È online una breve clip che ripercorre il viaggio compiuto dai membri dell’Associazione Torino-Pechino nel dicembre 2013 da Sansepolcro a Volgograd a bordo di un Iveco Daily dual fuel diesel-metano. Nelle immagini la lunga traversata dell’Europa orientale e l’incontro con i volontari dell’Associazione Giovanni XXIII in Russia.
Iveco Daily
7.507 chilometri, 24 giorni, 13 confini, 3 fusi orari, 2 bombe, una rivoluzione, un capodanno
Perfettamente riuscito l’esperimento di attraversare l’Europa d’inverno con un impianto dual fuel alimentato con metano e gasolio installato sull’Iveco Daily della Piccini Impianti.
Partito (in tre) lo scorso 13 dicembre e rientrato (in due) il giorno prima dell’Epifania, l’equipaggio valtiberino composto da Guido Guerrini, Giacomo Benedetti ed Emanuele Calchetti può finalmente stilare il bilancio della propria avventura, fortemente caratterizzata da eventi sociopolitici e attentati terroristici.
“Diventare testimoni delle bombe di Volgograd e della rivoluzione di Kiev non era nel programma di questo viaggio”, afferma ad inizio conferenza stampa il pievano Giacomo Benedetti, “ma senza dubbio ciò ha caricato di ulteriori forti emozioni questa esperienza che dovrà essere ricordata per i due motivi principali della nostra avventura: gli aiuti alla Comunità Giovanni XIII della città russa e il test drive sul veicolo ecologico messo a disposizione dalla Piccini Impianti”.
Proprio per portare un carico di vestiti invernali raccolti in Valtiberina e per consegnare vettovaglie in occasione delle festività natalizie era nato il progetto di questo viaggio invernale dell’Associazione Torino-Pechino che da anni si occupa si sostenere le realtà sociali incontrate nel corso dei propri viaggi. La meta era Volgograd, dove da anni opera la Comunità Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi. “Grazie alla collaborazione con Piccini Impianti si è potuto allestire il furgone dove abbiamo caricato i materiali consegnati lo scorso 19 dicembre; allo stesso modo abbiamo potuto testare positivamente il risparmio energetico ed economico e il minor impatto ambientale del nuovo impianto dual fuel commercializzato da Landi Renzo e Piccini Impianti, dimostrando l’affidabilità anche a temperature difficili come nell’inverno russo”. Sono queste le parole di Guido Guerrini, che evidenzia la propria “soddisfazione per essere riusciti a rifornire di metano il nostro veicolo anche in luoghi remoti come l’interno dell’Ucraina e la steppa del Kuban in Russia”.
Guerrini e Benedetti, dopo aver trascorso un piacevole capodanno a Odessa, hanno fatto ritorno alla loro case, mentre Emanuele Calchetti si tratterrà in terra russa dove proseguirà “sul campo” la collaborazione con l’associazione che localmente si occupa di assistenza ai senza tetto. “Non ho mai pensato di lasciare la Volgograd nonostante il clima che si è creato all’indomani degli attentati: ogni problema, anche il peggiore, può essere affrontato prendendo maggiori precauzioni e cercando di evitare rischi inutili, come stanno facendo gli oltre un milione di abitanti di questa città”, aveva detto all’indomani dei giorni più difficili Emanuele Calchetti.
Soddisfazione sia in casa Piccini Impianti sia per l’Associazione Torino-Pechino, visto che tutti gli obiettivi prefissati di questo viaggio sono stati raggiunti. Gli aiuti sono arrivati a destinazione, il veicolo e il sistema di alimentazione dual fuel che miscela gasolio e metano ha raggiunto dati di consumo assolutamente soddisfacenti, mentre ancora una volta il “Generale Inverno” è stato sconfitto dai prudenti guidatori dell’Associazione Torino-Pechino, che stabiliscono anche il piccolo record di essersi riusciti a rifornire di metano nonostante nei paesi attraversati esistessero ben tre tipologie diverse di aggancio al rifornimento del più pulito tra i combustibili ecologici.
Un ringraziamento particolare è stato rivolto dall’equipaggio a tutti coloro che hanno messo a disposizione i capi di abbigliamento portati in dono, ed in particolare a Bma di Marcello Brizzi ed “Io vivo in Toscana” di Nicola Cestelli, oltre che a Piccini Impianti e Galardini Gomme per l’allestimento del veicolo.
Ritorno da Volgograd – Giorno 7
Prima degli ultimi mille chilometri che ci riporteranno a casa decidiamo di goderci una rilassante serata in quella grande capitale europea che è Belgrado. La città serba è uno dei posti che meglio conosciamo, e lì abbiamo molti amici. Solo nell’anno appena trascorso, i vari membri dell’associazione Torino-Pechino hanno avuto modo di passare giorni a Belgrado almeno tre volte tra gare del Campionato Mondiale ad Energie Alternative, censimento dei distributori a metano svolto per Ecomotori.net o esclusivamente per vacanze presso i nostri amici. La vitalità artistica, storica, culturale e in particolar modo musicale di questa città di circa due milioni di abitanti la rende centro di numerosi eventi che attirano visitatori. Fortunatamente i tempi delle problematiche con le altre repubbliche ex jugoslave sembrano essersi allontanati, facilitando il ritorno di Belgrado ad un ruolo centrale nello scacchiere balcanico ed internazionale.
Anche la Serbia è un paese ortodosso, di conseguenza il brulicare di persone in giro per il centro cittadino è dovuto anche agli ultimi acquisti di regali di Natale. Il clima è fortemente natalizio e non manca nei pressi di Piazza Repubblica un grande contenitore dove i più giovani mettono regali per i bambini del Kosovo. Dopo una buona birra serba guardando il passeggio cittadino, scendiamo al quartiere di Skadarlija, dove ceneremo in un ristorante tipico. Con questa definizione intendiamo piatti serbi, vini locali, l’immancabile rakjia, il tutto condito dall’inseparabile scia di musicisti che ti seguono eseguendo le tipiche musiche balcaniche. Sembra di essere in un film di Kusturica con le consuete musiche di Goran Bregovic. Proprio alle “Tri Sesire” (Tre Cappelli) ci incontriamo con i nostri amici di Belgrado: Jovanka, Milica e Lenko. Racconti del nostro viaggio e aggiornamenti sul natale in Serbia accompagnano i nostri numerosi brindisi. Nonostante il fatto che domani sarà ancora una lunga giornata, la tensione del viaggio dei giorni precedenti è ormai lontana. Il peggio è passato, conosciamo le strade, le frontiere, i distributori di metano lungo il tragitto di ritorno. La serata si conclude nel classico modo “belgradese”, ovvero in un locale letteralmente inventato dentro un palazzo del centro. Uno di quei luoghi raggiungibili solo se sei con persone del posto, visto che fino al varcare la soglia della porta sembra di essere in un tranquillo condominio! Anche qui ci sono altri amici tra cui una coppia che fino a poco tempo fa viveva in Italia, esattamente a Trento. In perfetto italiano ci raccontano che pure loro hanno lasciato l’Italia, diretti in Canada, e che le condizioni di vita nel Belpaese non sono più in grado di attrarre stranieri… Il fascino di questa città è, come già accennato, dato dalla incredibile vitalità dei suoi abitanti che sanno sempre come e dove fare festa. Concetto ancora più valido se si considera che siamo sotto le vacanze natalizie.
Da notare il curioso episodio che vede Giacomo fermato dalla locale polizia ed identificato poiché camminando ha accarezzato, in modo involontario, un veicolo blindato dei tutori dell’ordine. Ovviamente tutto si conclude senza conseguenze. Il taxi ci riporta in albergo per le poche ore di sonno che restano.
La colazione retrò della nostra vecchia “casa dei lavoratori jugoslavi per l’educazione” ci fa iniziare in modo poco leggero la giornata. Caricate le valige e lasciato il centro di Belgrado ci trasferiamo a Novi Beograd, presso la nuova abitazione di Milica, dove prima dei recenti lavori di restauro Guido aveva avuto il piacere di alloggiare, visto che i rapporti con la famiglia di Milica vedono legami tra Sansepolcro e Belgrado da almeno due generazioni. Spuntino per il pranzo e ultimi saluti ad altri amici e al gatto Tafi, quest’ultimo in procinto di trasferirsi a Novi Sad. La giornata è decisamente calda, e quando lasciamo Belgrado ci sono ben 14 gradi.
Dopo appena cento chilometri, alla dogana tra Serbia e Croazia abbiamo il primo problema del lungo viaggio. Gli zelanti doganieri serbi, per motivi a noi non comprensibili, forse infastiditi dalle centinaia di auto turche di ritorno verso la Germania e che intasano dogana e autostrada, ci spediscono a fare la fila doganale con i tir. Non capiamo la cosa, visto che in tutto i confini precedenti, fuori e dentro l’Unione Europea, abbiamo fatto tutte le operazione con le auto, viaggiando su un veicolo sotto le 3,5 tonnellate. Dopo una lunga e noiosa attesa passiamo il confine senza alcun problema, dato che il Daily è vuoto e non trasporta nulla di controllabile.
I trecento chilometri di autostrada croata scorrono velocemente mentre sfruttiamo le ultime ore di luce e di bel tempo. Tentiamo vagamente il rifornimento di metano nel centro di Zagabria, fallendo a causa dell’orario di chiusura pomeridiano di una delle due stazioni di metano della Croazia. Pochi minuti e si arriva al vicino confine sloveno, ancora presente nonostante la Croazia sia entrata nel luglio scorso nell’Unione Europea. I controlli sono fatti congiuntamente e si perde del tempo solo per la lunga fila “turca”.
Per percorrere l’autostrada slovena, come molti sanno, è necessario procurarsi la vignetta di transito per un periodo minimo di una settimana. A questo punto è giusto raccontare come in Austria, in Ungheria, in Romania, in Serbia e in Croazia, ovvero i paesi dove abbiamo pagato i pedaggi autostradali o le vignette stradali, il nostro veicolo era assimilato alle auto o pagava circa il 25% in più nei singoli pedaggi. In Slovenia un veicolo come il nostro per attraversare i meno di 200 chilometri di strada in circa due ore paga ben 40 euro, contro i 15 di una normale auto. Ne fossimo stati certi prima di arrivare al confine, e se non fosse stato decisamente tardi, probabilmente da Zagabria saremmo scesi a Rijeka e da lì a Trieste, boicottando le autostrade slovene! Grazie al collegamento Rijeka (Fiume)-Zagabria è possibile evitare l’autostrada in Slovenia se dall’Italia si va verso Zagabria e Belgrado, mentre se si deve andare a Budapest basta seguire la strada austriaca e dopo Graz piegare verso est. Da 30 a 60 minuti di viaggio in più, ma con la soddisfazione di sfuggire ad un latrocinio!
Dopo 23 giorni di viaggio incontriamo per la prima volta la pioggia, che ci fa una poco piacevole compagnia anche al rifornimento di metano di Lubiana. Gli ultimi chilometri che ci portano fino al confine italiano sono battuti da un vento fortissimo che rende pericolosa la guida in più occasioni. Si risolve tutto rallentando la velocità. Nonostante siano ormai le 22 non ci rassegniamo ad un panino. La voglia di sapori italici si concretizzerà come sempre nella Trattoria Pola ad Ontagnano di Gonars, dove senza problemi di orario ci servono un ottimo piatto di affettati e delle casarecce tagliatelle al ragù. Da ormai diversi anni questo simpatico paesino in provincia di Udine diventa la nostra stazione di “decompressione” dal ritorno di ogni viaggio. Sempre a Gonars di chiude il cerchio che abbiamo tracciato nella nostra cartina, visto che proprio al bivio della A23 nei pressi di Palmanova l’itinerario stradale di andata si era separato da quello di ritorno.
Le note di Radio Birikina accompagnano le strade venete fino al metano autostradale nei pressi dell’attraversamento del Po. Sarà questo l’ultimo rifornimento del viaggio. La stanchezza è tale che prende la guida del Daily anche Giacomo, nonostante la sua patente sia dispersa nella terra di Odessa. e da quel momento per evitare discussioni con le polizie europee non abbia più guidato.
Alle ore 4, dopo che la parte pievana della nostra squadra è sbarcata in località Selvella e che Guido e il Daily sono arrivati a Sansepolcro, si fermano le ruote dell’affidabile veicolo. Il contachilometri segna quota 7.507, e nei prossimi giorni saremmo in grado di comunicare anche i dati esatti sui consumi, che al momento appaiono più che confortanti.
Un ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile questa avventura, a chi ci ha sostenuto ogni giorno e in particolare modo durante i concitati momenti degli attentati a Volgograd. Per noi tutti è stato un Natale molto diverso dalle nostre abitudini, ma grazie alla vicinanza di molti lettori dei nostri diari ci è sembrato di avere attorno una grande famiglia ben distribuita tra Italia, Russia, Ucraina e tutti i paesi attraversati.
Ritorno da Volgograd – Giorno 6
Primavera a Belgrado
Il penultimo giorno di viaggio regala sole e alte temperature fin dal primo mattino. Al metano di Belgrado stupore per un veicolo alimentato anche a gasolio.
Per la prima volta ci svegliamo in un Paese che ha lo stesso fuso orario dell’Italia. Dalla finestra dell’unico albergo aperto, in questo periodo, a Kladovo vediamo le lunghe chiatte danubiane andare verso le chiuse della diga delle Porte di Ferro. Un salto di 35 metri e potranno proseguire fino ad oltre Belgrado. Dopo una colazione decisamente continentale lasciamo la città e cominciamo anche noi la lunga e lenta risalita del fiume. Non perdiamo mai d’occhio la strada gemella che passa sull’altra sponda, dove sventola un’altra bandiera e vige un altra ora. Chissà che cosa curiosa quando a capodanno dalle case serbe hanno visto i fuochi rumeni saltare con un’ora di anticipo e viceversa dai villaggi della Romania avranno ammirato il capodanno ritardatario dei serbi. Visti i tranquilli controlli tra le due dogane, potevamo vagliare la possibilità di fare due capodanni alternativi.
