Giorno 71 – In un mare di metano

Samarcanda-Bukhara (347 km. – tot. 25.145)

La delegazione Torino-Pechino e Fornovo Uzbekistan lascia Samarcanda dopo avere approfittato delle prime ore del mattino per fare le consuete foto di rito vicino al Registan e quelle con la cartellonistica d’ingresso alla città.
Il primo impegno del giorno è raggiungere la città di Karshi, a metà strada tra Samarcanda e Bukhara, dove siamo attesi per un pranzo a base di plov, il piatto tipico ed originario di questa zona, e per il rifornimento in una nuova stazione di metano appena aperta e dotata di compressori Fornovo. La strada è abbastanza buona e fa una certa impressione notare i cartelli che indicano Termez, la città di frontiera tra Uzbekistan e Afghanistan. Ancora un volta il transito lontano dalle città ci permette di poter provare a capire come si vive in campagna. Spesso lungo la strada possiamo ammirare le piantagioni di cotone di cui l’Uzbekistan è uno dei più importanti produttori mondiali. Questa coltivazione è indirettamente responsabile della diminuzione della portata dell’Amu-Darya, il fiume che alimentava la parte meridionale del quasi prosciugato Lago di Aral. L’animale più presente lungo la strada è il dromedario e più volte siamo costretti a rallentare improvvisamente per evitare di investire i branchi che brucano le erbe lungo il margine stradale. Il viaggio è un ottima occasione per parlare con l’amico Nozimjon, che ci racconta le dinamiche del suo lavoro e l’esplosione del fenomeno metano in Uzbekistan. La scoperta di una serie di giacimenti in tutto il Paese ha portato alla conversione quasi totale del parco automobilistico nazionale e all’apertura di cinquecento punti di rifornimento. Circolano molti autobus e camion alimentati completamente usando il metano. Nessun paese al mondo ha in così poco tempo cambiato la propria vocazione automobilistica. Superata Karshi arriviamo a Koson dove ci riforniremo dopo aver pranzato assieme agli amici di Fornovo Uzbekistan e ai gestori della stazione di metano presente in città. Si uniscono a noi Pavel e la moglie Anna, originari di Bukhara. Pavel è il responsabile tecnico degli impianti installati da Fornovo nel Paese. Procediamo al rifornimento della Toyota Hilux nella moderna stazione di metano aperta da meno di un anno dove abbiamo modo di vedere da vicino il potente compressore nuovo di zecca. Siamo accolti con simpatia da tutti coloro che lavorano presso questa struttura. Non mancano, come al solito, le foto commemorative dell’evento. Il viaggio prosegue con un curioso fuori programma a circa trenta chilometri da Bukhara, presso una riserva naturale voluta secoli fa dal locale emiro. Qui abbiamo modo di visitare un parte della struttura dove sono presenti animali tipici di questa regione. Tra le tante bestie facciamo amicizia con Sashka, un cucciolo di una specie di capra selvatica o forse di una specie a noi non nota di mini antilope uzbeka. Il piccolo ha tre mesi e si comporta come un cane, dato che segue passo passo gli umani e si fa accarezzare senza problemi.
Il paesaggio è completamente desertico fino all’arrivo vicino a Bukhara dove comincia il verde dell’oasi che circonda la ex capitale dell’omonimo khanato che per secoli ha dominato il territorio dell’attuale Uzbekistan. Alle porte della città c’è un’altra stazione di metano che vanta un piccolo record: nel 2013 fu il primo dei punti di rifornimento aperti da Fornovo in Uzbekistan. C’è molto traffico di auto che devono caricarsi di gas naturale, ma tutti i presenti ci lasciano il posto per rifornirsi dedicandoci parole di sostegno per il nostro viaggio. Come al solito rispondiamo a molte domande sul nostro impianto diesel-metano. Finalmente entriamo a Bukhara, che come Samarcanda appare notevolmente cambiata rispetto a dieci anni fa. Le case di epoca sovietica hanno lasciato il posto a molti nuovi palazzi con uno stile più in linea con l’architettura centroasiatica.
I nostri amici uzbeki ci hanno riservato tre camere singole in un dei migliori alberghi della città, ubicato a due passi dalla parte vecchia. L’ospitalità della locale filiale di Fornovo è davvero grande e siamo quasi imbarazzati nel vedere la qualità delle stanze dove siamo alloggiati. Riusciamo a convincere Pavel e Nozimjon a fare finalmente una cena leggera dopo i bagordi degli ultimi due giorni. Ottima frutta e una serie di buone insalate dominano la nostra tavola. Tutto questo è un buon inizio per la lunga e bellissima passeggiata nella parte vecchia di Bukhara. Impressionante l’immagine notturna del grande minareto Kalon con dietro una luna quasi piena e il pianeta Marte forte di tutto il suo caratteristico rossore. Il riposo nel comodo albergo sarà determinante per vivere con calma la rilassante giornata di domani.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?
– L’incremento delle stazioni di metano e gpl ha portato alla quasi scomparsa delle tradizionali stazioni di benzina e gasolio in alcune zone dell’Uzbekistan.
– A bordo strada è scomparsa una parte dei cartelli che ricordavano frasi del defunto presidente Karimov, prontamente sostituiti con frasi del nuovo presidente Shavkat Mirziyoyiev.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Alessandra Cenci, Giulia Messina, Nozimjon Shermuhamedov e gli altri amici di Fornovo Uzbekistan

Giorno 53 – Ritorno nella “terra promessa”

7 agosto 2018

Team 1: Ussurijsk-Birobidzhan (km 972) – Tot. 16.046

Partenza all’alba per il primo dei tre difficili giorni che dovrebbero permettere alla Hilux di portarsi presso Chita e poi da lì raggiungere il confine mongolo. Le distanze programmate sono quasi proibitive, ma confidando nell’aiuto reciproco Guido e Bruno tenteranno l’impresa. Prima della partenza un ennesimo saluto alla statua del “forestale” russo con in braccio un cucciolo della tigre dell’Ussuri, che assieme al leopardo popola questa zone. La tigre si ripete in tutte le salse, dai cartelli pubblicitari ai nomi dei ristoranti e perfino in una marca di benzina locale. Pausa colazione al “Fort Cement”, l’albergo-ristorante di Spassk-Dalnyj dove non siamo riusciti a dormire ieri sera causa del tutto esaurito. In effetti due bus sono parcheggiati sul piazzale, anche se l’ora è troppo mattutina per incontrarli a colazione. Il caffè non pessimo preparato dalla ragazza del bar accompagna la splendida vista sul cementificio che emana fumi nelle campagne circostanti. Nulla a confronto del panorama del pranzo, in un ristorantino armeno di Lucegorsk. Da qui si vede una immensa centrale a carbone che intossica tutto il circondario. Tubi di ogni dimensione e decine di tralicci elettrici portano in giro per il Primorskyj Kraj l’energia qui prodotta. Anche se dalle descrizioni appena fatte potrebbe non sembrare, in questa parte di Russia la natura è meravigliosa. Questa è una delle poche zone selvagge con clima temperato. Oltre a favorire la già citata presenza di tigri e leopardi, questo aiuta anche le coltivazioni, molto simili a quelle europee: in particolare modo è massiccia la presenza di grano.

