 “Chujskij Trakt” oggi ci offre un panorama meno spettacolare ma senz’altro vivace. Non mancano le strutture ricettive, i locali dove mangiare e le tante bancarelle di prodotti tipici dell’Altaj. Contrariamente ad altre zone della Russia troviamo numerosi cartelli in lingua inglese che indicano i luoghi di interesse turistico.

Arrivati a Gorno-Altajsk, capoluogo della Repubblica degli Altaj, possiamo finalmente fare un nuovo rifornimento di metano in una stazione Gazprom. Siamo accolti con simpatia da Aleksej, l’addetto al rifornimento, che chiede di fare foto assieme. Come è risaputo, Bruno abitualmente non può guidare, e in questa giornata Guido accusa la stanchezza accumulata finora. Il poco sonno e la tensione delle giornate precedenti emergono tutti assieme e solo un bel pranzo liberatorio, assieme alla notizia che la dogana di oggi non chiude di notte, riescono a far recuperare energie fisiche e morali. Ancora altri chilometri ed eccoci a Barnaul, capoluogo del Territorio degli Altaj, un soggetto federale diverso dalla Repubblica citata in precedenza. Ormai siamo in pianura e le temperature superano abbondantemente i trenta gradi, candidando la giornata odierna al record di escursione termica tra la mattina e il pomeriggio. Barnaul appare come una città molto vivace, attraversata dall’Ob come la vicina Novosibirsk. Qui facciamo un secondo rifornimento di metano presso un’altra stazione Gazprom. Naturalmente non ci sono problemi di autonomia, ma decidiamo di rabboccare il prezioso gas e di fare visita anche a questa stazione di rifornimento. Da Gorno-Altajsk avevano avvisato del nostro arrivo e quindi troviamo Anna, Igor e il responsabile Michail pronti ad accoglierci e a farci la consueta carrellata di fotografie.

Nel traffico cittadino perdiamo quasi un’ora che cerchiamo di recuparare aumentando il ritmo nei poco oltre trecento chilometri che ci separano dalla frontiera con il Kazakistan. Le montagne restano solo un ricordo dato che siamo circondati da grano e girasoli.
La dogana di Veselojarsk appare davvero malmessa e vecchia. Nella copertura del padiglione del controllo auto c’è una scritta che definisce questo luogo la “porta dell’Asia”. La fatiscenza della struttura non è giustificabile visto che Russia e Kazakistan sono separati solo dalla fine del 1991 e quindi le strutture non dovrebbero apparire in queste condizioni. In ogni caso l’organizzazione è buona e tutto sommato in meno di tre ore siamo fuori dalla Russia. Durante l’attesa, bloccati per circa mezz’ora tra le due dogane, ci è capitato di parlare con alcuni russi in coda che elargivano parole poco carine nei confronti di Eltsin e Gorbaciov, corresponsabili dello sfascio dell’Unione Sovietica e della nascita di questa e altre centinaia di dogane. Di fatto un tempo questa frontiera non esisteva e passare da una parte all’altra era come andare dalla Toscana all’Umbria.

Ormai è notte quando comincia il viaggio sulla strada kazaka, intervallato da una lunga sosta per fare l’assicurazione auto obbligatoria, con il funzionario che sbaglia i dati anagrafici di Guido e dell’auto almeno tre volte. Il primo albergo dovrebbe essere a circa ottanta chilometri dal posto di confine. La strada è decente, senza buche ma con difficoltà nella notte a stabilire i limiti della carreggiata, oltre i soliti attraversamenti di animali stavolta di piccola taglia. I pochi villaggi che attraversiamo non hanno alcuna forma di illuminazione pubblica. L’albergo segnalato è pessimo, decadente e sporco e a questo punto facciamo altri trenta chilometri alla ricerca di qualcosa di migliore a Semej, più conosciuta con il nome russo di Semipalatynsk. Qui dopo alcuni minuti di ricerca troviamo il semilussuoso “Golden Plaza”, che oltre la prevista fornitura di una stanza per dodici ore ci permette di cenare a mezzanotte inoltrata.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– Incredibilmente il prezzo delle assicurazioni temporanee per le auto in Russia e in Kazakistan è diminuito. In parte questo è dovuto alla svalutazione delle due monete, ma complessivamente i prezzi sono davvero molto più bassi