Risalire il fiume in queste strette gole è davvero impressionante, non sembra possibile che fino a quaranta anni fa, prima che il livello dell’acqua salisse, in questa parte di fiume ci fossero rapide, scogli che affioravano e una duemillenaria strada romana costruita ai tempi di Traiano. Proprio la “Tavola Traiana” è una antica iscrizione che ci piacerebbe ammirare, scampata all’innalzamento delle acque poiché spostata più in alto. Nessun cartello indica dove si trovi e come fare a raggiungerla, di conseguenza siamo costretti ad accontentarci del faccione del capo dei Traci Decebalo scolpito in una roccia della sponda rumena. Proprio Decebalo fu colui che fece dannare i romani durante la conquista della Tracia.
Tra stretti canyon, tornanti e galleria nella roccia la strada e il fiume proseguono il loro percorso. Notiamo la presenza di cartelli per eventuali turisti in bici. Buona l’idea, peccato che rischierebbero la vita ad ogni curva e galleria percorrendo la nostra stessa strada. Presenti lungo le strade dei piccoli paesi che si affacciano nel Danubio anche numerosi affittacamere. Molti di questi paesini si sono spostati più in alto a causa dell’allagamento del precedente nucleo abitato. Tra tutti i luoghi scomparsi dalla carta geografica merita una citazione l’Isola di Ada Kaleh, pezzo di terra fortificato che sorgeva nei pressi di Orsova. Per lunghi anni era stata una enclave ottomana circondata dall’impero austroungarico, un porto franco che la rendeva zona di grande interesse.
Nei pressi del paesino di Golubac lasciamo l’argine del Danubio per spostarci rapidamente su Belgrado attraverso l’autostrada. Piccolo spuntino a base di pljeskavica nel quartiere di Konjarnik all’ombra dei tre grandi palazzoni che costituiscono la moderna porta orientale della città. Resteremo a Belgrado solo una sera e per facilitare la ripartenza del giorno successivo provvediamo a rifornire di metano e di gasolio il nostro Iveco Daily. Di puro stupore la reazione dei dipendenti della stazione di rifornimento di Novi Beograd quando dopo il pieno di metano hanno capito che volevamo mettere anche il gasolio. Hanno cercato di convincerci che non era possibile andare a metano e gasolio! Alla fine gli abbiamo fatto capire che esiste anche questa nuova possibilità ed hanno voluto fare la foto con il nostro furgone.
Finiti i compiti ci dirigiamo presso il piccolo Hotel Dom, già di nostra conoscenza, dove ci apprestiamo a vivere l’ultima giornata di sosta del nostro lungo viaggio! L’ultimo racconto, da Belgrado alla Valtiberina verrà postato al termine della nostra avventura!!!
Ritorno da Volgograd – Giorno 5
A Dracula non piace il metano!
Completato l’attraversamento della Romania senza rifornimenti ecologici.
Dopo un’indispensabile dormita nella tranquilla città di Galati, nell’Est rumeno, ci attiviamo per sbrigare le pratiche burocratiche indispensabili per attraversare regolarmente tale stato. Ci aggiriamo nel quartiere del nostro hotel in cerca di una banca o un cambiavalute, ma incredibilmente troviamo tutto chiuso, perché in Romania sia il primo gennaio che il secondo giorno dell’anno sono festivi. L’amara scoperta ci complica la vita visto che per recuperare dei Lei rumeni dobbiamo chiedere aiuto alla gentilissima “portiera” dell’albergo. Ora che siamo pieni di valuta rumena, l’unica in Europa ad essere plastifica ed antistrappo, paghiamo i sei euro di tassa stradale e ci incamminiamo per la lunga giornata che ci vedrà attraversare da est ad ovest la Romania.
Sotto le ruote del nostro Iveco Daily passano i chilometri e le città di Braila e Slobozia fino all’autostrada che collega la riviera del Mar Nero alla capitale Bucarest. C’è da dire che negli ultimi anni la nazione rumena ha fatto grandi progressi riguardo alla manutenzione delle strade. La piccola tassa stradale, per una volta, l’abbiamo pagata volentieri. L’asfalto è in buone condizioni, l’unica attenzione è rivolta ai carretti trainati da animali che sono onnipresenti e ai cani randagi che attraversano la strada sia in paese che in aperta campagna.
Poco prima di Bucarest terminiamo il metano caricato ad Odessa. Purtroppo non esiste la possibilità di rifornirsi in Romania, unico stato balcanico a non avere distributori di metano (contrariamente al gpl, presente lungo tutte le arterie principali al prezzo di circa 70 centesimi di euro). Non è comprensibile perché nella vicina Bulgaria ci siano centinaia di stazioni di rifornimento, in Serbia una decina, tre in Ungheria, numerose in Moldavia ed Ucraina, mentre qui non esista traccia del metano. A causa di questa mancanza saremo costretti a proseguire fino a Belgrado, circa seicento chilometri, utilizzando solo il gasolio. In ogni caso sarà un test sui consumi interessante visto che cercheremo di procedere con una guida finalizzata al massimo risparmio.
Come al solito, invece che girare intorno alla capitale rumena, decidiamo di attraversarla da parte a parte con due soste. La prima è nei pressi dello Stadio Nazionale dove vive la nostra carissima amica Viorica che, vista l’ora, ci offre un ottimo pranzetto. Viorica è una nostra antica conoscenza e grande amante dell’Italia che ha visitato più volte. Ci tratteniamo oltre un’ora apprezzando ancora una volta la sua grande gentilezza, visto che per l’ennesima volta ci offre la sua ospitalità. Viorica è sempre stata un importante appoggio logistico per la riuscita delle nostre avventure.
La seconda sosta è subito dopo la ripartenza, nei pressi del grande palazzone che oggi ospita il Parlamento rumeno. Il nome originale è “Casa Poporului” e fu costruito nell’epoca comunista come tutto il quartiere circostante; attualmente è la struttura più grande d’Europa, seconda al mondo solo al Pentagono. Mentre facciamo le foto di rito molti operai stanno smontando il palco della festa di capodanno. Non è la prima volta che incontriamo il palazzo che molti legano alla figura di Nicolai Ceausescu, ma in ogni occasione non si può non rimanere stupiti della imponenza del manufatto.
Secondo Wikipedia misura 270 metri per 240, è alto 86 metri e affonda per altri 92 nel sottosuolo della collina che lo ospita.
