Giorno 62 – Un giorno in dogana

Olgij-Karakol (km. 437) – Tot. 21.159

Il vetusto e decadente hotel Duman offre una colazione modesta, ma che si rivelerà molto importante nel corso della giornata. Finiamo i tugrik mongoli con un pieno di gasolio a prezzo conveniente e partiamo verso il confine russo-mongolo. I primi settanta chilometri sono asfaltati e gli ultimi trenta sono pessimi. Dobbiamo essere prudenti vista l’assenza della ruota di scorta. Arriviamo al piccolissimo paese di Ulaan Baishint qualche minuto prima dell’apertura della dogana prevista per le 9.30. Siamo la quarta auto e c’è cauto ottimismo sulle tempistiche. In effetti il controllo doganale sul lato mongolo avviene in tempi rapidi nonostante sia ostacolato da una mandria di mucche che non vuole liberare il piazzale della postazione doganale. Da qui si percorrono altri nove chilometri di pista per arrivare ad un cancello chiuso dove un soldato russo è di guardia. Questo è il vero e proprio punto di confine e quando si accumulano due o tre veicoli viene aperto il cancello. Siamo in altura: anche se ignoriamo l’esatta altitudine, ci troviamo oltre i duemila metri. Nella parte russa ricomincia l’asfalto e dopo poco meno di venti chilometri arriviamo al punto di controllo russo, presso il villaggio di Tashanta, dove trascorreremo piacevolmente circa quattro ore. Le ispezioni passano veloci, il problema dove la fila si blocca è solamente burocratico. Gli addetti ai documenti relativi alle auto non russe lavorano molto lentamente. I russi, che non hanno bisogno di questo documento, passano senza problemi. Noi, gli altri europei e i mongoli siamo in attesa del nostro turno. Finalmente nel primo pomeriggio arriva una seconda addetta a questa procedura che decide deliberatamente di occuparsi dei quattro mezzi europei. Oltre a noi ci sono: il tedesco Jonas con la moglie e la bimba di dieci mesi con cui avevamo trascorso del tempo a Krasnojarsk un mese fa, Vlad il motociclista polacco entrato con noi in Mongolia dal confine di Khiakta e due coniugi francesi, Caroline e Christian, con un camion tipo quelli della Parigi-Dakar. Molti europei sono in fila anche sull’altro lato, per entrare in Mongolia, e sono quasi tutti equipaggi del Mongol Rally. Tra i tanti notiamo una panda italiana alla quale forniamo indicazioni sulle problematiche stradali in Mongolia. Uno dopo l’altro riusciamo a passare il confine e dopo circa trenta chilometri, presso il paesone di Kos Agac, ci fermiamo tutti senza esserci accordati nello stesso kafè per un frugale e necessario pasto. Seguono le foto commemorative dell’evento.

Per la Toyota Hilux incombe l’esigenza di riparare la gomma forata e tentare il lavaggio del veicolo ormai irriconoscibile. In dogana abbiamo dovuto almeno pulire dalla polvere le targhe e i fari. A tal proposito è molto interessante il fatto che il furgone di Jonas, nonostante abbia perso la targa, sia passato in dogana senza alcun problema. Sempre a Kos Agac troviamo uno “shinomontazh” (gommista) che si occupa di accomodare la ruota e di rimetterla al proprio posto. Il prezzo è davvero economico al punto che converrebbe venire qui a fare questo tipo di lavori!

Siamo sorpresi dalla bellezza della Repubblica degli Altaj, di cui in effetti avevamo sentito parlare molto bene da amici russi. La zona è popolata dall’etnia che dà il nome alla Repubblica, da russi e da kazaki. La strada segue per molti chilometri un altopiano prima di gettarsi nella valle di un fiume che chilometro dopo chilometro aumenta di portata, ingrossato dalla nevi ancora presenti nei monti attorno a noi. Capiamo che la lunga sosta in dogana non ci permetterà di raggiungere il capoluogo Gorno-Altajsk che doveva essere l’obiettivo di giornata per tentare di entrare in Kazakistan già domani. Anche il tramonto è davvero bello in questo scenario montano. L’oscurità rallenta ulteriormente la nostra marcia, visto che per ben due volte rischiamo di scontrarci con dei cavalli a passeggio lungo la strada. Proprio per questo decidiamo di sostare in una specie di camping nel microscopico villaggio di Karakol, circa dieci chilometri dopo la più grande Ongudaj. Ci viene assegnata una micro-casina senza bagno. I servizi igenici sono all’interno di un casottino ubicato nel campo dietro la casetta. Molto bello scoprire che all’interno del bagno c’è un vero water e non il solito buco sulla terra. Non c’è nulla di aperto per cenare e siamo costretti ad accontentarci di alcuni “pirozhki” di un vicino negozio lungo la P-256 “Chuyskiy Trakt”, la strada che ci condurrà domani a Gorno-Altajsk.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La strada che attraversa la Repubblica dell’Altaj e arriva fino al confine di Tashanta è completamente asfaltata e in ottime condizioni. Dieci anni fa no.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 56 – Riuniti al confine

10 agosto 2018

Team1, Arej-Sükhbaatar (km. 526) – Tot. 18.697

Le prime ore del mattino ci permettono di apprezzare meglio il luogo dove abbiamo dormito. Non solo lo squallido piazzale sterrato pieno di buche, ma anche un ridente lago con strutture ricreative. Questo spiega il motivo dei tanti bambini presenti in albergo a fare una esperienza tipo campi estivi. Approfondendo il tema scopriamo che il Lago di Arej è più popolare di quanto potessimo pensare.

Prima delle 8.00 siamo già in marcia con la speranza di raggiungere il confine con la Mongolia nel primo pomeriggio. La prima sorpresa della mattina è, con gli occhi ancora affaticati dal poco sonno, l’incontro con alcuni ciclisti della Red Bull Trans Siberia Extreme. Trattasi di una corsa da Mosca a Vladivostok nella quale gli atleti sono liberi di fermarsi quando vogliono e dove vogliono. I più competitivi riescono a completare il percorso di quasi 10.000 chilometri in circa tre settimane dormendo pochissime ore.

A metà mattinata è il momento di prendere una decisione che potrebbe influenzare la giornata. La strada più breve segnalata dai nostri telefonini, duecentocinquanta chilometri invece che cinquecento, è appena riportata nelle mappe stradali. Il rischio ci affascina e come al solito scegliamo di percorrere questa nuova tratta che ci permette di risparmiare carburante e ci regalerà certamente emozioni. Infatti la prima sorpresa è non incontrare edifici in muratura, ma solo in legno, per almeno cento chilometri. La seconda è vedere l’asfalto precario trasformarsi in pista di terra battuta nei boschi di betulle. La terza è cercare di evitare le profonde buche senza scontrarsi con cavalli, mucche, pecore e fauna selvatica. In tutto questo non ci accorgiamo del cambio di fuso orario al non segnalato confine tra Transbajkalia e Buriazia, dove l’orologio deve tornare indietro di un’ora.

La comparsa della cittadina di Bichura non è un miraggio. Qui troviamo asfalto, stazioni di benzina, un luogo per mangiare e una banca per cambiare denaro, e tutto questo ci permette di riprendere energie per affrontare gli ultimi chilometri prima della dogana. Circa cinquanta chilometri prima della cittadina di frontiera di Kjachta costeggiano il confine. Veniamo fermati dai militi che pattugliano la frontiera perché di fatto dobbiamo percorrere la strada che passa tra il filo spinato e le torri di guardia. Ci viene fatto un permesso che sarà poi riconsegnato alla fine della zona militare e riceviamo la raccomandazione di non avvicinarsi al reticolato che divide la Russia dalla Mongolia. Finito anche questo ulteriore tratto di strada ecco comparire Kjachta che, oltre ad ospitare una delle tre dogane internazionali dove gli stranieri possono transitare tra i due Paesi, fu protagonista di una lunga notte durante la Torino-Pechino 2008. L’albergo “Amicizia” di quel giorno di luglio è ancora attivo e al proprio posto.