Approfittando del fatto che in questo territorio a cavallo tra la regione di Vladivostok e quella di Chabarovsk si succedono numerose cittadine, possiamo ascoltare la radio senza perdere spesso il segnale. Quando si perdono i canali russi, ecco subentrare quelli cinesi, vista la vicinanza con il confine. L’occasione è giusta per riascoltare la classica musica italiana che impazza sulle radio locali. Oltre ad Al Bano e Romina, Riccardo Fogli e Toto Cutugno, oggi per la prima volta ascoltiamo su Radio Vladivostok un pezzo dei Negramaro.

A metà pomeriggio siamo a Chabarovsk e abbiamo già macinato 750 chilometri. Qui è prevista la sosta al punto di rifornimento privato dell’amico Aleksej, che già nel viaggio di andata ci aveva regalato un pieno di metano. Stavolta oltre al rifornimento, che useremo in Mongolia, Aleksej ci permette di fare un controllino alla salute dell’Hilux e cambiare il filtro del metano, usando così il primo ricambio messo a disposizione da Ecomotive Solutions e da Piccini Paolo Spa.

Lasciato il traffico della grande città si varca il lungo ponte sul fiume Amur che dà inizio anche alla temibile strada P-297. L’Amur è carico di acqua ed ha inondato molte zone non abitate nei pressi del suo corso. La differenza del volume d’acqua rispetto ad alcuni giorni fa è impressionante. Il viaggio prende decisamente la direzione occidentale, regalandoci nelle ore serali il sole in faccia basso sull’orizzonte, cosa che certo non aiuta, se sommata alla stanchezza del viaggio. Proprio in queste condizioni avvengono le ultime due ore di guida prima di Birobidzhan, obiettivo della tappa odierna, che ci ospitò anche due settimane fa. Curioso ritornare nel capoluogo dell’Oblast Autonomo Ebraico nonostante avessimo scommesso che difficilmente nella nostra vita ci saremmo potuti tornare.

Il cambio di albergo è d’obbligo dopo il bagno di umidità che facemmo nel viaggio di andata. Stavolta è il turno del vecchio albergo sovietico “Centralnaja”, tuttora noto col vecchio nome di Vostok (“Est”). Invece non si cambia il ristorante, tornando al caffè Felicità che aveva soddisfatto i nostri palati nella precedente visita. Passeggiata notturna lungo il fiume Biri e poi onoriamo il letto del Centralnaja, visto che domani mattina è prevista l’ennesima sveglia all’alba.

Team2: Pechino – strada verso Erenhot
L’ultima mattina a Pechino viene dedicata alla visita del 789 art district, un ex complesso industriale completamente riconvertito ad un’area dedicata all’arte contemporanea. I capannoni di un tempo sono diventati gallerie d’arte e non ci lasciamo sfuggire l’occasione di far visita alla mostra del connazionale Pistoletto attualmente in corso.
Nel pomeriggio, trasferimento alla stazione degli autobus a sud della città da dove partiamo alla volta di Erenhot. L’autobus a cuccette parte in orario dalla stazione per poi fermarsi dopo pochi chilometri per una non ben definita sosta di 2 ore alla periferia pechinese prima di riprendere il viaggio che sembra – ferma restando la capacità di comprensione reciproca – durerà circa 10 ore, con arrivo in mattinata a destinazione.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Anche oggi nel tragitto del team 1 abbiamo notato numerose auto elettriche circolare per strada dove non ci sono stazioni di ricarica veloce. Spesso alla guida ci sono uomini vestiti allo stesso modo come se fossero con la divisa di un’officina o concessionaria. Sembra che le Nissan Leaf che incontriamo vengano dal Giappone attraverso il porto di Vladivostok e via terra raggiungano località non servite dalla Ferrovia Transiberiana.

Equipaggio del giorno
Team 1: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale
Team 2: Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio

Giorno 47 – Tutti a Pechino!

1° agosto 2018, Hunchun-Pechino

La notte non è trascorsa molto serena, dato che nella giornata di ieri i nervi si erano caricati eccessivamente. Facciamo una buona colazione in stile cinese nel nostro albergo, accompagnati dal rammarico per la situazione complicata in cui ci siamo venuti a trovare, pur nella totale consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per provare a proseguire in auto. Non ci sentiamo responsabili dell’inghippo di ieri, e molte risposte dovrebbero arrivare dall’agenzia che fino ad un mese fa ci ha rassicurato sul fatto che il valico di confine non avrebbe riservato sorprese. Nutriamo un cauto ottimismo di riuscire almeno a recuperare una parte delle spese sostenute per l’immatricolazione dell’auto, anche se la partita la dovremo giocare a Pechino con i responsabili dell’operazione.

Allo stesso tempo abbiamo trascorso parte della giornata di ieri a raccogliere informazioni su questa anomala politica doganale della Russia, senza trovare informazioni chiare. Cercare di capire come funziona una cosa in Russia è spesso una vera impresa anche per un russo, dato che tutti gli addetti ai lavori ti forniscono risposte ogni volta diverse. Continuiamo a ritenere impossibile che tutte le dogane orientali della Russia, per oltre tremila chilometri, non permettano in questo periodo il transito di auto, mentre autobus e camion passano senza problemi. Nella nottata e nelle prime ore di questa mattinata sono proseguiti i contatti con Andrea e Claudia già arrivati a Pechino, con Emanuele impegnato a Mosca nel cercare di trovare una soluzione al nostro problema e con i principali promotori e sostenitori del nostro viaggio. In ogni caso la spedizione non si è fermata e l’obiettivo minimo del capospedizione Guido e di Mr. Wang è riuscire ad arrivare a Pechino entro la notte per permettere al viaggio di raggiungere la capitale cinese rigorosamente via terra, per poter consegnare i doni del Comune di Torino alla città di Pechino, uno degli scopi principali di questo viaggio.

Alla nostra Toyota Hilux a diesel-metano rimane la grande soddisfazione di aver unito i due oceani oltre che essere andata a livello di longitudine ben oltre la città di Pechino. Tradotto in chilometri, la nostra Hilux è almeno mille lunghezze più ad est della capitale cinese e il viaggio che porterà Guido e Wang a destinazione dovrà seguire una rotta sud-ovest, indietro verso l’Europa. Ci vuole un doppio treno con coincidenza per arrivare a destinazione partendo dalla remota Hunchun, dato che l’unico treno diretto ha finito i posti a disposizione. Dopo le difficoltà affrontate nelle ultime ore il cambio di un treno non possiamo certo considerarlo un problema.

Prima di andare alla stazione è il momento di recarsi anche alla sede locale della Banca Nazionale Cinese per poter cambiare il nostro denaro. Durante gli spostamenti tra albergo, banca, mercato cittadino e stazione notiamo come quasi tutti i taxi di Hunchun abbiano vicino alla targa la scritta CNG. Grazie a Wang che funge da interprete veniamo a sapere che il metano è molto diffuso in questa città e che sono presenti numerose stazioni di rifornimento, di cui neppure i tassisti interpellati conoscono il numero esatto. Curioso che Wang mi traduca la sigla CNG in “China Natural Gas” e non in “Compressed Natural Gas”: un esempio di nazionalismo ecologico. Questa scoperta aumenta ancora di più il rammarico per i fatti di ieri, visto che con la nostra autonomia con il diesel-metano di oltre 1500 chilometri avremmo coperto senza problemi la distanza fino a Pechino con un rifornimento di metano ad Hunchun.

Alle 12.00 siamo nella stazione della città che ci ospita e e prima di salire, alle 12.45, nel treno D22 che ci porterà a Changchun, facciamo in tempo ad esplorare tutta la struttura ferroviaria probabilmente di nuova costruzione e molto pulita. Simpatico il fatto che tutte le poltrone della sale d’aspetto possano massaggiarti collo e schiena. In Cina ci si può avvicinare al binario solo negli ultimi dieci minuti prima dell’arrivo del treno e tutto il sistema di apertura delle porte che conducono ai binari è controllato automaticamente. Guido non è sorpreso del fatto di essere l’unico straniero a bordo e di conseguenza di essere guardato da tutti come un raro esempio di “europeo”, in particolare modo dai bambini.

Nei primi chilometri del nostro viaggio il treno costeggia il fiume che fa da confine con la Corea del Nord, una nuova occasione per incontrare il Paese dove il capospedizione ha passato lo scorso fine settimana. La differenza tra le città cinesi e coreane che si affacciano sul fiume è rappresentata dalla maggiore vivacità e qualità delle case nella sponda in cui ci troviamo. Non notiamo particolari strutture di confine, se non qualche torretta di guardia, a ridosso del fiume che sembrerebbe anche non particolarmente difficile da attraversare. L’altra compagna di viaggio verso Pechino è la moderna autostrada che porta dal confine fino alla capitale. Come tutte le autostrade cinesi è diventata a pagamento. Se comprendiamo bene le parole di Mr.Wang il costo è di circa mezzo euro per ogni dieci chilometri.

Il pranzo in treno è a base delle leccornie acquistate nella mattinata in uno dei grandi mercati di Hunchun assieme all’esperto Wang. Continuando ad osservare il verde paesaggio, prima montano e poi pianeggiante, abbiamo modo di apprezzare come i treni cinesi viaggino a velocità molto elevate, ma allo stesso tempo facciano numerose fermate, cosa non molto comune in Europa. Del resto sotto le rotaie passano stazioni di città che spesso superano il milione di abitanti. Sia le grandi città che i villaggi della enorme campagna sembrano in perfetto ordine, oltre a trasmettere una sensazione di modernità e tranquillità. Il bello del viaggio via terra è poter osservare da vicino molte cose, compresi i cambiamenti rispetto allo stesso viaggio del 2008. Relativamente alle campagne che osservammo dieci anni fa la situazione appare molto migliore. La Cina cresce anno dopo anno, ma la locomotiva città cerca di portarsi dietro ogni vagone, compresa la campagna.

A metà pomeriggio siamo nella grande e trafficata città di Changchun, dove abbiamo poco più di un’ora per cambiare treno. La stazione ferroviaria è simile ad un aeroporto, divisa in terminal. Di fatto per passare dal nostro binario a quello dove si fermerà il treno che va a Pechino impieghiamo tutto il tempo a nostra disposizione. Salendo e scendendo tra le varie piattaforme rinunciamo anche ai bisogni fisiologici. Saliamo sul treno veloce G384, molto più affollato di quello precedente. Già nel tardo pomeriggio le ombre dei palazzi cominciano ad allungarsi e il sole presto tramonta. Il paradosso della Cina è che c’è un solo fuso orario in un grande Paese che si dovrebbe estende almeno su quattro. Questo ha il vantaggio di tenere tutto il Paese in un’unica ora, ma allo stesso tempo costringe le provincie più orientali a vedere il sole sorgere e tramontare molto presto e le remote zone occidentali al problema opposto.

La cena in treno si svolge con gli stessi prodotti e le stesse modalità del pranzo. Alle 23.00 siamo a Pechino e con un taxi, anche questo a metano, copriamo i circa dieci chilometri che ci portano all’Hotel Mercure, il migliore hotel dove possiamo dormire in questo viaggio, scelto per noi dall’amico Maurizio Bragagni, che a distanza di dieci anni non ha fatto mancare il proprio appoggio al progetto Torino-Pechino.

Quando è quasi mezzanotte Guido e Andrea, i due reduci della spedizione del 2008, possono salutarsi presso l’ingresso dell’albergo ad una settimana di distanza dal decimo anniversario dell’inizio delle Olimpiadi del 2008 qui a Pechino e dell’arrivo in città della spedizione di dieci anni fa. Difficile andare a dormire, visto che tutti sentiamo il bisogno di confrontarci su come proseguire l’avventura cinese e come impostare il viaggio di ritorno che sarà probabilmente molto diverso da quello che avevamo in programma.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Con il fatto che le ottime autostrade sono diventate a pagamento, non è un caso che una parte del traffico si sia spostato nelle strade statali.

– Almeno in questa parte di Cina il miglioramento delle zone di campagna appare evidente.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Mr. Wang II

Giorno 38 – Con il metano fino all’oceano!

23 luglio 2018, Chabarovsk (5 km) – Tot. 13.711

Finalmente un notte tranquilla in un appartamento con tutte le carte in regola e senza problemi di pulizia, umidità o letti poco confortevoli. Il primo impegno della mattinata è una sorpresa da parte di Gazprom e del responsabile per lo sviluppo della filiale italiana Sergej Colin, che alcuni giorni fa ci avevano segnalato la possibilità di fare un rifornimento in una stazione privata situata a Chabarovsk, previo contatto con il responsabile, il signor Aleksej: l’operazione va in porto e veniamo autorizzati a rifornirci in questo luogo “non ufficiale” e non segnalato da nessun sito o carta del mondo del metano. Ci dirigiamo in una zona periferica della città dove in un piazzale in mezzo ad alcuni edifici con attività legate al settore meccanico vediamo alcuni autobus di fabbricazione cinese con evidenti scritte CNG o NGV, indicanti il metano. Qui c’è il quartier generale della realtà guidata da Aleksej che si occupa di rifornire gli autobus a metano della città attraverso carri bombolai che prelevano il gas del metanodotto proveniente dall’isola di Sakhalin. Aleksej ci offre il pieno di metano ed è un piacere agganciare la nostra Hilux all’attacco europeo presente sul carro bombolaio e poter tornare ad usare il gas naturale assieme al gasolio. C’è stupore ed interesse nei nostri confronti e non mancano domande sul diesel-metano e sul nostro viaggio. Foto di rito e ripartenza verso la nostra casa dove lasceremo parcheggiata la Hilux per l’intera giornata. A questo punto è evidente che riusciremo a coprire la distanza che ci separa da Vladivostok e dall’Oceano Pacifico usando nuovamente il diesel-metano. Allo stesso tempo con questo pieno saremo in grado di varcare la frontiera cinese per poi cominciare a cercare le stazioni di metano anche prima di Pechino. Dei 14.500 chilometri che avremo percorso una volta raggiunto l’oceano, solo circa 2.200 (pari al 15% della distanza complessiva) sono stati percorsi senza metano. Non era possibile fare diversamente dato che pur di rifornire in tutte le stazioni utili, e coprire l’85% del percorso usando il metano, abbiamo anche allungato di oltre 400 chilometri l’intero viaggio.

La giornata di relax a Chabarovsk prosegue usando i già citati autobus cittadini a metano, prevalentemente “made in Cina”, che hanno sostituito molti dei vecchi e inquinanti bus russi. La soluzione del diesel-metano sarebbe perfetta per i vecchi autobus che circolano in Russia, ma almeno qui a Chabarovsk ancora siamo lontani dall’importare questo tipo di tecnologia. Prima tappa nella floreale Piazza Lenin, dove oltre alla statua del noto leader si possono ammirare aiuole e fontane. Qui incontriamo Mr. Ding, un giovane cinese incuriosito dalle nostra magliette della Torino-Pechino. Con lui scambiamo qualche parola sul prosieguo del nostro viaggio in Cina. Piacevole passeggiata nella strada principale della città, Ulica Muravyova-Amurskogo, che conduce fino ad un belvedere che domina dall’alto l’ansa del grande fiume Amur. Poco lontano si trova il luna park con vicino una spiaggia sul fiume molto frequentata. Proviamo la ruota panoramica per vedere dall’alto la città e ci gustiamo degli ottimi shashliki (spiedini di carne) in uno dei ristoranti del parco giochi. Sazi di cibo ci cimentiamo nella risalita della collinetta che domina l’Amur e dove si trova il monumentale luogo dove si ricordano le vittime della Grande Guerra Patriottica con la consueta fiamma eterna. Tutti i nomi dei caduti di questa regione sono elencati in grandi pareti e tutto ciò fa una discreta impressione. Contrapposto a questo monumento ce n’è uno più piccolo con tutti i morti di altri conflitti in cui Urss e Russia hanno partecipato. I nomi degli ultimi quattro caduti in Siria sono molto recenti.

Con il bus a metano ci rechiamo nei pressi della stazione della Ferrovia Transiberiana per provare a visitare l’interessante museo dedicato alla costruzione della ferrovia in estremo oriente. Purtroppo il museo è chiuso per restauro, esattamente come scritto nella nostra guida risalente al 2006. Ci consoliamo con la bella statua di Erofej Pavlovich Chabarovsk, esploratore russo che nel diciassettesimo secolo contribuì alla conquista di queste terre e che ha dato il nome, anzi il “cognome”, a questa grande città, mentre nome e patronomico li ha dati a Erofej Pavlovich, il piccolo avamposto dove abbiamo dormito alcune notti fa dopo la fine del difficile tratto di strada dopo Chita.

In vista della partenza di domani mattina verso Vladivostok decidiamo di ripetere la cena casalinga a base di pelmeni e non dormire troppo tardi.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Rispetto a dieci anni fa a Chabarovsk è arrivato il metano. Grazie all’intraprendenza degli amici che ci hanno regalato il rifornimento odierno, oggi questa città è dotata di numerosi bus a metano e di alcuni mezzi a gas naturale. Il percorso verso l’apertura di una stazione di rifornimento pubblica non richiederà molto tempo.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno Cinghiale

Giorno 33 – Il metano finisce con l’ennesimo record

18 luglio 2018, Ulan Udé-Chita (km 667) – Tot. 11.554

Negli appartamenti il tormentone mattutino è se l’acqua ci sia oppure no, mentre negli alberghi il rituale si compie attorno alla registrazione del visto, noto adempimento burocratico che dobbiamo fare ogni tot giorni. Ieri il receptionist ci aveva garantito che non avremmo avuto alcun problema, ed infatti questa mattina la registrazione non c’è. Siamo costretti ad insistere, anche in modo burbero, per venire a capo della situazione. Mentre aspettiamo che la registrazione si compia andiamo a fare qualche foto alla nostra auto nella piazza principale di Ulan Udé. Al nostro ritorno la registrazione è compiuta con le scuse del personale dell’albergo. Si parte verso Chita, altro luogo mitico soprattutto per coloro che sono appassionati di Risiko. Appena fuori Ulan Udé c’è un interessante bivio tra la Torino-Pechino 2018 e quella di dieci anni fa. Infatti la mitica Marea a gpl non andò verso Chita e l’oriente ma si diresse a sud verso la Mongolia. Oggi quel bivio è una naturale fonte di ricordi e della Mongolia ci limiteremo a vedere qualche targa automobilistica di passaggio. In realtà attorno alla strada tutto ricorda la terra di Gengis Khan, visto che oltre le faccie di origine asiatica, anche la toponomastica e alcune insegne di kafè e ristoranti ci ricordano le origini del popolo buriato. In un verdissimo vallone ci fermiamo a fare foto nei pressi di un piccolo tempio buddista, oltre che ammirare lo sconfinato panorama tutto attorno a noi. Il paesaggio è molto diverso da quello incontrato finora, visto che per tutto il giorno percorriamo salite e discese sempre attorniati da montagne. Come già detto, il paesaggio è dominato dal verde in ogni sua sfumatura, potenziato ancora di più dalla vasta presenza di acqua di fiumi, laghi, stagni e oggi pure attraverso rovesci di acqua.

Pochi chilometri dopo il confine amministrativo tra Buriazia e Transbajkalia, oltre a cambiare di nuovo l’ora e portarci a +7 dall’Italia, finisce il pieno di metano di Bratsk, che ci ha permesso di stabilire un nuovo record di percorrenza. I chilometri percorsi sono 1288,5, cifra mai raggiunta fino ad ora. E’ bene ricordare che siamo arrivati in Transbajkalia dopo circa 11.000 chilometri, anzi 17.000 se consideriamo anche il prologo fino a Lisbona per unire i due oceani. Il nostro Hilux con i suoi 160 litri di bombole di metano è arrivato fino a qui: probabilmente nessun veicolo simile nella storia ha potuto fare altrettanto!

Da adesso i restanti circa 3.000 chilometri per arrivare all’Oceano Pacifico saranno fatti usando il solo gasolio, un test comunque utile per comparare i consumi e il risparmio che si può avere con il diesel-metano. Il viaggio continua lentamente per i consueti “remont” (lavori in corso) che ci bloccano spesso in lunghe code. Oggi le parti in terra battuta dove avvengono i lavori sono trasformate in un mare di fanghiglia che ostacola ancora di più la marcia dell’auto. Gli ultimi chilometri sono caratterizzati dallo straripamento di molti piccoli torrenti che costeggiano la strada. Anche Chita è piena d’acqua, al punto di assomigliare a Venezia. Prendiamo una camere in una specie di bed and breakfast periferico. Incredibilmente, qui con noi c’è anche un motociclista spagnolo che abbiamo incontrato più volte lungo il percorso negli scorsi giorni. Le nostre strade presto si separeranno visto che lui si dirigerà verso Magadan nella Russia nord-orientale. La serata si conclude prima in un piccolo ristorante non lontano dall’albergo dove intratteniamo il personale raccontando il nostro viaggio, poi nel piazzale dello stesso locale, dove subiamo una truffa molto di moda da queste parti e soprattutto in Mongolia: mentre uscivamo dal parcheggio in retromarcia, un taxi in assoluto silenzio e soprattutto in modo volontario si avvicina per farsi leggermente urtare dal nostro veicolo. Ovviamente la peggio spetta al piccolo taxi, che rimedia una ammaccatura alla carrozzeria. Il taxista è assolutamente conciliante e comprensivo, oltre a chiederci 5.000 rubli per i danni. Ne avrà la metà e resterà comunque soddisfatto della cifra raccolta. Osservando le numerose tracce di episodi simili sul veicolo del taxista abbiamo la conferma della sua ricerca volontaria di collisione. L’ora tarda, il non cercare storie con la polizia e la voglia di non perdere tempo ci convincono a cedere alle richieste del simpatico individuo che ci regala numerose strette di mano per ringraziare.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Da oggi e per le prossime due settimane le comparazioni saranno più complesse visto che ci stiamo addentrando in luoghi completamente nuovi. In ogni caso oggi abbiamo notato la completa assenza della polizia nell’intero percorso, cosa che dieci anni fa non era neppure immaginabile.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno il Cinghiale

Giorno 29 – Avventura nella taiga

14 luglio 2018, Krasnojarsk-Bratsk (697 km) – Totale 9.762

Sapendo che la giornata di oggi sarebbe stata impegnativa, decidiamo di far suonare la sveglia alle 6 per lasciare Krasnojarsk un’ora dopo. Notiamo già di buon’ora molti individui che si intrattengono a rovistare nei bidoni dell’immondizia sotto la nostra casa e vicino all’auto. Dai bidoni rispondono infastiditi topi di elevate dimensioni. Questo fenomeno sociale riguarda prevalentemente anziani che vivono con le pensioni basate sui contributi di epoca sovietica, che non sono state rivalutate e al giorno d’oggi valgono meno di cento euro al mese. Dopo oltre venticinque anni continuano ad apparire irrisolte alcune delle problematiche sorte con la trasformazione dell’economia e del sistema sociale di questo grande Paese e che hanno condotto alla povertà una fascia della popolazione.

Nel nostro piccolo appartamento c’è un curioso problema, ovvero manca l’acqua fredda. Di solito avviene il contrario. Per non rimanere ustionati siamo costretti a lasciare casa senza la doccia mattutina a cui siamo abituati. La strada che porta alla vivace città di Kansk è decisamente buona. Tratti a quattro corsie e altri con solo due, ma complessivamente asfalto nuovo. Unico ostacolo, le interminabili file di camion che, come abbiamo già ricordato, inquinano come una centrale a carbone. Ad ora di pranzo siamo già a metà strada, visto che attraversiamo il confine che ci fa entrare nell’oblast’ di Irkutsk e spostare avanti le lancette dell’orologio della sesta ora rispetto all’Italia. Appena dopo il confine notiamo il curioso torrente “Verbljud” (Cammello), seguito dall’omonimo kafè. Lì decidiamo di pranzare con un lauto pasto a base di pelmeni siberiani e manty centroasiatici. Poco più avanti sostiamo per un rifornimento di gasolio nella città di Tajshet, snodo ferroviario di grande importanza dove la Transiberiana si divide in due rami, quello più noto a sud del Lago Bajkal e quello settentrionale che prende il nome di Bam.

Anche per noi è tempo di fare scelte importanti: se seguiamo la ferrovia meridionale ci avvicineremo rapidamente a Irkutsk rinunciando all’ultimo pieno di metano che questa zona della Russia può offrirci; andando a nord, invece, possiamo raggiungere, allungando di circa 250 chilometri, la città di Bratsk, dove si trova l’ultimo avamposto Gazprom nella Russia sud-orientale. Ci lascia perplessi il fatto che nella cartina stradale in nostro possesso, le strade che ci porterebbero a Bratsk sono riportate come piccole e potenzialmente terribili. Gli addetti alla stazioni di servizio ci tranquillizzano raccontandoci che sei mesi fa è stato completato il percorso che unisce Bratsk a Tajshet e che ora il tempo di percorrenza è quasi dimezzato. Alcune conferme a questa notizia arrivano anche dalle nostre ricerche on line. Decidiamo di andare per fare in modo che la parte a metano del nostro viaggio possa durare altri mille chilometri, forse superando anche il Bajkal. Dopo i primi venti ottimi chilometri comincia una parte di strada sterrata. Successivamente torna un poco di asfalto che ben presto cede il posto ad una terribile pista nel cuore della taiga. Per fare poco meno di duecentocinquanta chilometri impieghiamo circa cinque ore. La media oraria delle parti non asfaltate è bassissima e se non avessimo viaggiato in un fuoristrada probabilmente saremmo dovuti tornare indietro. La Toyota si comporta molto bene, ma neppure lei può difenderci dalla polvere che ci assale, anche con i finestrini chiusi. Tutto questo serve per capire che in Russia non sempre è importante che la strada sia asfaltata, e in casi come questi è prioritario che si possa arrivare a destinazione; ecco perché, nonostante la strada sia terribile, tutti sono felici per l’apertura di questa arteria che ha realmente migliorato la circolazione in questa regione. Non osiamo pensare cosa ci fosse prima al posto di questa specie di strada e quali mezzi fossero in grado di percorrerla. Interessante, senza ombra di dubbio e nonostante il tempo che perdiamo, il paesaggio naturale nel cuore della taiga siberiana. Abbiamo modo di osservare la fauna selvatica e molti uccelli a noi sconosciuti. Degna di nota la vegetazione in fiore che rende il paesaggio verdissimo in questo periodo dell’anno. A circa quaranta chilometri da Bratsk torna l’asfalto, ma non finiscono le buche grandi come crateri. Quando è quasi buio la situazione si tranquillizza e siamo finalmente nella città dove ci siamo imposti di arrivare. Fatichiamo a trovare un alloggio e stavolta ci aiutano poco sia la guida Lonely Planet che il sito Booking.com. Finiamo nel quartiere settentrionale, chiamato Energetik, nei pressi della grande centrale idroelettrica sul fiume Angara, emissario del Lago Bajkal. Dopo essere stati respinti da un albergone in stile sovietico che ci ha chiesto un capitale per dormire nelle loro stanze, finiamo in un appartamento meno costoso, ma decisamente confortevole, elemento importante vista la stanchezza accumulata in questa giornata che ci ha visto chiusi in auto per quasi quindici ore. Una veloce cena in un localino sotto casa chiude l’impegnativo giorno.

Come è cambiato il mondo in 10 anni?

– Ancora una volta parliamo di strade constatando il progresso della Krasnojarsk-Irkutsk che finalmente è interamente asfaltata. Auguriamo stessa sorte ben prima di dieci anni anche alla Tajshet-Bratsk.

– La miseria per le strade di Krasnojarsk, purtroppo, dieci anni dopo non è scomparsa.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno Cinghiale

Giorno 23 – La nostra Transiberiana con record di bassi consumi

8 luglio 2018, Tyumen-Omsk (640 km) – Tot. 7.426

Non abbiamo dormito molto a causa della lunga nottata calcistica che ha visto la Russia lasciare il mondiale, ma restiamo stupiti nel vedere ancora al mattino presto tifosi russi girare per la città con i postumi di sbornie colossali. Per tutta la notte, non solo a Tyumen, il popolo russo è sceso in piazza per festeggiare comunque l’ottima esperienza della propria nazionale in questo storico torneo disputato in casa. Se qualcuno pensava che prevalesse la tristezza, dopo l’eliminazione ai rigori da parte della Croazia, si sbagliava di grosso: permane un’atmosfera serena e felice, eccessi a parte. Di uno di questi eccessi siamo testimoni vedendo un nostro vicino di casa cadere a terra di schianto a pochi metri da noi, ignorato da gran parte dei suoi amici.

Lo strano hotel che ci ha ospitato nella notte è pieno di sorprese. Quella di ieri sera era la delocalizzazione in più condomini delle stanze a disposizione dei clienti, che ci ha costretto a salire e scendere per i palazzi a quindici piani della periferia di Tyumen. Quella di oggi è una colazione da ritirare all’ultimo piano di un palazzo e consumare nella nostra stanza al quinto piano di un altro. A parte questi disguidi organizzativi, l’Hotel Aurora è una ottima soluzione sia per il viaggiatore stanziale che per quello mordi e fuggi.

Un ultimo passaggio in auto dal centro della città osservando che l’Hotel Vostok, dove dormimmo nel 2008, è ancora al suo posto ma con prezzi raddoppiati. Per il resto Tyumen non regala molte emozioni al turista se non la consueta architettura sovietica e un curioso giardino dedicato ai gatti siberiani. Proprio di questi felini avremmo bisogno per contenere l’esuberanza degli enormi insetti che entrano dai nostri finestrini ogni volta che l’auto rallenta o si ferma nei numerosi cantieri situati lungo la strada che porta verso Omsk. Questa sorta di tafano gigante opprime chi vive da queste parti per buona parte della stagione calda. In questo periodo dell’anno la Siberia è in fiore, ma anche verdissima e ricca di stagni e acquitrini, ambiente ideale per il proliferare degli insetti. Molti di loro a fine giornata resteranno stampati nel nostro nuovo paraurti.

Consumato un rapido pasto in una delle tante piccole strutture a buon mercato che la strada offre, raggiungiamo la città di Abatskoye dove effettuiamo il rifornimento di gasolio, consapevoli del bassissimo consumo effettuato in questi giorni di ritmi lentissimi e di velocità regolare nel nostro marciare ad est. Incameriamo 70 litri di gasolio e possiamo calcolare che il consumo medio degli ultimi 1333 chilometri è 19 chilometri con un litro. I restanti dieci litri nel serbatoio ci avrebbero consentito di toccare la incredibile cifra di 1500 km con un pieno! Dopo il dato di ieri relativo ai consumi di metano, oggi arriva la conferma che tutto sta andando per il verso giusto anche relativamente ai consumi complessivi dei due carburanti associati. Piede leggero, strada in pianura, ritmi blandi e la nostra concentrazione aiutano la paziente impresa di dimostrare l’economicità di questo sistema.

Dopo una eterna sosta ad un passaggio a livello della Ferrovia Transiberiana, raggiungiamo per un rabbocco di metano la stazione Gazprom di Luzino, vicinissima a Omsk, sede di tappa odierna. Qui la cassiera e l’addetto ai rifornimenti, Aleksey, ci accolgono con grande entusiasmo e diventa naturale fare foto assieme per ricordare la nostra visita in questo importante e strategico punto di rifornimento, l’unico nell’oblast di Omsk, che ci permetterà di raggiungere Novosibirsk usando il gas naturale. Gli ultimi trenta chilometri ci vedono entrare ad Omsk, città di oltre un milione di abitanti situata nella verde conca del fiume Irtysh. Prendiamo possesso di un appartamento in periferia e consumiamo una gustosa cena in una birreria ufficiale della nota birra russa Sibirskaya Korona, uno dei più interessanti prodotti tra gli alcolici leggeri “made in Russia”. Con l’ingresso nell’oblast di Omsk ci portiamo a ben quattro ore di fuso orario di differenza dall’Italia.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Gli alberghi dove dormimmo nel 2008 sia a Tyumen che ad Omsk esistono entrambi e continuano a lavorare e portare lo stesso nome, cosa rara in Russia.

– È esploso il fenomeno degli affittacamere o affitta-appartamenti, anche per una sola notte, in tutta la Russia. Non è un caso che spesso scegliamo questa economica soluzione per i nostri alloggi temporanei.

– Gli enormi insetti che circolano in questo periodo dell’anno in Siberia non sono di certo a rischio estinzione. Nel 2008 vedevamo più libellule, adesso prevalgono i tafani.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale

Giorno 22 – A metà strada tra i due oceani

7 luglio 2018, Ekaterinburg-Tjumen’ (km 380) – Tot 6.786

Dopo la riposante notte nella casetta di via Shartashkaya, ci dedichiamo ad una più che piacevole colazione nei pressi della nostra dimora. Nella stessa piazza c’è un interessante memoriale della guerra in Afghanistan che visitammo anche nel 2008. Di solito i monumenti che ricordano le guerre vedono sempre statue di soldati potenti, sicuri e forti. Il protagonista di questo luogo è invece un soldato seduto e apparentemente triste. Il monumento è stato ampliato con i nomi, i luoghi e gli anni della scomparsa di tutti i soldati russi impegnati nelle varie guerre o missioni di pace dopo il 1991. Si può leggere Jugoslavia, Cecenia, Abcasia, Ossezia, Tagikistan, Nagorno-Karabak e tanti luoghi poco noti all’opinione pubblica occidentale. Recuperato il veicolo parcheggiato in un posto sicuro nel sotterraneo di un palazzo, andiamo a visitare il Centro “Boris Eltsin”, complesso museale e commerciale dedicato al più illustre cittadino di Ekaterinburg. A parte alcune statue e reliquie decisamente pacchiane, è possibile capire attraverso la visita di questo luogo molte dinamiche della vita in Russia negli anni ‘90. Pur prendendo atto della parzialità della mostra tendente a valorizzare la figura di Eltsin, rimaniamo colpiti da alcune delle ricostruzioni presenti sia in forma audiovisiva che con materiali dell’epoca.

Il secondo impegno della mattinata ci vede andare a visitare un altro luogo decisamente insolito ubicato a circa quindici chilometri dalla città. Per strada, uscendo dal centro cittadino, abbiamo modo di ammirare lo strano stadio nel quale si sono giocate numerose partite dei mondiali, la cui particolarità sono le due tribune aggiunte in corrispondenza delle due curve, che non collimano affatto con la forma circolare dell’impianto, risalente addirittura ai tempi di Stalin e del quale è stata preservata la facciata di epoca sovietica. Arriviamo quindi a Gànina Jama, un complesso di monasteri ubicato in una foresta fuori da Ekaterinburg. Qui incrociamo due jeep di due spedizioni russe simili alla nostra e che, partite da Kirov e Joshkar Olà sono dirette a fare il giro del Lago Bajkal nella Siberia centrale. Questo sito spirituale è in realtà il luogo dove furono nascosti per oltre settanta anni i resti della ex famiglia imperiale russa dopo l’esecuzione di cui abbiamo parlato nel diario di ieri. Tutto questo, che appare come una ulteriore glorificazione dell’ultimo zar e di sua moglie, ci dà l’impressione di trovarci in una specie di Disneyland dei Romanov, con statue e immagini in tutte le salse della ex casa regnante. Una cosa che ci colpisce, oltre ai numerosi bus di nostalgici che troviamo sul posto, sono le coppie di sposi che vengono qui a farsi fotografare, visto che non ci sembra proprio questo il luogo più adatto per augurare felicità a novelli sposini.

Dopo questa lunga mattinata di storia e una pausa gastronomica in una non eccezionale “stolovaya” all’uscita della città riprendiamo il viaggio verso est. Oggi abbiamo con noi anche una nuova compagna di viaggio che ci seguirà fino al Pacifico: la Ferrovia Transiberiana. Nel corso del cammino odierno ci incrociamo spesso con lunghissimi treni merci trainati anche da tre o quattro locomotori. A metà pomeriggio usciamo di una quindicina di chilometri dal tracciato principale per raggiungere nel piccolo paese di Sukhoy Log una stazione di metano della quale Fornovo ci ha comunicato l’esistenza. Anche in questo caso il punto di rifornimento è nuovissimo e dotato di attacco russo ed europeo. Assieme a noi si riforniscono ben tre camion di grandi dimensioni, a dimostrazione che in Russia il diesel-metano è molto diffuso nell’autotrasporto. Il rifornimento ci permette di calcolare i consumi dal precedente “pieno” risalente a Kazan. Con sorpresa scopriamo che la nostra autonomia di solo metano ha superato i 1.100 chilometri, un risultato molto positivo e dovuto sia all’andamento lento del nostro cammino e pure alla buona qualità del metano che carichiamo in Russia. L’obiettivo di giornata è la città di Tjumen’, capoluogo dell’omonima oblast’ e luogo molto simbolico del nostro viaggio, visto che questa città è equidistante da Lisbona e Vladivostok, quindi anche dai due oceani che intendiamo unire con questo viaggio: sono circa 7.000 i chilometri tra questa città siberiana e l’Atlantico, altrettanti da qui al Pacifico. Nonostante il fuso orario proibitivo e la sveglia di domani mattina molto presto, a Tjumen’ vediamo l’incontro di calcio valido per i quarti di finale del Mondiale tra Russia e Croazia e che vede i padroni di casa uscire a testa alta da un Mondiale andato ampiamente oltre le loro aspettative.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Il memoriale dei caduti in Afghanistan ad Ekaterinburg si è ingrandito e ha visto, purtroppo, nuovi nomi aggiungersi a quelli vecchi.

– Il complesso di Ganina Jama dieci anni fa era in costruzione, oggi ha raggiunto il completamento diventando un sito storico-spirituale che lascia davvero perplessi.

– Il miglioramento delle strade e delle infrastrutture a servizio come distributori, punti di ristoro e piccoli alberghi è notevole.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale

La “Torino-Pechino” al Parlamento Europeo

Presentata l’edizione 2018 a Bruxelles durante il convegno di Ecofuturo alla presenza di numerosi europarlamentari e giornalisti.

 

Un palcoscenico d’eccezione quello da dove il capospedizione Guido Guerrini ha potuto presentare la Torino-Pechino 2018, edizione che ricorda il decennale della prima storica impresa che vide protagonisti tre giovani della Valtiberina Toscana. Se nel 2008 fu dimostrata la possibilità di raggiungere la capitale cinese utilizzando il gpl, stavolta l’obiettivo sarà ottenuto con un’auto a metano. Per l’esattezza, la Toyota Hilux che porterà in Estremo oriente i protagonisti della nuova avventura sarà alimentata con un sistema dual fuel che miscela diesel e metano: si tratta di un interessante metodo per ridurre le emissioni dei veicoli diesel e rendere ancora più economico il loro utilizzo.

 

Anche l’auto è stata presentata nella piazza antistante il Parlamento Europeo dopo un lungo viaggio dalla Toscana fino alla capitale belga e che proseguirà nei prossimi giorni fino a Lisbona: è infatti da lì che prenderà il via una seconda missione che affiancherà la storica Torino-Pechino, ovvero unire l’Oceano Atlantico e il Pacifico, dalle spiagge di Lisbona a quelle meno calde di Vladivostok.

Molta la curiosità per il tipo di alimentazione del veicolo, argomento ampiamente dibattuto all’interno del convegno di Ecofuturo, con la collaborazione di “Ecquologia” e della Libera Università di Alcatraz, che si è svolto presso il Parlamento Europeo, organizzato grazie all’aiuto dell’on. Dario Tamburrano. Molti degli intervenuti hanno potuto provare l’auto e ottenere risposte alle domande che accompagnano questo tipo di alimentazione destinata ad abbattere emissioni e costi di molti mezzi a gasolio.

 

“Se dieci anni dopo questo sogno può vivere ancora, è grazie agli sponsor valtiberini e nazionali che hanno permesso la costruzione di questo nuovo progetto”, ha spiegato Guido Guerrini durante il proprio intervento al convegno di Bruxelles durante il quale è stato presentato il viaggio. “La sinergia tra il nostro territorio e altre realtà italiane ha permesso di far conoscere la tecnologia del diesel-metano su ampia scala. Il nostro auspicio è che anche il nostro viaggio possa dare un aiuto a diffondere sempre di più questo tipo di alimentazione e il relativo abbattimento di inquinamento ambientale e di costi”.

 

Quando il veicolo protagonista del viaggio avrà concluso il tour della penisola iberica, l’auto rientrerà in Toscana per la pre-partenza del viaggio da Sansepolcro e quella ufficiale da Torino.

Venerdì 15 giugno mattina, alle ore 11.00, i protagonisti del viaggio saluteranno la città di Sansepolcro in Piazza Torre di Berta. Il giorno dopo, alle ore 10, la partenza da Torino in Piazza San Carlo alla presenza della Sindaca Chiara Appendino.

Ritorno da Volgograd – Giorno 5

A Dracula non piace il metano!
Completato l’attraversamento della Romania senza rifornimenti ecologici.

Dopo un’indispensabile dormita nella tranquilla città di Galati, nell’Est rumeno, ci attiviamo per sbrigare le pratiche burocratiche indispensabili per attraversare regolarmente tale stato. Ci aggiriamo nel quartiere del nostro hotel in cerca di una banca o un cambiavalute, ma incredibilmente troviamo tutto chiuso, perché in Romania sia il primo gennaio che il secondo giorno dell’anno sono festivi. L’amara scoperta ci complica la vita visto che per recuperare dei Lei rumeni dobbiamo chiedere aiuto alla gentilissima “portiera” dell’albergo. Ora che siamo pieni di valuta rumena, l’unica in Europa ad essere plastifica ed antistrappo, paghiamo i sei euro di tassa stradale e ci incamminiamo per la lunga giornata che ci vedrà attraversare da est ad ovest la Romania.
Sotto le ruote del nostro Iveco Daily passano i chilometri e le città di Braila e Slobozia fino all’autostrada che collega la riviera del Mar Nero alla capitale Bucarest. C’è da dire che negli ultimi anni la nazione rumena ha fatto grandi progressi riguardo alla manutenzione delle strade. La piccola tassa stradale, per una volta, l’abbiamo pagata volentieri. L’asfalto è in buone condizioni, l’unica attenzione è rivolta ai carretti trainati da animali che sono onnipresenti e ai cani randagi che attraversano la strada sia in paese che in aperta campagna.
Poco prima di Bucarest terminiamo il metano caricato ad Odessa. Purtroppo non esiste la possibilità di rifornirsi in Romania, unico stato balcanico a non avere distributori di metano (contrariamente al gpl, presente lungo tutte le arterie principali al prezzo di circa 70 centesimi di euro). Non è comprensibile perché nella vicina Bulgaria ci siano centinaia di stazioni di rifornimento, in Serbia una decina, tre in Ungheria, numerose in Moldavia ed Ucraina, mentre qui non esista traccia del metano. A causa di questa mancanza saremo costretti a proseguire fino a Belgrado, circa seicento chilometri, utilizzando solo il gasolio. In ogni caso sarà un test sui consumi interessante visto che cercheremo di procedere con una guida finalizzata al massimo risparmio.
Come al solito, invece che girare intorno alla capitale rumena, decidiamo di attraversarla da parte a parte con due soste. La prima è nei pressi dello Stadio Nazionale dove vive la nostra carissima amica Viorica che, vista l’ora, ci offre un ottimo pranzetto. Viorica è una nostra antica conoscenza e grande amante dell’Italia che ha visitato più volte. Ci tratteniamo oltre un’ora apprezzando ancora una volta la sua grande gentilezza, visto che per l’ennesima volta ci offre la sua ospitalità. Viorica è sempre stata un importante appoggio logistico per la riuscita delle nostre avventure.
La seconda sosta è subito dopo la ripartenza, nei pressi del grande palazzone che oggi ospita il Parlamento rumeno. Il nome originale è “Casa Poporului” e fu costruito nell’epoca comunista come tutto il quartiere circostante; attualmente è la struttura più grande d’Europa, seconda al mondo solo al Pentagono. Mentre facciamo le foto di rito molti operai stanno smontando il palco della festa di capodanno. Non è la prima volta che incontriamo il palazzo che molti legano alla figura di Nicolai Ceausescu, ma in ogni occasione non si può non rimanere stupiti della imponenza del manufatto.
Secondo Wikipedia misura 270 metri per 240, è alto 86 metri e affonda per altri 92 nel sottosuolo della collina che lo ospita.
Sempre con facilità lasciamo Bucarest proseguendo verso Pitesti, con ulteriori cento chilometri di ottima autostrada. A Pitesti, città che ospita la storica fabbrica della casa automobilistica Dacia, oggi di proprietà della Renault, termina l’autostrada per lasciare spazio ad una statale che ci conduce verso Craiova. Nel frattempo scende l’oscurità e come al solito la parte terminale della giornata è maggiormente difficoltosa. Raggiungiamo di nuovo il Danubio, stavolta al limite occidentale della Romania nei pressi di Dobreta Turnu Severin. A monte della grande città rumena sorge la grande diga delle Porte di Ferro, struttura costruita negli anni ’70 dalle autorità jugoslave e rumene laddove il grande fiume fa da confine. A monte della diga il Danubio è cresciuto di 35 metri diventando navigabile fino oltre Belgrado, mentre a valle le grandi turbine producono energia idroelettrica per entrambi gli stati. Proprio tra la città rumena di Dobreta Turnu Severin e quella serba di Kladovo sorgeva il Ponte di Traiano, capolavoro militare costruito dal progettista Apollodoro di Damasco. La struttura servì per invadere la Tracia e ancora oggi sono visibili i pilastri nei pressi delle due sponde.
Tuttora non è chiaro come le tecniche di costruzione dell’epoca abbiano permesso ai romani di compiere questo miracolo architettonico.
L’ultima fatica della giornata è attraversare la dogana rumeno-serba situata sopra la diga che funge anche da ponte sul Danubio. Neppure dieci minuti di controlli da parte delle due polizie e possiamo rimettere le lancette dell’orologio sull’ora italiana. Decidiamo di alloggiare a Kladovo nell’unico albergo aperto in questa stagione poco turistica. Vicino al parcheggio dell’hotel notiamo la spiaggia e gli ombrelloni, segno di come durante la stagione calda Kladovo diventi una località balneare.
Piccola ma ricca di locali, la strategica città serba, che riesce a deliziarci con un menù di carne ad ottimo prezzo e birre montenegrine decisamente gustose.
C’è da registrare che nella giornata di oggi il termometro non è mai sceso sotto lo zero e che non abbiamo incontrato neppure uno schizzo di neve o di ghiaccio. Non sembra neppure inverno!