Sempre con facilità lasciamo Bucarest proseguendo verso Pitesti, con ulteriori cento chilometri di ottima autostrada. A Pitesti, città che ospita la storica fabbrica della casa automobilistica Dacia, oggi di proprietà della Renault, termina l’autostrada per lasciare spazio ad una statale che ci conduce verso Craiova. Nel frattempo scende l’oscurità e come al solito la parte terminale della giornata è maggiormente difficoltosa. Raggiungiamo di nuovo il Danubio, stavolta al limite occidentale della Romania nei pressi di Dobreta Turnu Severin. A monte della grande città rumena sorge la grande diga delle Porte di Ferro, struttura costruita negli anni ’70 dalle autorità jugoslave e rumene laddove il grande fiume fa da confine. A monte della diga il Danubio è cresciuto di 35 metri diventando navigabile fino oltre Belgrado, mentre a valle le grandi turbine producono energia idroelettrica per entrambi gli stati. Proprio tra la città rumena di Dobreta Turnu Severin e quella serba di Kladovo sorgeva il Ponte di Traiano, capolavoro militare costruito dal progettista Apollodoro di Damasco. La struttura servì per invadere la Tracia e ancora oggi sono visibili i pilastri nei pressi delle due sponde.
Tuttora non è chiaro come le tecniche di costruzione dell’epoca abbiano permesso ai romani di compiere questo miracolo architettonico.
L’ultima fatica della giornata è attraversare la dogana rumeno-serba situata sopra la diga che funge anche da ponte sul Danubio. Neppure dieci minuti di controlli da parte delle due polizie e possiamo rimettere le lancette dell’orologio sull’ora italiana. Decidiamo di alloggiare a Kladovo nell’unico albergo aperto in questa stagione poco turistica. Vicino al parcheggio dell’hotel notiamo la spiaggia e gli ombrelloni, segno di come durante la stagione calda Kladovo diventi una località balneare.
Piccola ma ricca di locali, la strategica città serba, che riesce a deliziarci con un menù di carne ad ottimo prezzo e birre montenegrine decisamente gustose.
C’è da registrare che nella giornata di oggi il termometro non è mai sceso sotto lo zero e che non abbiamo incontrato neppure uno schizzo di neve o di ghiaccio. Non sembra neppure inverno!
Ritorno da Volgograd – Giorni 3 e 4
Due giorni lunghi come due anni
Dal capodanno ad Odessa alle lunghe file doganali in Bessarabia
L’ultimo giorno dell’anno è all’insegna del riposo e del sano turismo in una città ben diversa dalle altre che abbiamo incontrato nel resto del viaggio. Odessa fu fondata da Caterina la Grande come porto del sud del suo Impero nei primi anni dell’800, dopodiché la città vive una grande espansione e una crescita architettonica che la fanno una delle più belle città dell’ex Urss. Stile neoclassico, colori pastello, verdi parchi, belvedere sul Mar Nero e il suo monumento più famoso: la Scalinata Potemkin, che fece da cornice alla storica scena del film di Ejzenstein “La Corazzata Potemkin”, in Italia noto anche per un episodio di fantozziana memoria. La scala collega il centro cittadino al porto della città. Una delle curiosità della sua progettazione è che dall’alto non si percepisce la presenza degli scalini mentre osservandola dal basso spariscono i marciapiedi tra le varie rampe di scale. Inoltre, nonostante alla base la larghezza della scalinata sia quasi il doppio della parte più in alto, chi osserva da lontano ha l’impressione che non si restringa, ma anzi, che rimanga sempre uguale.
Parte del nostro pellegrinaggio in città è dedicato alla scelta di cosa fare nella serata di fine anno, che ricordiamo essere una festa enorme in questi paesi poiché è pure il giorno in cui Ded Moroz, il Babbo Natale russo, porta i suoi regali. Infatti le strade cittadine pullulano di persone che si affrettano a fare le ultime compere. La cosa che più ci colpisce è vedere i carinissimi mercatini di Natale attivi anche e fino al 31 dicembre. Per pranzo testiamo un ristorante con cucina tipica ucraina e cameriere vestite con abiti tipici, mangiamo ottimamente ma per la serata è già al completo. I prezzi per una serata di danze, cibo, bevute illimitate ed immancabile karaoke parte dai 40 euro fino ai circa 60 dei locali più di moda. Trovare posto in questi luoghi è praticamente impossibile. Intanto la città si riempie di gente venuta per il capodanno nelle piazza di fronte al comune, a due passi dalla scalinata e dal porto da dove è previsto lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Molte persone arrivano da città della Russia e dell’Ucraina, ma pure dalle repubbliche centro asiatiche. Numerosi gli occhi a mandorla presenti, a dimostrazione di come Odessa sia una meta molto ambita e decisamente cosmopolita.
Nel pomeriggio, mentre beviamo un caffè, la tv trasmette una replica di Italia-Polonia dei mondiali del ’74. La partita fu vinta dalla Polonia per 2-1 contro l’Italia di Mazzola, Boninsegna e Chinaglia, ma gli avventori del bar tifano le due squadre come se la partita fosse in diretta.
Breve rientro in albergo e decisione acquisita per la serata: cercheremo di mangiare qualcosa in giro e di vivere la festa in piazza armati di vino ucraino e di spumante brut proveniente dalle cantine di Cricova in Moldavia. Dopo il lauto pasto consumato in un ristorante centrale, in un insolito stile biologico, senza menù fisso e che abbiamo sapientemente bagnato con vino georgiano, nel momento dedicato al dolce viene interrotta la programmazione della radio per lasciare il posto alle campane del Cremlino e all’inno russo ascoltato a volume altissimo. A Mosca è mezzanotte, e anche se a Odessa sono ancora le 22 si festeggia anche qui. Il primo pensiero va alla differenza tra la russofona Odessa e ciò che abbiamo visto a Kiev due settimane prima, le due facce di una medaglia che potrebbe rompersi da un momento all’altro. Il concerto pullula di gente, facciamo in tempo a “goderci” la straordinaria Alyosha che conclude le scialbe esibizioni degli idoli dell’ X-Factor locale. A dieci minuti dalla mezzanotte ecco il discorso alla nazione del Presidente Viktor Janukovyc, qui ben accolto mentre a Kiev ci immaginiamo di no. È il Presidente ad accompagnare tutti nel 2014 con tappi che saltano, fuochi d’artificio dal porto e tanti improbabili cappelli di Babbo Natale. Concludono il concerto le “Real O” quartetto di ragazze carine e appariscenti che hanno il merito di scaldare la piazza. Dal palco fino alla scalinata Potemkin è pieno di gente in festa che balla, brinda, canta e ovviamente ci facciamo contaminare dalla festa finendo dentro a molti girotondi. Anche nel resto della città la festa è piacevole, non mancano persone in giro con bottiglie che offrono tutto il bevibile. Sempre presente la polizia che vigila con poca discrezione in tutti gli angoli della città.
Ma durante il nostro peregrinare ci accorgiamo di qualcosa che non va: a Giacomo è scomparso il portafoglio… Minuti di controlli di zaini e tasche, si torna in tutti i luoghi della nostra serata, si chiede nei locali, ma tutto è vano. Come è immaginabile non sono i soldi, pur importanti, il problema, ma soprattutto documenti e carte di credito. Anche Guido nota che dalle proprie tasche mancano circa 500 grivnie, poco meno di 45 euro. Furto o perdita per distrazione? Il dubbio non sarà chiarito e andremo a letto con l’umore decisamente peggiorato.
Poche ore di sonno e scegliamo di andare presso la sede della milizia a sporgere denuncia, o a verificare se qualcuno ritrovando il portafoglio lo abbia consegnato alle forza dell’ordine. Nessuno parla inglese e nonostante le ore di attesa non veniamo a capo di nulla. Decidiamo di lasciare la città dopo un’amara passeggiata nei luoghi della nostra festa, insolitamente deserti di primo mattino. L’amarezza si alterna al ricordo di bei momenti trascorsi con persone appena conosciute e che con buone probabilità non rivedremo più. A questo punto il viaggio può proseguire, ma solo Guido potrà guidare il Daily visto che la patente di Giacomo è ufficialmente dispersa.
Come al solito l’ultimo atto prima di salutare la città dove abbiamo trascorso il capodanno è il rifornimento di metano. Scegliamo il distributore numero due, nei pressi della rotonda da cui partono le strade per Kiev, per la Transinistria e la Moldavia o per la Bessarabia. Fatichiamo più del previsto a convincere i responsabili del distributore che il nostro Daily funziona anche a metano. Per la cronaca i gasisti di Odessa saranno gli unici assieme a quelli di Uzgorod ad avere l’adattatore tra il sistema europeo e quello ex sovietico.
Ci consultiamo a lungo prima di decidere quale strada percorrere per muoverci verso la Romania. Le opzioni sono almeno tre e tutte prevedono di attraversare anche un pezzetto di Moldavia. Non è possibile a sud di Odessa passare direttamente da Ucraina a Romania, un confine bizzarro e l’inospitale delta del Danubio non permettono la cosa. Decidiamo di evitare la Transnistria, possibile fonte di grosse complicazioni burocratiche, come ci insegna l’esperienza del 2011. A questo punto, con poche ore di luce a disposizione, la scelta cade sulla strada che meglio conosciamo e che con circa 300 chilometri ci porterà al confine di Reni, l’ultima città Ucraina. Già poco fuori Odessa, nei pressi del grande lago formato dal fiume Dnestr, la strada sconfina per sette chilometri in Moldavia. Grazie ad un accordo tra i due stati, se non ci si ferma o non si cambia strada, è possibile evitare i controlli doganali. La dimostrazione di non deviazione avviene con la consegna di un bigliettino da parte dell’ultimo poliziotto ucraino. Il primo dopo il confine controllerà dopo quanto tempo il biglietto viene riconsegnato! La Moldavia ha permesso ciò poiché alcuni anni prima l’Ucraina le fece un grande favore, regalandole alcune centinaia di metri di sponda danubiana nei pressi di Giurgiulesti. Grazie a ciò e alla perfetta navigabilità del Danubio, la Moldavia può battere bandiera navale ed avere un indiretto sbocco al mare. La povera regione che attraversiamo è la parte meridionale della storica Bessarabia, con una presenza scarsa di gente slava. Molti abitanti sono di origine turca, rumena o appartenenti al popolo dei gagauzi. Uno dei pochi punti d’interesse delle centinaia di chilometri tra paesini ricchi di miseria e paludi è la presenza di parti dello storico Vallo di Traiano, manufatto che segnava il limes dell’Impero Romano. La presenza di Roma è evidente anche per il fatto che la lingua moldava, molto simile al rumeno, deriva dal latino. Una presenza italiana inaspettata arriva proprio dalla Radio Nazionale Moldava, che nel primo giorno dell’anno ci regala un pomeriggio dedicato ai cantanti italiani negli anni ’50 e ’60. Tra i tanti un posto da leoni nella programmazione da noi ascoltata spetta a Nicola Arigliano, Renato Carosone e Fred Buscaglione.
Intanto arrivano l’oscurità e la fastidiosa nebbia, che rendono gli ultimi chilometri un vero e proprio supplizio, amplificato dalle improvvise e inquietanti apparizioni di autostoppisti e contadini a piedi o in bici, che escono dalla fitta nebbia come presenze spettrali correndo il serio rischio di farsi investire. L’ultima prova della giornata è l’attraversamento di un chilometro di Moldavia che separa l’Ucraina dalla Romania. Stavolta non ci sono accordi che tengano, sono due frontiere e ben quattro insidiosi e fastidiosi controlli.Si comincia dagli ucraini che aprono e smontano ogni angolo del furgone. Si prosegue con i moldavi che scherzando macabramente sulla nostra partenza da Volgograd e ci chiedono se eravamo complici dei terroristi. L’uscita dalla Moldavia, quindi il terzo controllo, è caratterizzata dai doganieri che mettono il nostro Daily su un ponte per poter capire meglio come funziona il sistema di alimentazione gasolio-metano. Di fronte alle nostre spiegazione appaiono increduli e si dicono fortemente interessati. Infine i rumeni, in questo caso custodi dell’Unione Europea, dove perdiamo tempo per il fatto che non si ritrovava il doganiere addetto al nostro controllo.
In tutte queste lunghe attese confabuliamo con Valentin, rumeno che fino a pochi mesi fa lavorava in Italia. Ci spiega come sia ormai impossibile lavorare in Italia e come sia meglio vivere con stipendi più bassi ma in Romania. Valentin tutti i giorni va in Moldavia, fa il pieno di cento litri di gasolio al suo van, e poi li rivende in Romania dopo aver svuotato i serbatoi. Ogni cento litri guadagna circa 30 euro. Fa uno o due viaggi al giorno in base alle richieste, vendendo il gasolio a circa 30 centesimi di euro meno che in Romania. Non è l’unico contrabbandiere della zona, lui si occupa di gasolio, ma il mercato più attivo è quello delle sigarette che fuori dall’Unione Europea costano molto meno.
Ci areniamo a Galati, prima città rumena oltre il confine, e certamente non patrimonio dell’Unesco. Galati, con i suoi quasi trecentomila abitanti è il cuore dell’industria siderurgica rumena e si sviluppa nella sponda sinistra del Danubio. Arriviamo molto tardi, troviamo alloggio nel moderno Hotel Magnus e siamo costretti a ripiegare su uno spuntino nel vicino McDonald’s visto che la sera del primo gennaio quasi tutto è chiuso. Un’orda di mansueti cani randagi ci riaccompagna in albergo.
Ritorno da Volgograd – Giorno 1
Lasciamo Volgograd nel giorno più infame. Appena lasciata la città veniamo a sapere della strage della stazione.
Questa triste pagina di diario tiene solo marginalmente conto del grave fatto accaduto alla stazione ferroviaria della città dove abbiamo vissuto undici giorni. Nelle prossime ore pubblicheremo un resoconto solo su questo argomento cercando di esaminare il perché di questi episodi di violenza, che uccidendo innocenti non possono essere utili a nessuna causa.
Assieme alla nostra partenza arriva la parte più fastidiosa delle insidie del Generale Inverno, il ghiaccio. Da alcuni giorni le temperature erano scese, ma la spruzzatina di neve della giornata di ieri ha trasformato l’asfalto e i marciapiedi in superfici decisamente scivolose. Di primo mattino assistiamo a numerose scivolate di pedoni mentre attraversano al strada o aspettano il tram.
Tutto questo serve da monito ad una guida attenta, visto che le prime due ore di viaggio saranno accompagnate dall’oscurità, grazie all’abolizione dell’ora solare di cui abbiamo già parlato nel viaggio di andata.
L’ultimo atto in quel di Volgograd sono i rifornimenti di gasolio e metano a prezzi incredibilmente convenienti. Un litro di gasolio costa circa 0,65 euro, un metro cubo di metano appena 0,20! Per completezza di informazione: la benzina è attorno agli 0,67 euro e il gpl ben 0,33. Tra l’altro non mancano i distributori: nella zona di Volgograd ci sono tre stazioni di metano delle quali la più comoda è sulla tangenziale nei pressi del bivio per Rostov, la nostra direzione.
Comincia quello che sarà il nostro lungo viaggio di ritorno, che ci vedrà riattraversare tutta l’Ucraina, questa volta seguendo la costa del Mar Nero. Negli occhi e nelle orecchie ancora restano i saluti di Marco, Ruslan, Andrej, Jura, gli amici della casa che ci ha visto ospiti per undici giorni. L’ultimo saluto è quello di Dik, che ci regala l’immancabile leccata, massimo gesto di affetto nel mondo canino.
Emanuele scatta l’ultima foto del nostro Daily che parte dall’innevato parcheggio davanti a casa, e noi lo salutiamo dal finestrino nonostante la temperatura sconsigli il gesto. Ora, invece, non ci passa minimamente per la testa di muovere i finestrini: il rischio che il gelo blocchi il meccanismo di apertura è alto, come del resto sarebbe potuto succedere alle serrature del veicolo, sulle quali abbiamo spruzzato quotidianamente spray antigelo.
I primi 350 chilometri, lungo la M-21, sono gli unici che coincidono on il viaggio di andata, con la differenza che stavolta li facciamo di giorno ammirando il panorama della steppa innevata che circonda la regione di Volgograd. È spettacolare riuscire a vedere il Don completamente gelato nei pressi del grande ponte di Kalač-na-Donu, che grazie al ghiaccio sulla strada percorriamo a meno di 30 km orari.
Proprio in questo momento, superato il Don, cominciano ad arrivare le notizie dell’attentato alla stazione di Volgograd. I primi sms arrivano dall’Italia, poi la radio russa annuncia il fatto, infine la conferma da Emanuele. L’argomento diventa il triste protagonista della nostra giornata e seguiamo in radio tutte le informazioni sulla cosa. Molti amici ci contattano per sapere se siamo coinvolti, ma almeno Giacomo e Guido sono ad oltre 150 chilometri dalla città. Emanuele invece era nei pressi della stazione, ma non è stato coinvolto se non nel vedere il terribile spettacolo poco dopo l’accaduto.
Alla fine della mattinata passiamo sulla M-4, la veloce strada che collega Mosca con il porto di Rostov-na-Donu, alla foce dell’omonimo fiume, dove effettuiamo il secondo rifornimento di metano. Lasciati Rostov e il suo fumoso traffico, che ci blocca per oltre due ore, facciamo passare sotto le nostre ruote gli ultimi chilometri di Russia presentandoci alla frontiera di Taganrog-Novoazovsk. Il confine è situato lungo la strada più diretta verso la Crimea ed Odessa, ma essendo decisamente lontani dall’estate non temiamo particolare file. Invece sbagliamo: dopo l’attentato alla stazione di Volgograd le misure di controllo a tutti i veicoli in uscita dalla Russia sono molto più attente e ci costringono ad oltre due ore tra fila e ispezioni minuziose al nostro veicolo.
Contrariamente al viaggio di andata, stavolta il confine ci permette di guadagnare due ore di fuso orario che in parte si compensano con il tempo perso in dogana. Siamo in Ucraina ed è buio pesto. La prima considerazione è l’aumento della temperatura visto che tocchiamo i 4 gradi, che sono il record positivo del viaggio. La seconda è il peggioramento del manto stradale e la scomparsa della cartellonistica nei pressi della città di Melitopol. Il risultato è il perdersi dapprima nella città e successivamente nelle campagne circostanti. Alla fine recuperiamo la strada giusta dopo aver dissipato un’altra oretta. Arriviamo a Berdjans’k, città di sosta anche nella Roma-Volgograd 2011, dopo oltre 14 ore di viaggio e circa 750 chilometri di strada. Berdjans’k è una meta del turismo estivo e nonostante siamo fuori stagione ci permette di trovare un alloggio confortevole e un ristorante per un’ottima cenetta a base di vareniki e carne alla Stroganoff bagnati con vino georgiano della regione di Khaketi.
Esausti ci rifugiamo nelle stanze dell’Hotel Berdjans’k da dove domani tenteremo di raggiungere Odessa in un’unica giornata di viaggio.
Go West!
Partita questa mattina la spedizione di ritorno da Volgograd dell’Associazione Torino-Pechino
Dopo 11 giorni di permanenza a Volgograd, la ex Stalingrado, per due dei tre membri dell’Associazione Torino-Pechino, Giacomo Benedetti e Guido Guerrini, è arrivato il momento di ripartire. Emanuele Calchetti, invece, si trattterrà fino a meta marzo in terra russa continuando la collaborazione con la Comunità Giovanni XXIII che fino a questo momento ha ospitato tutto il team.
Per l’Iveco Daily della Piccini Impianti comincia un nuovo test di poco meno di 4.000 chilometri, finalizzato a capire se i buoni risultati, relativamente ai consumi, del viaggio di andata siano ripetibili. Un esito che ha lasciato positivamente stupiti anche tutti coloro che hanno scelto l’impianto Landi Renzo per questo viaggio inusuale e teso a dimostrare l’affidabilità del sistema che miscela gasolio e metano.
Il viaggio di ritorno si svolgerà lungo un itinerario più meridionale di quello dell’andata, seguendo la costa del Mar Nero, percorrendo una strada più lunga, ma allo stesso tempo meno problematica dal punto di vista delle temperature. Capodanno in movimento per Guerrini e Benedetti, con ogni probabilità nella città portuale di Odessa, in Ucraina. Nei primi giorni di gennaio, dopo aver attraversato Moldavia, Romania, Serbia, Croazia, Slovenia e mezza Italia, il Daily sarà di nuovo pronto per riprendere il normale servizio lavorativo, senza dubbio su tratte stradali meno impegnative.
“La scelta di un itinerario di ritorno differente non è solo legato alle condizioni climatiche meno proibitive, ma anche al proseguimento del censimento dei distributori di metano dell’ex Unione Sovietica” precisa Guido Guerrini, che aggiunge che “grazie al nostro lavoro è possibile mettere a disposizione informazioni per tutti coloro che con un’auto normale o un veicolo pesante vogliono raggiungere la Russia usando come combustibile principale il metano”.
Convinto della positività della propria esperienza pure il pievano Giacomo Benedetti, che sottolinea che “oltre quindici giorni tra Ucraina e Russia mi hanno aiutato a comprendere meglio questi paesi dei quali in Italia si parla davvero poco. È da sottolineare”, aggiunge, “come attraverso esperienze di vita quotidiana sia stato possibile entrare in contatto con molte persone del luogo, una ricchezza che solo viaggi come questo possono regalare”.
Per Emanuele Calchetti, che per la terza volta si tratterrà a lungo in terra russa, “è strano non essere a bordo dopo aver condiviso un viaggio d’andato ricco di momenti interessantissimi e divertenti, ma altrettanto stimolante e arricchente sarà rimanere qui a Volgograd, che ormai è la mia seconda casa”.
Con la nuova partenza dell’equipaggio riprenderà la pubblicazione quotidiana del diario di bordo nei portali www.torinopechino.it e www.ecomotori.net.
Ritorno a Volgograd – Giorno 6
L’ultimo risveglio in Ucraina è di quelli difficili. Siccome perderemo due ore di fuso orario passando la frontiera, decidiamo di anticipare la partenza per non subire passivamente la perdita di due importanti ore di viaggio. È curioso passare da un’ora di anticipo rispetto all’Italia alle tre ore che avremo stasera. Fino a poco tempo fa le ore erano due, ma una delle recenti riforme di Putin ha previsto la soppressione dell’ora solare e l’accorpamento dei fusi orari che da 11 scendono a 6. Questo comporta che da una zona all’altra della Russia l’orario cambia di due ore alla volta. Per alcuni aspetti è una riforma interessante visto che semplifica la vita di coloro che vivono in vaste aree della Russia, ma come controindicazione ha il fatto che in ogni confine di fuso orario il salto orario è significativo.
Usciamo dalla laboriosa e trafficata Lugansk senza incontrare grossi problemi. Ovviamo alla carenza di cartellonistica orientandoci verso un’accecante alba che ci guida verso est. Invece a Krasnodon la cartellonistica c’è, ma delle due è ingannevole: per farci evitare il centro cittadino ci spinge verso stradine periferiche completamente gelate, dove sperimentiamo la prima leggera scivolata su ghiaccio del nostro lungo Daily. La gita attorno al paese prosegue con un paradossale tour attorno ai “terrakony” delle miniere di Krasnodon. Sono le uniche asperità che rendono meno noiosi i piatti panorami locali. Come ci è capitato più volte in passato osservare, il terrakon è davvero interessante: si tratta di montagne, solitamente a forma di cono vulcanico, composte della terra estratta dalle miniere che a seconda di stagione, riflessi del sole e vegetazione, riescono ad assumere colorazioni cangianti.
Recuperiamo la strada principale calcolando in almeno mezz’ora il tempo perso. Gli ultimi chilometri di Ucraina sono senza dubbio i peggiori, con strada gelata e ricca di buche. Arriva finalmente il momento della dogana che più temiamo, quella di Izvarine-Donec’k, che ben conosciamo per esserci passati altre volte. Le operazioni sul lato ucraino si ultimano in appena venti minuti. Passiamo alla Russia, dove solitamente la burocrazia regna sovrana, e anche quando tutto fila liscio le attese non sono brevi. Dopo la compilazione delle carte di immigrazione e l’ammissione in dogana si passa al controllo passaporto, dove la bionda e carinissima funzionaria, della quale segnaliamo un convincente smalto blu, alterna sorrisi a perplessità sulle differenze tra il visto di Emanuele (scopi umanitari) e quello di Guido e Giacomo (turistico). Nel frattempo il conducente designato, in questo caso Guido, affronta le problematiche relative al furgone cominciando dall’ispezione del carico. Vestiti, cibi, vini, il tutto viene da noi spacciato per regali di Natale e Capodanno onde evitare domande sui motivi umanitari del viaggio e sulla destinazione finale degli aiuti. Dubbi nascono anche dal fatto che il veicolo dell’azienda Piccini viene portato in Russia da soggetti che apparentemente fanno turismo. Per fortuna i dubbi non si trasformano in ennesime problematiche. L’ultima perla viene da un baffuto doganiere che ci chiede degli euro in moneta per la sua collezione numismatica. In un primo momento pensiamo al ritorno di moda della corruzione, invece il nostro amico seleziona con cura le monetine che gli mancano lasciandoci tutte le altre.
Eccoci finalmente in Russia dopo altre due ore (senza contare le due di fuso orario), ma ancora senza aver completato le formalità, ovvero la copertura assicurativa. L’ufficio al di fuori della frontiera è gestito da tre ragazze all’interno di un prefabbricato nel quale veniamo ospitati. Sediamo in un letto e assistiamo alla compilazione dei moduli che ci riguardano. Cinquanta euro completano il percorso. Le tre assicuratrici riescono a rifilare al conducente designato anche un’ulteriore assicurazione medica probabilmente inutile.
Conquistati dei rubli nella banca più vicina ed effettuata una lunga sosta ad un passaggio a livello dove transita un treno merci con ben quattro locomotori, siamo lungo la M-21, la lunga strada che ci condurrà a Volgograd. Prima di affrontare gli ultimi 300 chilometri ci concediamo un pranzetto a base di plov e pel’meni.
La M-21 è molto buona e di facile percorrenza nei mesi caldi, ma d’inverno è un nastro d’asfalto nel bel mezzo della steppa dove è facile che il vento porti la neve al centro della strada. Alterniamo momenti di veloce percorrenza ad altri dove la cautela deve essere massima soprattutto perché, volendo arrivare al traguardo finale, viaggiamo almeno due ore con il buio e quindi con il ghiaccio.
Emozionante, nonostante l’oscurità, è il consueto passaggio da Kalač-na-Donu con il ponte sul fiume Don e tutti i ricordi che si porta dietro soprattutto per noi italiani.
A meno di cento chilometri da Volgograd ci prendiamo un grande spavento quando ci troviamo al centro della strada un insolito cumulo di neve. In realtà si tratta della linea di separazione tra due corsie, una di marcia ed una di svolta, ma dove gli spazzaneve hanno lasciato i residui del loro lavoro. Ecco quindi che, impossibilitati a cambiare direzione a causa di altre auto, finiamo dritti nel cumulo bianco. L’unico correttivo che riusciamo ad applicare è rallentare la corsa del Daily poi definitivamente fermato, in modo soffice, dalla neve. Apparentemente le ruote non fanno presa nel manto nevoso e fatichiamo non poco ad uscirne combinando molte retromarce a piccoli avanzamenti. Riprendiamo il cammino e forti dell’insolita esperienza raddoppiamo la prudenza.
Alle 21,15 minuti dell’ora di Mosca (le 18,15 in Italia) siamo all’ingresso di Volgograd. Nonostante l’oscurità ci concediamo lo sfizio della foto con la storica insegna che porta i tre nomi di questo luogo: Caricin (Tsaritsin), Stalingrado e infine Volgograd, come la città si chiama dal 1961. Torneremo nei prossimi giorni a glorificare il nostro veicolo con delle foto diurne.
Se le strade cittadine principali sono state ripulite dalle grandi nevicate dei giorni scorsi, lo stesso non si può dire per le stradine del quartiere tzigano dove è ubicata la sede della Comunità Giovanni XXIII. Galleggiando tra la neve, e faticando per l’ultima volta in questo lungo giorno, raggiungiamo la destinazione, e troviamo ad aspettarci Marco, Ruslan, Jura, il tedesco Jonas e il fido cane Dik. Finalmente svuotiamo il Daily e saturiamo dispensa e magazzino del luogo dove saremo ospitati. Nei prossimi giorni, quelli più prossimi al Natale, i materiali saranno distribuiti ai senzatetto che la comunità segue.
La giornata conclusiva dell’ultimo giorno del viaggio di andata si chiude con un cenone a base di pel’meni e vino italiano, accompagnato dai racconti di Marco che ci aggiorna sulle novità che caratterizzano la vita della città.
Ritorno a Volgograd – Giorno 4
Cominciamo la nuova settimana tuffandoci nel traffico di Kiev per raggiungere, risalendo le rive del fiume Dnipr, l’officina Global, referente dell’azienda Landi Renzo per l’Ucraina. Qui abbiamo in programma un incontro con responsabili e meccanici che esaminano il nostro impianto Dual Fuel che mescola metano e gasolio. Non ci sottraiamo mai a questi impegni perché è sempre piacevole valorizzare la collaborazione con i rappresentanti dei nostri partner. Tra l’altro questa visita ci è utile perché nell’occasione ci viene messo a disposizione un adattatore che, a differenza di quello in nostro possesso, collega direttamente l’attacco italiano del nostro impianto alle pompe di metano in uso in Ucraina e in Russia.
Dopo le foto di rito e una chiacchierata sulla rivoluzione anche con i tecnici dell’officina, è il momento di fare un nuovo rifornimento di metano. Ci rechiamo in una desolatissima stazione dove probabilmente sono arrivati di rado (o forse mai) veicoli italiani ad energie alternative. Prima che il gasista si convinca a procedere alla ricarica dobbiamo dimostrare tramite il libretto di circolazione che il veicolo è correttamente alimentato a metano e che le tre bombole sono state opportunamente collaudate. Il nostro interlocutore esamina di persona le bombole stesse e infine effettua il lento rifornimento. Tale piccolo contrattempo non si era verificato nel precedente rifornimento ad Užgorod, data probabilmente la maggior frequenza di automobili straniere in una zona molto più vicina ai confini occidentali del Paese. Speriamo che anche il nostro viaggio, portando un veicolo occidentale in rotte ben poco consuete, contribuisca a far diminuire la diffidenza dei gestori delle stazioni di rifornimento.
Lasciamo infine Kiev attraversando il Dnipr, e non possiamo non ricordare come proprio le acque di questo fiume raffreddassero i reattori della centrale nucleare di Černobyl’, ubicata a meno di centro chilometri da qui. Imbocchiamo la strada M-03, che ci porterà verso il confine russo, distante ancora, nella rotta che intendiamo seguire, circa 850 chilometri. Nonostante un po’ di neve caduta in nottata, il clima odierno non è avverso e l’unica cautela è quella di prestare attenzione al ghiaccio e al consueto stile di guida “euforico” dei camionisti locali.
L’obiettivo della giornata è avvicinarsi alla città di Char’kov, i modo che, se il tempo non farà brutti scherzi, si possa raggiungere Volgograd nel giro di due giorni. Il nostro tragitto è come sempre allietato dalle radio locali che trasmettono spessissimo brani italiani, e non manchiamo di stilare una classifica in tempo reale degli artisti più gettonati: dopo due giorni di ascolto guidano questa “hit parade” Adriano Celentano e un Pupo più sorprendente del solito, davanti a Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi e Al Bano e Romina. Ancora indietro cavalli di razza come Riccardo Fogli e Toto Cutugno, mentre per i Matia Bazar c’è la consolazione di una serie di cartelloni pubblicitari di un loro futuro concerto a Kiev (per i fans l’appuntamento è per il 9 febbraio).
Nei pressi di Poltava incontriamo un distributore di metano lungo la strada. Stavolta convincere il custode del punto di rifornimento ad autorizzarci a fare il pieno è più facile del previsto. Dopo pochi metri riusciamo anche a rabboccare il gasolio. Esaminando i dati di quest’ultimo tratto di strada, notiamo con sorpresa di essere riusciti con un’andatura costante a raggiungere un ottimo risultato: poco meno di 350 km con circa 18 litri di gasolio, pari ad una media di 20 km con un litro. Il consumo così buono, raggiunto grazie ai circa 15 kg di metano, ci fa supporre che il metano ucraino abbia un potenziale maggiore rispetto a quello con cui ci riforniamo in Italia. In definitiva, nei 350 km esaminati abbiamo “speso” circa 25 euro!
Lo stop della tappa odierna è 50 km prima di Char’kov, a Valki, paesino con un simpatico motel vicino alla strada principale. All’Ezers spendiamo 50 euro in tre per pernottare e cenare abbondantemente. Intanto il Daily è parcheggiato lungo le sponde di un lago completamente ghiacciato dove alcuni pescatori, nel buio della notte, si dedicano alla propria attività con la tecnica del buco sul ghiaccio.
La vicina statua di Lenin in perfetta salute, sulla piazza a lui dedicata lungo il viale omonimo, testimonia che siamo passati nell’Ucraina orientale, la parte abitata dai filo-russi e che vede positivamente la politica di Janukovič. Ricordiamo per l’ennesima volta che Lenin in questi contesti non è tanto un simbolo politico, quanto un segnale della presenza russa su questo territorio.
Non a caso anche la conversazione con le simpatiche e attempate cuoche si svolge esclusivamente in russo e i commenti delle tre donne sui manifestanti di Kiev e sulla richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea sono ben poco benevoli. Continuiamo a chiacchierare mentre consumiamo pel’meni, carne, patate, birra e infine un pesante pirožok, la tipica pastella ripiena, tipico cibo russo che può essere ripieno di carne, patate, cavolo o, come in questo caso, frutta.
Sazi, ci ritiriamo a dormire presto per essere il più in forma possibile nelle ultimissime tappe che ci separano dalla destinazione.