Lunghissima la sosta presso la parte russa del confine dove la disorganizzazione regna sovrana. Sorprendentemente i doganieri decidono di dividere in due gruppi coloro che aspettano. I mongoli da un lato e i russi dall’altro. Essendo solo tre le auto russe e almeno venti quelle mongole, decido di unirmi a quelli somaticamente più simili a me. Questa è la svolta del pomeriggio, grazie alla quale riusciamo a guadagnare molte posizioni ed anticipare anche le procedure della parte mongola. Alla fine le ore di sosta saranno cinque comprensive di assicurazione per l’auto (un mese a circa 25 euro) e altre tasse ecologiche per complessivi cinque euro.

Esattamente come dieci anni fa, i primi minuti di Mongolia trasmettono una strana euforia. Sentiamo il bisogno di fare foto con le immense steppe verdi e con il cartello di inizio della nazione. Il tutto nella cornice del tramonto che ci ricorda che sarebbe bene raggiungere Andrea e Claudia al più preso. Appena venticinque chilometri per incontrare gli altri membri della spedizione alla stazione ferroviaria di Sükhbaatar e finalmente abbracciarsi in modo liberatorio viste le difficili giornate che hanno preceduto questo ricongiungimento.

Team 2, Ulanbator-Sükhbaatar

Il risveglio ad Ulanbator è accompagnato da una leggera pioggia che rende ancora più fresca l’aria mattutina. Dopo una buona colazione a base di pane tostato con uova, marmellata e crema spalmabile, Andrea e Claudia si accordano con la proprietaria della Guest House per lasciarle in custodia i bagagli. Infatti, una volta rientrati nella capitale mongola con il capospedizione Guido ed il fedele Bruno, soggiorneranno nuovamente lì avendo riservato una quadrupla ad un prezzo speciale.
Mini-zaino in spalla, i nostri si dirigono verso la stazione dove li attende il treno che in sole 10 ore coprirà i circa 300km che li separano da Suhbaatar.
Il viaggio trascorre piacevolmente con la possibilità questa volta, complici le ore di luce, di godere del panorama circostante: valli che si alternano a zone montuose, villaggi di case in mattoni e legno che cedono il posto alle tipiche yurte, mandrie di buoi e gruppi di cavalli selvaggi.
Con uno stentato inglese il team2 fa amicizia con i vicini di posto, tra cui un giovane padre che si divide tra il lavoro nella capitale e la famiglia che vive in un villaggio a 3 ore di treno.
Una volta arrivati a Sükhbaatar, in attesa di ricongiungersi con il team 1, trovano sistemazione per la notte in un originalissimo ed un po’ equivoco albergo degli anni 50, il Selenge hotel.

FINALE DI GIORNATA COMUNE

La cena a base di carne arrosto e verdure in un tipico ristorante mongolo è l’occasione per aggiornarsi sui rispettivi viaggi e per programmare le attività del fine settimana nella capitale mongola. La città che ci vede di nuovo assieme è intitolata a Damdin Sukh, detto Sükhbaatar, padre della Mongolia socialista e padre dell’indipendenza dalla Cina nel 1921. Dopo Gengis Khan è sicuramente il mongolo più apprezzato in questa nazionel.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La dogana di Kjachta è finalmente aperta 24 ore al giorno e sette giorni alla settimana, mentre dieci anni fa era aperta solo di giorno e chiusa la domenica.

– Con sopresa scopriamo che il costo dell’assicurazione è diminuito, forse anche per la svalutazione che il Tigrit, la moneta locale, ha avuto nello stesso periodo.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio

Giorno 46 – Respinti in frontiera!

31 luglio 2018, Kraskino-Hunchun (tratto in auto Kraskino-dogana-Kraskino km 44) – Tot. 14.873

Sveglia alle 7.00 e dopo un rapido passaggio da un supermercato locale per prendere provviste, utili per le sempre probabili lunghe attese doganali, si parte per il posto di confine a circa 25 chilometri da Kraskino. Attorno alle 9.00, dopo aver percorso una pessima strada piena di buche, siamo in frontiera in attesa dell’apertura dei cancelli prevista per le 10. Arrivare presto è utile per acquisire una buona posizione, ed infatti siamo secondi subito dopo un minibus. Importante era anticipare la massiccia presenza di autobus, molti dei quali partenti dal piazzale del nostro alberghetto.

Finalmente arriva l’apertura del pesante cancello che separa il mondo dalla zona di confine e dopo il minibus il soldato di guardia fa passare due autobus lasciandoci fermi a lato del cancello. Dopo alcuni minuti lo stesso soldato si avvicina e ci fa presente che non si può andare in Cina con un’auto privata. Con massima tranquillità spieghiamo che abbiamo il permesso delle autorità cinesi e che sull’altro lato del confine c’è Mr. Wang che ci aspetta con tutti i documenti di immatricolazione dell’auto rilasciati dalla prefettura cinese competente. Il soldato ripete che il problema non sono i cinesi, ma è la dogana russa che non è autorizzata a far passare auto, ma solo camion e autobus.

Non essendo degli sprovveduti nell’organizzazione di questo tipo di viaggio, stentiamo a credere alle parole del militare, visto che pochi mesi fa ci eravamo accertati che da questa dogana potessero passare autoveicoli e appena un mese fa fece lo stesso accertamento, tramite la dogana cinese, anche l’agenzia turistica dove lavora Wang. Per questo scegliemmo senza porci problemi di passare dal confine più meridionale tra Russia e Cina, quello di Kraskino-Port Hunchun.Vengo raggiunto da quattro doganieri, tra cui un superiore che parla inglese, con cui intavoliamo una poca piacevole discussione nella quale viene ribadita l’impossibilità del transito. Nel frattempo Mr. Wang attiva le autorità cinesi, io mi sento con i diplomatici italiani a Pechino, ma l’esito resta negativo. I russi mi consigliano di andare alla dogana presso Ussurijsk, a circa 300 km da qui, dove si dovrebbe passare senza problemi. Anche Wang sarebbe disponibile a raggiungermi dopo qualche ora ad Ussurijsk, ma da una telefonata dei soldati emerge che anche lì sono in vigore le stesse regole. Da un ulteriore approfondimento si chiarisce che la dogana utile più vicina è quella di Zabajkalsk, ad appena 3.100 chilometri da dove siamo, ovvero almeno cinque giorni di viaggio! Il concetto è che in tutta la Siberia orientale le dogane con la Cina sono al momento chiuse al traffico privato, per quanto riguarda questa di Kraskino si ipotizza una riapertura nel 2019.

Giochiamo l’ultima carta possibile, ovvero sottolineare che siamo un veicolo commerciale paragonabile ad un camion. I militi titubano per qualche minuto, fanno telefonate e forse sono ad un passo dal cedere, ma poi il più alto in grado mi comunica che se non ci allontaniamo rischiamo di essere multati. Siamo costretti a retrocedere, sempre attraverso la già citata pessima strada, fino al paesino di Kraskino, dove nel piazzale dell’albergo di ieri sera cerchiamo di pensare ad una strategia. Purtroppo vista l’ora mattutina e la differenza di fuso orario dobbiamo decidere senza la possibilità di confrontarci con gli sponsor e sostenitori del viaggio in Italia. Nel frattempo Wang comunica che non si può andare al confine di Zaibajkalsk perché i documenti dell’auto sono rilasciati da un’altra prefettura. Pertanto, lì ci farebbero passare i russi ma non i cinesi.

A questo punto le strade sono due, o la rinuncia completa ad andare in Cina, oppure cercare di raggiungere senza l’auto Pechino, dove abbiamo già in programma l’incontro con le autorità cittadine con la consegna dei doni portati da Torino, un altro momento con l’Ambasciata d’Italia e il previsto arrivo di Andrea e Claudia che si uniranno al viaggio. Escludiamo a priori di andare nella capitale cinese in aereo, visto che i doni torinesi devono arrivare a destinazione via terra, esattamente come quelli che portò Marco Polo al Gran Khan! Aiutati logisticamente a trovare una soluzione dal personale del nostro vecchio Orion Hotel Complex, decidiamo di dividere l’equipaggio della Torino-Pechino: Bruno il Cinghiale resta a Kraskino con l’auto parcheggiata presso l’albergo di Kraskino, mentre Guido prepara un bagaglio minimo e sale sul primo bus che va verso la frontiera, che raggiunge circa due ore dopo la sofferta decisione di partire senza l’auto. Al controllo doganale c’è comunque stupore tra i doganieri russi che vedono di nuovo “l’italiano” cercare di raggiungere la Cina, anche se con il morale decisamente basso. Il passaggio nella parte russa è lento ma senza difficoltà. Di nuovo a bordo dell’autobus raggiungiamo la parte cinese del confine dove Mr.Wang ha pazientemente aspettato finora. Guido è entrato ufficialmente in Cina e viene preso in consegna dall’efficiente Wang che si è già informato su come fare a raggiungere Pechino via terra. Raggiungiamo la vicina e moderna città di Hunchun, una delle principali città della prefettura autonoma coreana di Yanbian, dove per l’appunto i coreani sono quasi il 35% della popolazione. Siamo esattamente all’incrocio del confine tra Cina, Russia e Corea del Nord e curiosamente in molte attività commerciali agli ideogrammi cinesi si affiancano scritte in cirillico che permettono di capire cosa c’è all’interno del negozio. Qui dormiremo in attesa del treno per Pechino di domani. In realtà i treni saranno due, ma il risultato di raggiungere comunque la capitale cinese via terra sarà rispettato. Con estremo bisogno di pranzare, dato che siamo a metà pomeriggio, Mr.Wang decide che è il momento di andare in un vero ristorante cinese a degustare anatra, riso e verdure. Dopo la forse eccessiva scorpacciata di cibo è ora di riposare e confrontarsi con tutti i contatti della Torino-Pechino per parlare delle scelte da fare nei prossimi giorni, compreso l’itinerario di ritorno che a questo punto rischia di subire pesanti modifiche. La giornata si conclude con un’altra notevole degustazione di cibo accompagnata da birra cinese. Wang consiglia di dedicarsi al cibo e all’alcol per dormire meglio ed essere più rilassati, vista la difficile giornata di domani. In ogni casoб per digerire si rende necessaria una passeggiata in città dove, oltre i palazzi moderni, è possibile ammirare tutta la particolarità della segnaletica orizzontale e verticale cinese.

Nel frattempo Andrea e Claudia sbarcano a Pechino in aereo pronti ad unirsi all’avventura e soprattutto a cogestire i problemi scaturiti dalla sfortunata giornata odierna. L’unica amara consolazione della giornata è che con il pieno di Chabarovsk saremmo davvero arrivati in Cina considerato che abbiamo ancora un residuo di gas naturale nel serbatoio nonostante la strada percorsa dalla dogana per tornare a Kraskino sia stata decisamente più lunga di quella che restava per varcare il confine.

Come è cambiato il mondo in dieci anni:

– il paragone è tra la città di frontiera del 2008 e quella di oggi, che non è la stessa, ma ha una simile vocazione. L’impegno dei cinesi nel settore del commercio è sicuramente in ulteriore espansione. La moneta cinese rispetto a dieci anni fa ha guadagnato un buon 20% sia sul dollaro che sull’Euro. Sorprendenti le tecnologie in frontiera, dove un poliziotto robot ti parla nella tua lingua mentre ti rileva le impronte digitali.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno il Cinghiale, Mister Wang II.