25 luglio 2018, Ussurijsk – Isola Russkij – Vladivostok (165 km) – Totale 14.550
La giornata che ci vedrà raggiungere Vladivostok inizia con la pessima colazione dell’Hotel Nostalgy e con le ormai classiche lentezze per la registrazione dei nostri visti. Approfittiamo per andare a fotografare alcune delle principali attrazioni di Ussurijsk che avevamo osservato la sera precedente con il buio. Riprendiamo la A-370 con la massima tranquillità visto che il mare non è poi così lontano.
Avvicinandoci a Vladivostok invece del mare cominciamo a scorgere la nebbia. Avevamo letto che in questa zona, nei mesi estivi, la nebbia è un fenomeno particolarmente intenso e che le varie insenature sono tutte caratterizzate da una scarsa visibilità. Se questo è un bene per nascondere navi e sommergibili militari, non è il massimo per noi che vorremmo valorizzare con belle foto questo momento. Il primo dei tre importanti ponti che attraversiamo è quello che serve alla A-370 per superare il Golfo dell’Amur. Il ponte è immerso nella nebbia ma tutto sommato visibile, non come il resto della strada che gira attorno a Vladivostok, dove nelle varie salite e discese attorno alla città si arriva quasi alla completa non visibilità della strada. Vladivostok sorge su una insenatura circondata da alcuni fiordi molto frastagliati, come del resto la terra tutto attorno, isolotti compresi. Diventa facile perdere l’orientamento attraversando il promontorio dove sorge la città, anche per il fatto che il mare compare e scompare sia sulla destra che sulla sinistra. Alla fine del promontorio si attraversa lo stretto del Bosforo Orientale (nome che ricorda Istanbul) con un audace ponte di oltre tre chilometri con una campata centrale di 1.104 metri, la più lunga al mondo. Il ponte ha unito il promontorio di Vladivostok con l’Isola Russkij, che fino a poco tempo fa era un luogo militare usato dall’esercito russo per controllare il traffico attorno all’importante città. Il ponte è alto 70 metri sul livello del mare, ma noi non riusciamo a vedere nulla poiché avvolti nella coltre di nebbia. Nell’isola sorge una importante università e vivono meno di cinquemila abitanti. Incuriosisce la presenza di un ponte che sicuramente è costato cifre enormi per un collegamento non troppo strategico.
La bella strada che attraversa l’isola diventa piccola e sterrata dopo circa dieci chilometri. Da qui decidiamo di scendere sotto la nebbia per raggiungere l’acqua del mare e per poter immortalare in foto e video questo storico momento. Tocchiamo finalmente l’Oceano Pacifico e ce ne prendiamo una bottiglia, come avevamo già fatto in Portogallo con l’acqua dell’Atlantico. Dopo un mese e mezzo di viaggio abbiamo unito Lisbona a Vladivostok, primo obiettivo che la Torino-Pechino si era prefissata. Da Torino i chilometri percorsi sono 14.599, da Lisbona tenuto conto del lungo prologo via Bruxelles poco più di 20.000. I consumi usando il diesel-metano sono attorno ai 18 km/litro di media con dei picchi positivi di 19,2 e negativo di 16,5. Usando il solo gasolio i consumi sono stati attorno ai 12 km/litro con meno di 10 in presenza di autostrade e velocità elevate. Il risparmio economico da noi avuto durante il percorso è attorno al 30-35% a seconda dei ritmi di viaggio e delle velocità sostenute.
All’isola Russkij attiriamo la curiosità di molti bagnanti che affollano le spiagge in pietra: si radunano attorno a noi, fanno domande e chiedono di fare foto assieme. Tutto ciò ci diverte molto e ci permette di raccontare, tra lo stupore generale, da dove siamo partiti. In questo curioso scenario, sempre avvolto dalla fitta nebbia, mangiamo degli spiedini di carne presso un improvvisato venditore di “shashliki” di origine azera che arrostisce carne davanti alla porta di un bunker militare in disuso. Il gestore della curiosa attività ci racconta la storia di suo nonno morto proprio in una delle postazioni del bunker durante uno scontro con i giapponesi durante la Seconda guerra mondiale.
Lasciamo l’isola per tornare nella terraferma e con l’occasione attraversiamo il terzo importante ponte di Vladivostok, quello che supera il “Corno d’Oro”, ancora un volta un nome legato ad Istanbul, che indica la strategica insenatura dove ha sede il porto della città che ospita la potente flotta militare del Pacifico. In questa città tutto è molto caro rispetto alla media del resto della Russia e non ci stupisce pagare il conto più salato dell’intera parte asiatica del viaggio per dormire una notte nel centro di Vladivostok. Dopo aver dedicato tutto il tempo necessario all’aggiornamento degli spazi social dedicati al viaggio, data l’importanza dell’evento odierno, decidiamo di recarci nel centro della città per festeggiare con una consona cena. La nebbia continua a caratterizzare il paesaggio cittadino alternandosi con una sottile e leggera pioggia. Dopo qualche decina di minuti passati alla ricerca di un ristorante adatto, optiamo per un locale bavarese, visto che tutto attorno a noi c’erano solo ristoranti etnici già provati durante il viaggio come il giorgiano, il tataro, il buriato e l’uzbeko.
Come è cambiato il mondo in dieci anni?
– La costruzione del ponte dell’isola Russkij e di quello all’interno della città di Vladivostok hanno cambiato completamente il modo di muoversi nella città, agevolando notevolmente gli spostamenti interni. I due ponti sono tra i più lunghi e audaci del mondo.
– L’isola Russkij, da spazio riservato ai militari per quasi un secolo, si è trasformata in un luogo turistico di grande interesse anche se ancora povera di infrastrutture.
Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno Cinghiale