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 62 – Un giorno in dogana

Olgij-Karakol (km. 437) – Tot. 21.159

Il vetusto e decadente hotel Duman offre una colazione modesta, ma che si rivelerà molto importante nel corso della giornata. Finiamo i tugrik mongoli con un pieno di gasolio a prezzo conveniente e partiamo verso il confine russo-mongolo. I primi settanta chilometri sono asfaltati e gli ultimi trenta sono pessimi. Dobbiamo essere prudenti vista l’assenza della ruota di scorta. Arriviamo al piccolissimo paese di Ulaan Baishint qualche minuto prima dell’apertura della dogana prevista per le 9.30. Siamo la quarta auto e c’è cauto ottimismo sulle tempistiche. In effetti il controllo doganale sul lato mongolo avviene in tempi rapidi nonostante sia ostacolato da una mandria di mucche che non vuole liberare il piazzale della postazione doganale. Da qui si percorrono altri nove chilometri di pista per arrivare ad un cancello chiuso dove un soldato russo è di guardia. Questo è il vero e proprio punto di confine e quando si accumulano due o tre veicoli viene aperto il cancello. Siamo in altura: anche se ignoriamo l’esatta altitudine, ci troviamo oltre i duemila metri. Nella parte russa ricomincia l’asfalto e dopo poco meno di venti chilometri arriviamo al punto di controllo russo, presso il villaggio di Tashanta, dove trascorreremo piacevolmente circa quattro ore. Le ispezioni passano veloci, il problema dove la fila si blocca è solamente burocratico. Gli addetti ai documenti relativi alle auto non russe lavorano molto lentamente. I russi, che non hanno bisogno di questo documento, passano senza problemi. Noi, gli altri europei e i mongoli siamo in attesa del nostro turno. Finalmente nel primo pomeriggio arriva una seconda addetta a questa procedura che decide deliberatamente di occuparsi dei quattro mezzi europei. Oltre a noi ci sono: il tedesco Jonas con la moglie e la bimba di dieci mesi con cui avevamo trascorso del tempo a Krasnojarsk un mese fa, Vlad il motociclista polacco entrato con noi in Mongolia dal confine di Khiakta e due coniugi francesi, Caroline e Christian, con un camion tipo quelli della Parigi-Dakar. Molti europei sono in fila anche sull’altro lato, per entrare in Mongolia, e sono quasi tutti equipaggi del Mongol Rally. Tra i tanti notiamo una panda italiana alla quale forniamo indicazioni sulle problematiche stradali in Mongolia. Uno dopo l’altro riusciamo a passare il confine e dopo circa trenta chilometri, presso il paesone di Kos Agac, ci fermiamo tutti senza esserci accordati nello stesso kafè per un frugale e necessario pasto. Seguono le foto commemorative dell’evento.

Per la Toyota Hilux incombe l’esigenza di riparare la gomma forata e tentare il lavaggio del veicolo ormai irriconoscibile. In dogana abbiamo dovuto almeno pulire dalla polvere le targhe e i fari. A tal proposito è molto interessante il fatto che il furgone di Jonas, nonostante abbia perso la targa, sia passato in dogana senza alcun problema. Sempre a Kos Agac troviamo uno “shinomontazh” (gommista) che si occupa di accomodare la ruota e di rimetterla al proprio posto. Il prezzo è davvero economico al punto che converrebbe venire qui a fare questo tipo di lavori!

Siamo sorpresi dalla bellezza della Repubblica degli Altaj, di cui in effetti avevamo sentito parlare molto bene da amici russi. La zona è popolata dall’etnia che dà il nome alla Repubblica, da russi e da kazaki. La strada segue per molti chilometri un altopiano prima di gettarsi nella valle di un fiume che chilometro dopo chilometro aumenta di portata, ingrossato dalla nevi ancora presenti nei monti attorno a noi. Capiamo che la lunga sosta in dogana non ci permetterà di raggiungere il capoluogo Gorno-Altajsk che doveva essere l’obiettivo di giornata per tentare di entrare in Kazakistan già domani. Anche il tramonto è davvero bello in questo scenario montano. L’oscurità rallenta ulteriormente la nostra marcia, visto che per ben due volte rischiamo di scontrarci con dei cavalli a passeggio lungo la strada. Proprio per questo decidiamo di sostare in una specie di camping nel microscopico villaggio di Karakol, circa dieci chilometri dopo la più grande Ongudaj. Ci viene assegnata una micro-casina senza bagno. I servizi igenici sono all’interno di un casottino ubicato nel campo dietro la casetta. Molto bello scoprire che all’interno del bagno c’è un vero water e non il solito buco sulla terra. Non c’è nulla di aperto per cenare e siamo costretti ad accontentarci di alcuni “pirozhki” di un vicino negozio lungo la P-256 “Chuyskiy Trakt”, la strada che ci condurrà domani a Gorno-Altajsk.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La strada che attraversa la Repubblica dell’Altaj e arriva fino al confine di Tashanta è completamente asfaltata e in ottime condizioni. Dieci anni fa no.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale