Giorno 64 – Nella steppa kazaka

18 agosto 2018, Semej-Usharal (575 km – tot. 22.618)

La sveglia e la conseguente colazione avvengono più tardi del solito per recuperare la stanchezza della giornata precedente. Curiosamente in sala da pranzo ci sono gli stessi tre individui che avevamo lasciato a tarda notte della sera precedente mentre bevevano più bottiglie di vodka. Il tavolo dove sono posizionati è lo stesso e l’entusiasmo con il quale uno di loro ci ricorda che la Juventus con Cristiano Ronaldo sarà imbattibile ci fa dedurre che non abbiano ancora dormito. Prima di lasciare Semej ci occupiamo di cambiare denaro e di procurarci una sim card kazaka. L’idea iniziale di lavare la macchina viene rinviata a possibile attività contemporanea al pranzo. Semej, in russo Semipalatynsk, è stata per quarant’anni una città chiusa agli stranieri. Non lontano sorgeva il poligono nucleare dove l’Unione Sovietica sperimentava il proprio arsenale. Si racconta che nei primi anni gli scoppi avvenivano in superficie contaminando la zona circostante e causando numerosi problemi alla salute di uomini e animali. L’attività del poligono è cessata nel 1989, ma la fama di questa città non è lontana da quella di Chernobyl.

Appena imbocchiamo la strada per Almaty, e per il sud della nazione, siamo fermati da una pattuglia della polizia per un normale controllo. Come già accaduto in passato riemerge il tormentone legato al Commissario Corrado Cattani e la fortunata serie televisiva “La Piovra”. I simpatici poliziotti citano molti dei personaggi della fiction e chiedono se Michele Placido sia ancora vivo. Interessante il fatto che abbiano collegato la tragedia del ponte di Genova alla corruzione negli appalti legata alla mafia. Naturalmente non facciamo nostre queste opinioni, ma visto che arrivano dalla polizia kazaka, può darsi che loro sappiano qualcosa in più…

La prima parte della strada di oggi non è pessima, un asfalto non sempre ottimo ma senza buche o avvallamenti. Attorno a noi la steppa kazaka che caratterizzerà la nostra giornata. Oltre ai pochi e malmessi villaggi, possiamo ammirare numerosi cimiteri islamici con tombe di famiglia che sembrano palazzi in stile barocco e vecchi sovkoz abbandonati. In una deviazione stradale attraversiamo un piccolo villaggio abitato ma in completa decadenza. All’inizio del paesino, un cartellone con il Presidente Nuzarbajev ci ricorda il “Piano 2050” che porterà prosperità all’intero Kazakistan. Per ora basterebbe un poco di asfalto per non uccidere di polvere gli abitanti di questo gruppo di case.

Dopo la pausa pranzo avvenuta in un luogo sperduto e senza nome, riprendiamo il viaggio con la strada in netto peggioramento. Arrivando dalle piste mongole tutto sommato l’asfalto deforme kazako ci sembra una cosa bella. Alle sei del pomeriggio dobbiamo decidere se fermarci o percorrere altri duecento chilometri prima della prossima città dove poter alloggiare. Andiamo avanti con la consapevolezza che finiremo di viaggiare dopo il tramonto. La luce nelle ultime ore del giorno, qui nella steppa, è molto bella. Purtroppo con la scomparsa del sole la strada peggiora notevolmente e dopo aver centrato alcune buche senza danni apparenti, siamo costretti a scendere ad una andatura attorno ai trenta orari. Tanto per cambiare gli ultimi chilometri diventano un calvario a cui fatichiamo ad abituarci. Finalmente arriviamo ad Usharal, pochi chilometri fuori dal nostro itinerario. Qui, scovato via internet, c’è il mediocre hotel Kabanbay che ci ospiterà per la notte. Nel parcheggio del ristorante a fianco della struttura ci sono una Marbella e una Fiat Uno con targa italiana con tre italiani e uno svizzero ticinese. Si tratta di due uomini, Fabio e Marco, e due donne, Giuditta e Paola, impegnati nel Mongol Rally, con cui abbiamo la possibilità di trascorrere la serata scambiando finalmente due chiacchiere nella lingua di Dante. Vengono da Almaty e quindi siamo reciprocamente utili per scambiarci informazioni sulle rispettive strade da fare. Più tardi del solito saliamo nelle nostra camere per dormire e ricaricare le pile per la giornata di domani.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Nel 2008 in ogni città si potevano osservare cartelli del “Piano 2030”, un ambizioso progetto del presidente kazako Nursultan Nazarbajev destinato a trasformare il Kazakistan in un luogo ricco e prosperoso entro quell’anno. Dieci anni dopo gli stessi cartelli parlano di “Piano 2050”!

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Giorno 63 – Discesa a valle

17 agosto 2018, Karakol-Semej (884 km – tot. 22.043)

La temperatura mattutina quando andiamo ad usare i servizi igenici nel campo dietro casa è attorno ai sei gradi. Per fortuna l’acqua è calda e assieme alla piacevole colazione ci permette di iniziare con la marcia giusta la giornata. Se vogliamo uscire dalla Russia entro sera è necessario trascorrere molte ore per strada. La P-256 “Chujskij Trakt” oggi ci offre un panorama meno spettacolare ma senz’altro vivace. Non mancano le strutture ricettive, i locali dove mangiare e le tante bancarelle di prodotti tipici dell’Altaj. Contrariamente ad altre zone della Russia troviamo numerosi cartelli in lingua inglese che indicano i luoghi di interesse turistico.

Arrivati a Gorno-Altajsk, capoluogo della Repubblica degli Altaj, possiamo finalmente fare un nuovo rifornimento di metano in una stazione Gazprom. Siamo accolti con simpatia da Aleksej, l’addetto al rifornimento, che chiede di fare foto assieme. Come è risaputo, Bruno abitualmente non può guidare, e in questa giornata Guido accusa la stanchezza accumulata finora. Il poco sonno e la tensione delle giornate precedenti emergono tutti assieme e solo un bel pranzo liberatorio, assieme alla notizia che la dogana di oggi non chiude di notte, riescono a far recuperare energie fisiche e morali. Ancora altri chilometri ed eccoci a Barnaul, capoluogo del Territorio degli Altaj, un soggetto federale diverso dalla Repubblica citata in precedenza. Ormai siamo in pianura e le temperature superano abbondantemente i trenta gradi, candidando la giornata odierna al record di escursione termica tra la mattina e il pomeriggio. Barnaul appare come una città molto vivace, attraversata dall’Ob come la vicina Novosibirsk. Qui facciamo un secondo rifornimento di metano presso un’altra stazione Gazprom. Naturalmente non ci sono problemi di autonomia, ma decidiamo di rabboccare il prezioso gas e di fare visita anche a questa stazione di rifornimento. Da Gorno-Altajsk avevano avvisato del nostro arrivo e quindi troviamo Anna, Igor e il responsabile Michail pronti ad accoglierci e a farci la consueta carrellata di fotografie.

Nel traffico cittadino perdiamo quasi un’ora che cerchiamo di recuparare aumentando il ritmo nei poco oltre trecento chilometri che ci separano dalla frontiera con il Kazakistan. Le montagne restano solo un ricordo dato che siamo circondati da grano e girasoli.
La dogana di Veselojarsk appare davvero malmessa e vecchia. Nella copertura del padiglione del controllo auto c’è una scritta che definisce questo luogo la “porta dell’Asia”. La fatiscenza della struttura non è giustificabile visto che Russia e Kazakistan sono separati solo dalla fine del 1991 e quindi le strutture non dovrebbero apparire in queste condizioni. In ogni caso l’organizzazione è buona e tutto sommato in meno di tre ore siamo fuori dalla Russia. Durante l’attesa, bloccati per circa mezz’ora tra le due dogane, ci è capitato di parlare con alcuni russi in coda che elargivano parole poco carine nei confronti di Eltsin e Gorbaciov, corresponsabili dello sfascio dell’Unione Sovietica e della nascita di questa e altre centinaia di dogane. Di fatto un tempo questa frontiera non esisteva e passare da una parte all’altra era come andare dalla Toscana all’Umbria.

Ormai è notte quando comincia il viaggio sulla strada kazaka, intervallato da una lunga sosta per fare l’assicurazione auto obbligatoria, con il funzionario che sbaglia i dati anagrafici di Guido e dell’auto almeno tre volte. Il primo albergo dovrebbe essere a circa ottanta chilometri dal posto di confine. La strada è decente, senza buche ma con difficoltà nella notte a stabilire i limiti della carreggiata, oltre i soliti attraversamenti di animali stavolta di piccola taglia. I pochi villaggi che attraversiamo non hanno alcuna forma di illuminazione pubblica. L’albergo segnalato è pessimo, decadente e sporco e a questo punto facciamo altri trenta chilometri alla ricerca di qualcosa di migliore a Semej, più conosciuta con il nome russo di Semipalatynsk. Qui dopo alcuni minuti di ricerca troviamo il semilussuoso “Golden Plaza”, che oltre la prevista fornitura di una stanza per dodici ore ci permette di cenare a mezzanotte inoltrata.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– Incredibilmente il prezzo delle assicurazioni temporanee per le auto in Russia e in Kazakistan è diminuito. In parte questo è dovuto alla svalutazione delle due monete, ma complessivamente i prezzi sono davvero molto più bassi

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale